Capitolo 31

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Mosly corse fuori. Peter l'aveva aspettata sulla carrozza. La vide correre verso di lui in lacrime e si precipitò a scendere. Lei gli si gettò al collo, disperata. "Portatemi via! Vi prego, voglio andarmene!" e così in tutta fretta Peter la fece salire e si mise alle redini, facendo galoppare il cavallo più velocemente possibile. Per tutto il viaggio, Mosly non smise un istante di piangere. Anche quando furono in casa. Peter temeva di chiederle cosa fosse successo. Entrò nella stanza e la trovò seduta sul letto, con le mani sul viso. "Mosly..." le si sedette accanto. "Sono destinata a fare sempre la cosa sbagliata! Per colpa della mia testardaggine faccio soffrire chi mi sta attorno!". Peter sapeva che la cugina aveva un cuore altruista, e temeva sempre di far del torto a chi amava, ma era anche molto ribelle e questo la portava a tenersi dentro dei contrasti che spesso la portavano a cedere. "Ma Mosly, perché dite di aver fatto un torto a Benjamin Lought?". Peter sapeva di essere anche lui compreso da Mosly nella cerchia di quelle persona che a causa sua, a suo dire, lei aveva fatto soffrire, ma non si riteneva affatto tale. "Peter, si è innamorato di me, ma ora deve sposare Brigitte Dallas!". Peter non capiva. "Ne avete rifiutati tanti di uomini. Benché Benjamin possa essere considerato più vicino alla nostra famiglia di molti altri perché è il fratello di Charlotte, perché lui più di tutti vi sta facendo soffrire così tanto? Non è altro che una conoscenza e avrete trascorso insieme si e no, sommando i giorni, poco più di due settimane. Mi ricordo di come lo ignoravate quando Charlotte veniva a farci visita, a inizio dell'estate corsa.". Mosly guardò Peter come se stesse per dire la cosa più ovvia al mondo. "È più di una conoscenza. Lo amo infinitamente, come nella mia vita non ho mai amato nessuno. Ma ora non vuole più vedermi, mi ha cacciata da casa sua, dicendomi che il vedermi lo fa moire.". Parlava in tono calmo, le lacrime continuavano a scendere. "Voi vi siete innamorata di un uomo?" ripeté Peter sconvolto. "E non sono neanche riuscita a dirglielo.". Concluse lei. Si voltò vero il nulla e stette così finché, dopo un lungo silenzio, Peter decise saggiamente di lasciarla sola. "Devo andare a parlargli." si ripeteva tra se e se, girando per la stanza. "Mosly è una cocciuta testarda, ma non si merita di soffrire così.". Si convinse e uscì a prendere il cavallo. Era notte ormai. Tornò a casa di Benjamin. Bussò con prepotenza. "Chi è?" chiese lui da dentro. "Sono Peter! Apritemi!". Benjamin aprì con fare svogliato. "Ho l'onore di ricevere tutti i Rosestone oggi?" disse con fare da gradasso. Camminò lungo il corridoio tenendosi al muro per non cadere. "Ma guardatevi. Siete ubriaco...". Alla vista di quella scena, Peter si immaginò il disagio e la soggezione di Mosly. Lei, troppo elegante per sapere come comportarsi, troppo determinata per andarsene. "Non sono io a costringervi a venire tutti qui, in casa mia, a provare pietà per me, che non ve l'ho chiesta. Se siete amico, andatevene.". Detto ciò, entrò nella saletta opposta a quella dove poche ore prima si era tenuta la discussione con Mosly. "Fidatevi di me, Benjamin, sono più vostro amico di molti altri che probabilmente avete incontrato, ma sono ancora più legato a mia cugina. E l'idea che Mosly vi abbia visto in queste condizioni--". Benjamin si era voltato di scatto e andava minaccioso verso Peter, che se ne stava immobile. "Non... non fare quel nome in mia presenza" si ricompose "se davvero siete mio amico." si risedette sul divano. Peter entrò nella stanza. Stava per perdere la pazienza. "Non dovrei fare il nome di Mosly?". Stavolta era lui che si avvicinava con fare minaccioso, mentre Benjamin si allontanava sempre di più, prima scivolando sul divano, poi barcollando per la stanza. "No, vi prego." sembrava soffrirne. "La odiate, forse?". "No..." rispose Benjamin