otto

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Finalmente, tutti i miei strumenti erano arrivati! Ero appena uscita dalla Big Hit quando avevo ricevuto una telefonata dal corriere che voleva avvisarmi che nel giro di una decina di minuti sarebbe arrivato al mio appartamento. Avevo i minuti contati, per cui avevo corso come una pazza verso la metro, sperando di riuscire a salire immediatamente.

Alla fine, gli astri erano stati benevoli e io ero arrivata appena in tempo.

Due ore più tardi, dopo aver trasformato l'altra stanza presente nel mio appartamento in uno studio privato, ero seduta a gambe incrociate sul letto con la chitarra in mano. Stavo cantando una delle tante canzoni che avevo scritto quando ero ancora in Australia.

Erano passate più di due settimane dal mio arrivo a Seoul e cinque giorni da quando Jungkook aveva accettato di ascoltare la traccia.

E nulla era cambiato.

Il piccolo marmocchio aveva gentilmente pensato di ascoltarla ma di non dirmi nulla. Ovviamente, era colpa mia: avrei dovuto specificare che oltre ad ascoltarlo, mi sarebbe piaciuto che mi dicesse anche cosa ne pensasse. Avevo sperato fosse abbastanza intelligente da arrivarci da solo ma, al momento, era chiaro che l'avessi sopravvalutato. Di tanto.

Sentendo la rabbia cominciare a ribollirmi, decisi di aver bisogno di distrarmi un po'. Così, afferrai il mio telefono e decisi di chiamare mia sorella. Da quando ero atterrata in Corea, non ci eravamo mai sentite. Non perché il nostro legame non fosse importante, anzi. Semplicemente, eravamo molto simili e ad entrambe non dispiaceva la solitudine. Ci piaceva prenderci i nostri momenti; non avevamo bisogno di essere perennemente in contatto per dimostrarci qualcosa. Era quel tipo di rapporto.

Rispose dopo diversi squilli, facendomi capire che probabilmente era impegnata.

«Pronto?» rispose con la bocca impastata.

Altro che impegnata, stava dormendo.

«Buongiorno fiorellino!» ridacchiai, sentendola sbuffare. «Ti va di spiegarmi per quale motivo stessi dormendo alle sei e mezza di pomeriggio?»

«Guarda che qua siamo un'ora avanti.» borbottò lei, costringendomi ad alzare gli occhi al cielo.

«Ciò non cambia il fatto che tu stessi dormendo alle sette e mezza, il che mi pare un po' inusuale.»

Lei, in tutta risposta, mi regalò una sonora pernacchia.

«Come va?» chiesi, sdraiandomi sul materasso.

«Normale.» questa era la sua classica risposta; il suo segno distintivo. Qualsiasi cosa succedesse, era tutto "normale".

Maya, ti piacciono le polpette? Mmh... Normali.

Come è andata a scuola? Normale.

Com'era il film? Normale.

«Non l'avrei mai detto.» bofonchiai.

«Lì, invece? Com'è Seoul?»

Per un attimo non risposi.

«Non saprei... da quando sono arrivata non mi sono guardata molto intorno. L'unico parte della città che conosco è l'itinerario che congiunge il mio appartamento all'agenzia.» ammisi, rendendomi conto che, da quando ero arrivata, non mi ero mai presa un momento per me.

«Non sei ancora andata a far la spesa?» chiese sorpresa Maya.

«Maya, era ovvio che stessi esagerando. Ho perlustrato la zona in cui abito, stupida!»

«Be', hai delle novità?» domandò ancora, sorvolando sulla mia pseudo-offesa. Eravamo abituate a ben peggio, in realtà.

«Sto lavorando come una pazza. Nulla di straordinario!»

✓ Seoul, Why Do You Sound Like Soul? {BTS - Jeon Jungkook} ✓Where stories live. Discover now