sedici

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Per la seconda volta, durante quella serata, sentii la pelle bruciare sotto il suo tocco. Questa volta, in modo diverso, più spaventoso.

Non capivo cosa stesse succedendo intorno a me e tanto meno dentro di me. Avevo completamente perso il controllo su me stessa. Ero in piena balia delle mie emozioni e del suo modo di risvegliarle. Ancora una volta, era lui ad avere le redini di questo gioco pericoloso.

Ma non per molto.

Seppure breve, ci fu un istante in cui la mia coscienza riemerse dall'abisso in cui l'avevo gettata, costringendomi a fare quello che avrei dovuto fare fin da subito. Posizionai le mani sul suo petto e con tutta la forza che avevo, lo allontanai da me secondi prima che le sue labbra potessero spostarsi ancora dove non sarebbero mai dovute finire.

Mi rincuorai nel notare la sua espressione spaesata. Per lo meno, non ero l'unica a non capire. Immaginai che anche lui si stesse chiedendo cosa gli fosse preso. Entrambi ci eravamo lasciati prendere dal momento. Era l'unica spiegazione logica. L'unica che potevo permettermi di accettare.

«Devi andartene.» sussurrai prima ancora che lui potesse dire qualcosa.

«Chaey...»

«Adesso.» lo interruppi, voltandomi prontamente per dargli le spalle.

Immediatamente, dentro di me, si fece spazio un'emozione che, da quando ero arrivata in Corea, avevo imparato a conviverci: l'incazzatura. Ero infuriata, arrabbiata nera. Ma non con Jungkook.

Con me stessa, per averglielo permesso. Avevo lasciato che le sue mani mi stringessero a sé, che i suoi baci mi tracciassero il volto, il collo. Io stessa avevo voluto stringergli il volto tra le mani, lo avevo avvicinato a me cingendogli il collo. Ma ciò non bastava a farmi sentire un'idiota immatura, succube dei propri desideri da adolescente. Quello che mi faceva stare peggio era che Jungkook mi aveva quasi baciata e io glielo avevo quasi permesso.

La porta della stanza si chiuse con un leggero rumore di serratura e la stanza sprofondò in un silenzio ancora più assordante. Quello era il momento peggiore per restare da sola. Sola in compagnia dei miei pensieri. Era paragonabile ad un suicidio.

Senza indugiare oltre e, soprattutto, senza preoccuparmi di portare con me il telefono o le chiavi della stanza, uscii nel corridoio e mi indirizzai verso le scale. In lontananza scorsi una figura scura voltarsi al mio passaggio e dedussi che dovesse essere proprio lui, dal momento in cui era uscito pochi istanti prima di me. Per questo motivo, affrettai il passo e, una volta nella hall, corsi fuori. L'aria fresca di Hong Kong mi investì con prepotenza, permettendomi di fare un lungo respiro che non mi ero accorta di star trattenendo. Guardai prima a destra e poi a sinistra. E ora? Dove dovrei andare? Ero in una città totalmente estranea a me, non conoscevo la lingua e non avevo portato nemmeno il telefono. Dovevo stare attenta a non allontanarmi troppo, altrimenti mi sarei persa e solo Dio sa cosa mi avrebbe fatto Bang PD.

Decisi di tentare la fortuna e ruotai di novanta gradi verso sinistra, incominciando a camminare sul marciapiede. Le strade erano affollate, costringendomi a fare lo slalom tra i passanti. Osservavo con attenzione tutte le vetrine che incontravo, nonostante non fossi mai stata un'amante dello shopping. Lisa, invece, sarebbe impazzita. La potevo immaginare camminare al mio fianco, saltellando avanti e indietro come un cagnolino, emettendo gridolini esaltati e chiamando continuamente il mio nome per farmi vedere chissà quale capo di abbigliamento: ora l'abito nero con le paillettes, ora i jeans viola a vita alta. Poi mi avrebbe implorata di comprarle una gonna super pompata da chissà quale carissimo marchio d'abbigliamento. Alla fine, si sarebbe messa nell'ordine delle idee di non potersi permettere tutto ciò e mi avrebbe semplicemente trascinata a prendere un gelato alla vaniglia e io sarei stata felicissima di accompagnarla.

✓ Seoul, Why Do You Sound Like Soul? {BTS - Jeon Jungkook} ✓Where stories live. Discover now