Capitolo 30

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Mosly non distoglieva gli occhi da lui, che la guardava fisso. Sentiva il calore arrivarle alle guance, e il petto andarle in fiamme. A meno di mezzo metro da lei, Benjamin Lought si fermò. "Non vi biasimerei". "Non mi permetterei mai" rispose. Si stava sforzando di non piangere, ma gli occhi le si erano riempiti di lacrime. "Allora perché siete venuta a cercarmi? Immagino ci abbiate messo un po', come avete detto voi stessa prima. Mi avete cercato, proprio voi. Tra mille persone che in questo momento sarebbero potute essermi totalmente indifferenti, l'unica al mondo che mi sta infliggendo più tormenti è venuta a cercarmi. Perché, lady Rosestone, siete stata così crudele?". Benjamin le andava passo passo più vicino, mentre lei indietreggiava. Ora le faceva paura, poiché aveva assunto degli atteggiamenti quasi di rimprovero, arrabbiato, anzi furioso. E così non lo aveva mai visto. Ma cercava di stare attenta a ogni parola gli uscisse dalla bocca. Senza però capirle. "Volevo assicurarmi che steste bene". La prima cosa che le venne in mente. Tutto il coraggio che aveva accumulato in quei mesi si era perso, dopo le parole di Benjamin. Ora aveva paura di dirgli cosa provava per lui. Benjamin si allontanò, con aria sconfitta. "Ah. E ora che ve ne siete accertata, potete anche andarvene". Mosly scosse la testa. Le lacrime spingevano. "Devo farvi proprio pena. Io che non ho saputo fare quello che avete fatto voi. Io che volevo chiedere la vostra mano, nel preciso istante in cui voi avete deciso di rifiutare chiunque vi si presentasse. Mi sono innamorato di voi, lady Mosly, dal primo momento. Fino all'ultimo momento e vi amo ancora. E vi amo più dei miei libri, più delle poesie e più della musica. Ma ora non posso più scegliere. Non posso più scegliervi.". Mosly era impietrita. "Perdonatemi se sono cosi in ritardo". Abbassò lo sguardo. Benjamin si scolò il bicchiere, dandole le spalle. Lo riempì di nuovo. "Basta, vi prego" supplicò lei. Ma Benjamin la ignorò. "Due giorni fa Brigitte venne a casa mia, il città. Mi disse che voleva anticipare le nozze, perché la festa sarebbe stata coperta dalla nascita di mio nipote. Disse che un evento del genere doveva prendere più tempo possibile nella mente delle persone. O almeno, quello che voleva dire era questo." si voltò verso Mosly. "Non sono mai stato forzatamente cortese. Mi sono insegnato a rispondere a chi fa discorsi stupidi. Così le risposi. Le dissi che era l'idea più stupida che io avessi mai sentito, sostanzialmente perché cercavo di allontanarmi il più possibile da questo evento malsano" rise istericamente. "Quella... quella ragazza non ha la metà dell'intelligenza di una persona normale, un quarto dell'intelligenza di una donna, neanche l'ombra della vostra. Si è infuriata" si sedette e posò i gomiti sulle ginocchia, guardando lo scotch nel bicchiere "è uscita, è salita a cavallo e se n'è andata. Non erano passate due ore che arriva suo padre a congratularsi per il matrimonio. Oh Mosly, voi non avete idea del mio sgomento" rise di nuovo. Mosly stava ad ascoltarlo, in piedi, allibita. "Cosa avrei potuto fare, se non accontentarlo.". Finì lo scotch e si appoggiò allo schienale, poggiando la testa e chiudendo gli occhi. Fu allora che Mosly scoppiò a piangere, sedendosi su una sedia lontano da lui. "Vi prego, Mosly, andatevene. Non posso più vedere il vostro viso, se continuate a piangere. E conoscendo il mio immediato futuro, non avrei il coraggio neanche di guardarvi negli occhi.". Mosly si limitò a scuotere la testa. "Perché siete così crudele, lady Rosestone?" si sporse verso di lei. "Lasciatemi. Tutto quello che potevo fare l'ho fatto. Tutto quello che il mio animo era in grado di fare, si intende.". "Permettetemi di starvi accanto, almeno." sussurrò lei. Neanche lo guardava in viso, da quanto erano dolorose le lacrime che le rigavano le guance. Lui si alzò, posò il bicchiere e le si inginocchiò davanti. Il suo cuore palpitò, a trovarselo così vicino. Vedeva bene le occhiaie marcate e la pelle pallida. Vedeva bene anche i suoi occhi lucidi. "Mosly, non potrei sopravvivere sapendo che non mi sareste accanto, ma potrei morire ora, sapendo che siete così vicina a me, ma così irraggiungibile. E probabilmente è un po' quello a cui mi stanno portando le mie sventure." le prese le mani. "Vi auguro di trovare qualcosa, o qualcuno, che riesca a far nascere rose e margherite tra le crepe del muro che vi siete costruita intorno. E ve lo giuro, ve lo giuro, lady Rosestone, avrei dato anima e corpo per essere stato quel qualcuno. Addio.". Si alzò prese il bicchiere e uscì dalla stanza. Mosly rimase seduta, con gli occhi fissi nel vuoto che prima era occupato dalla figura di Benjamin. Come? Come non era riuscito a capire? Come le si era negato senza farla parlare? Come aveva potuto non aspettarla? Si alzò piano. Mille pensieri le scorrevano veloce nella testa. Non lo avrebbe potuto avere mai più. Non avrebbe mai più potuto stare con lui. Non sarebbe più stato felice e sorridente. Lei sarebbe rimasta col groppo in gola per tutta la vita. Quante volte ancora avrebbe potuto ripensare a quella conversazione pentendosi dalla prima all'ultima sua azione, da quando era entrata in quella stanza, fino a quando lui ne era uscito. Lo odiava per questo. Perché non le aveva dato la possibilità di dimostrargli quanto lei fosse realmente innamorata. Benjamin, che era sensibile e altruista, caratteristiche che lei giudicava ipocrite, ma che in lui erano così genuine. Questo aveva fatto nascere quelle rose e quelle margherite e ora il muro si stava sgretolando. Ma davanti a lei non c'era più nessuno. Era rimasta scoperta. Era rimasta sola nella sua debolezza. "Vi odio, Benjamin Lought!" urlò con tutto il fiato che aveva in gola. Benjamin, che era nella stanza accanto subì quelle parole come una freccia nel petto. Non appena sentì la porta d'ingresso sbattere, lanciò il bicchiere vuoto dall'altra parte della stanza, frantumandolo. Glie lo aveva detto. Le aveva detto l'unica cosa che veramente avrebbe potuto ucciderlo.

Villa RosestoneWhere stories live. Discover now