Capitolo 5

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Qualche giorno dopo lady Mary Danster fece visita assai gradita all'amica. "Ho conosciuto il gentiluomo che i miei genitori hanno scelto come mio futuro marito. Non un uomo di molto bell'aspetto ma ha il fascino che si addice all'alta società. È assai colto e raffinato. Inoltre ha un roseto incantevole che, mi ha promesso, sarà sotto la mia totale custodia nel momento in cui diventerò sua moglie. Mi prospetta una vita felice." sorrideva nel raccontarle le promesse e le lusinghe che le aveva fatto. "Mary cara, è davvero questo che te chiami felicità? Non ti farebbe più piacere avere la libertà di occuparti di un roseto che è già tuo? Di non dovere niente a nessuno?". L'espressione dell'amica cambiò. Perse il sorriso e si fece seria. "Libertà, libertà libertà. Siete solo s parlare di questo. Mosly non giudicarmi. Non posso farci niente se non ho la tua voglia di... libertà, come la chiamate voi. Non mettetemi sul vostro piano. Non vi permetto di rovinarmi la gioia nell'aver trovato un marito che possa apprezzarmi per come sono. Non ho la vostra bellezza, non posso permettermi di avere il marito che voglio, o addirittura come volete fare voi, non sposarmi neanche." si voltò per uscire dalla stanza. "Mary! Perdonatemi. Non ho il diritto di insistere con il mio pensiero. Sicuramente è stata l'invidia a farmi parlare. Sono così contenta che siate riuscita a trovare quello che può permettervi di avere una vita felice e qualcuno che vi protegga. Biasimo me stessa di essere la zavorra del mio caro cugino, che ha pazienza e mi da più affetto di quanto meriti per le pene che gli faccio passare.". Il viso dell'amica di addolcì. "Spero accettiate l'invito del matrimonio, che si terrà tra due settimane.". "Con estremo piacere, amica mia". Sorrise. Era veramente felice per lei, ma non riusciva a capire come si fosse potuta accontentare. Quella notizia le diete molto da pensare. A volte le sfiorava quasi l'idea di abbandonare le proteste verso un matrimonio, ma poi tornava in se e si ricordava che una donna libera è tale quando decide se stessa del proprio destino. Arrivò il giorno in cui furono invitati dai Lought a pranzo. Senza la folla del ballo la casa poteva essere ammirata molto meglio. Benjamin non riservò a Mosly più attenzioni di quelle che riservava a Peter. Dopo pranzo il cugino fu invitato a cimentarsi nel piano. Benjamin continuava a complimentarsi con Mosly per l'ottima musica che le dita di Peter producevano sui tasti del loro pianoforte. Le esprimeva anche l'invidia per l'aver a disposizione quel talento ogni giorno. "Insisto per sentirvi suonare, Mr Lought. Vostra sorella mi ha parlato altrettanto bene della vostra dote nel dar voce a uno strumento tanto nobile . E poi converrete con me che è arrivato il momento di dare dell'atmosfera a questa stanza mentre mio cugino potrà riposarsi conversando con la vostra incantevole sorella.". "Ne convengo" rispose lui. Peter lasciò volentieri il posto a Benjamin, andando a sedersi accanto a Charlotte. Lui iniziò a suonare. Mosly stava dritta sul divano a osservarlo solo perché riteneva scortese prendere un libro e leggere, o una stoffa e ricamarla. Così fu ipnotizzata dall'immagine che il ragazzo al pianoforte dava: alcuni riccioli neri gli cadevano sulla fronte mentre guardava i tasti, poiché lo spartito non era sul leggio. Era una bella immagine e la musica che la accompagnava lo rendeva ancora più interessate. Quasi involontariamente Mosly si alzò e si avvicinò.