dolorante. "Allora perché disprezzate le sue idee?". Alzava sempre di più la voce. "No, no..." diceva Benjamin, sembra più a bassa voce. "Allora perché non potete averla?" disse Peter, fermandosi. Benjamin si era appoggiato con i polsi sul tavolo, dando la schiena a Peter. Non rispose. "Pensate che sia lei a non volere voi?". Peter sapeva di aver fatto centro, ma voleva che fosse lui a dirglielo. "Voi!" Iniziò dopo un po' il ragazzo, con la voce rotta. "voi non avete idea, o almeno lo spero per voi, di cosa si provi ad essere dannatamente dipendente da un viso, da una voce, da una mente. Vuol dire che qualsiasi altra cosa voi stiate facendo, quel viso, quella voce, si insinuano nella vostra testa come tarli nel legno. E non c'è modo di toglierli. Allora vi trovereste costretto a fare di tutto, contro la vostra e la sua volontà, pur di rivederlo e risentirla. Ma poi capiterà, un giorno, che avvenimenti che voi credevate lontani, irrealizzabili, completamente estranei, vi piombino addosso. Impegni, obblighi, problemi, e non potrete fare altro che subirli.". Si voltò verso Peter. Gli fece paura: uno sguardo irriconoscibile, devastato da ore di sonno perse chissà in cosa, la pelle bianca come il latte. Peter perse la rabbia che aveva accumulato nel viaggio a cavallo, vedendo la disperazione negli occhi di Benjamin. "Non so se si addicano ad un uomo i sentimenti che sto provando, ma temo di non riuscire più a nasconderli. Si sono fatti tanto pesanti e ingombranti...". Peter fece un passo vero di lui. "Non sentitevi in dovere di tacerli. Ma non con me, con Mosly.". Benjamin si portò una mano sugli occhi. A Peter sembrava un ragazzino. Aveva poco più di Mosly, ma comunque era molto di minore età di lui. E si stupiva della forza, ma anche della delicatezza, di quel ragazzo. Uomo, ma bambino. Giovane, ma adulto. "Avrei dovuto continuare a fare quello che facevo, seguire i miei obblighi. Non sono forte come lei. Mi sarei dovuto accontentare dello spazio che le sta intorno. Come la circonda, come la attraversa, quasi seminasse perle.". Benjamin si appoggiò con la schiena al muro che aveva alle spalle, e piano scivolò fino a sedersi a terra, con la testa appoggiata al muro. Guardava il soffitto, con gli occhi lucidi. Peter si avvicinò verso a lui e gli si accucciò accanto. "Mosly è sempre stata affascinante, da quando aveva appena tredici anni. Una mente come la sua, un viso come il suo. Ma erano le sue parole a farla disprezzare. Le donne la ritenevano una sfacciata, gli uomini non sapevano come difendersi. È così che è diventata la donna indipendente che avete conosciuto. E ha fatto tanto che ha giurato a sua zia che non si sarebbe mai sposata, a costo di essere considerata come morta per lei e per i suoi lasciti. Ho sempre pensato che Mosly non volesse altro che la libertà di non sposarsi con nessuno, e forse lo pensava anche lei. Ma quello che vuole mia cugina è la libertà di scegliere chi amare. E si innamorò di un uomo. Per lei erano tutte emozioni nuove e ci mise un po' a riconoscerle. È una donna intelligente, ma molto schiva, dubbiosa, esaminatrice. Ci mise tanto per capirle a fondo e farle proprie, ma non smise per un istante di amare questo uomo così fortunato.". Benjamin strinse gli occhi per fermare le lacrime. Peter stava descrivendo la donna che amava, e che si era innamorata di un uomo. L'alcool e la stanchezza gli annebbiavano le idee. Peter si alzò e gli porse la mano per aiutarlo a sollevarsi. Benjamin non capiva perché Peter fosse tanto crudele da raccontargli una cosa simile finché, dopo essersi alzato, concluse dicendo "Siete un uomo fortunato, Benjamin Lought.". Gli diede una pacca sulla spalla, gli fece un sorriso impercettibile e dai mille significati e uscì dal cottage. Benjamin stette immobile per un tempo che non riuscì a quantificare, ricollegando tutto il discorso all'ultima frase. Si sedette sul divano, si mise le mani nei capelli e rise.

Villa RosestoneWhere stories live. Discover now