"Spero non sia vostra intenzione intimidirmi con la vostra presenza" rise lui, mentre continuava a suonare. "Non era affatto mia intenzione, anche perché vi avrebbe portato a smettere di suonare, e la canzone che avete scelto è troppo bella per essere interrotta". "Vi ringrazio" si limitò a dire lui. E continuò a suonare. Da dove si trovava, Mosly poteva ben osservare i lineamenti del ragazzo, le sue dita che correvano sul piano come se danzassero, le lentiggini sul viso serio. Ne rimase incantata finché non entrò qualcuno nella stanza. Un uomo alto, grosso, con i capelli bianchi, seguito da una donna di altrettanta eleganza. "Rosestone, i nostri genitori, Mr e Miss Lought." disse Benjamin alzandosi in piedi e indicandoli con la mano. I quattro si salutarono in un inchino. Charlotte arrossì. "Peter Rosestone, che piacere rivedervi. E in compagnia della vostra incantevole cugina. Sul vostro conto le storie sulla vostra bellezza non sono alla pari della realtà. Non pensi anche tu cara?". Si prodigò in un educato inchino. "Concordo. Scusate se ci presentiamo solo ora ma eravamo in visita ai Dallas da ieri pomeriggio.". Mosly notò che i modi di fare della madre era uguali a quelli di Charlotte: non un'espressione fuoriusciva dal suo viso. Il padre invece sembrava più propenso a fare nuove conoscenze. "Allora direi che sarebbe meglio farvi riposare dal lungo viaggio. Mosly, converrai anche tu che si è fatto tardi" disse Peter. "Mosly" sussurrò Benjamin. Lei incuriosita lo guardò. Non la stava chiamando. Si era solo ripetuto il suo nome. Effettivamente Benjamin Lought non sapeva il suo nome. Non glie lo aveva mai detto. E forse neanche la sorella glie l'aveva mai detto. Il suo nome, sentito pronunciato da quella voce ebbe un strano effetto sulla ragazza. Si sentì avvampare, e si costrinse a non guardarlo più fino ai saluti dalla carrozza. E neanche allora gli rivolse uno sguardo. Sentiva che se lo avesse guardato negli occhi sarebbe arrossita, e questo poteva essere interpretato da Benjamin come timidezza, o soggezione. Nel salire sulla carrozza fu però proprio Benjamin a tenderle la mano per aiutarla. Accortasene, si voltò quasi infastidita e stupita. Un istante velocissimo, i loro occhi si incontrarono ma subito fu lui a voltarsi e tornare in casa. Mosly lo seguì con lo sguardo finché Peter e Charlotte non si furono salutati promettendosi di riversi presto. Stette in silenzio per tutto il viaggio e per tutto il tempo, anche a casa, in cui Peter le raccontava contento dei discorse che aveva fatto con la sua amata e di tutte le passioni che avevano scoperto di avere in comune. Era troppo contento per se stesso da accorgersi che Mosly non lo stuzzicava con le sue battute. Era troppo convinta che il matrimonio potesse solo togliere la libertà di essere quello che voleva dal considerare che invece il matrimonio era la più grande forma d'amore. Per lei infatti, questo sentimento non esisteva. Eppure tutte le volte che, nei successivi giorni, pensava all'unico contatto che aveva avuto con Benjamin Lought non poteva fare a ameno di provare una sensazione nuova, che non riusciva a gestire. "Cosa provi quando stai con Charlotte?" chiese un giorno al cugino. Da quel pomeriggio si erano visti parecchie volte, loro quattro, grazie anche alla vicinanza che avevano le loro ville. Mosly, in tutte quelle occasioni, cercava di avere meno occasioni possibili di stare sola con Benjamin. Peter, prima stupito della domanda, sorrise. "Come posso spiegartelo..." "Cogliervi senza parole dovrebbe bastarmi come risposta, ma vorrei una descrizione delle tue sensazioni." insistette. "È come se non desiderassi altro che stare con lei. In sua presenza non riesco a immaginarmi in un posto diverso, o con altre persone. Sento come se potessi stare con lei in qualsiasi condizione. In qualsiasi contesto. Anche se fossi l'ultimo dei poveracci e lei l'ultima delle serve.". Questa descrizione bastò a Mosly per non tormentare più il cugino con questo argomento. Ma ancora non riusciva a capire e sapeva che Peter era troppo infatuato da quella donna da dargli una descrizione più oggettiva.

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