«Jimin-hyung?»

Smisi di camminare e aspettai che lui si voltasse verso di me per riprendere a parlare. Non mi guardò subito il volto, ma quando lo fece nei suoi occhi vi lessi solo una parola: preoccupazione.

«Forse mi starò sbagliando, probabilmente ho capito male io! Lo spero, più che altro. Anche se dalla tua reazione, ho paura di averci proprio preso, visto che...»

«Chaeyoung-ah dimmi quello che hai da dire!» alzò il tono di voce, impaziente di sapere.

Presi un bel respiro. Ti prego, dimmi di no!

«Per caso, Jimin soffre di disturbi del comportamento alimentare?» chiesi alla fine, così velocemente che non ero sicura che Jungkook avesse capito ma, a giudicare dal modo in cui i suoi occhi si sgranarono, doveva aver compreso fin troppo bene.

Per qualche secondo, rimase immobile a fissarmi come se avesse davanti a sé non più una persona ma un fantasma. Senza dire nulla, si voltò e riprese a camminare, più spedito di prima. Dove diavolo stava andando?

«Jungkook! Aspetta!» lo rincorsi, afferrandolo per la manica del cappotto, tirandolo leggermente indietro. Casa mia era nell'altra direzione.

«No!» gridò, allontanando bruscamente il suo braccio dalla mia presa, facendomi sobbalzare indietro per la sorpresa. Si voltò e riprese a camminare.

«No, Jimin non sta male come credevo?» domandai, cercando di mantenere il suo passo.

«No.» farfugliò a bassa voce, portandosi una mano tra i capelli, togliendosi in questo modo il cappellino. Mi guardai subito intorno, temendo di incontrare lo sguardo di qualcun altro: senza cappello era ancora più riconoscibile. Fortunatamente, le strade erano vuote.

Jungkook ancora non rispondeva. Presa da un attimo di panico, lo tirai d'dapprima per una manica come avevo fatto precedentemente per farlo voltare verso di me e, successivamente, una volta messe le mani sul suo petto, lo spintonai all'indietro. La sua schiena andò a sbattere contro la vetrina di un negozio e notai che per un secondo gli mancò il fiato. Forse, ci avevo messo un po' troppa forza nelle mie azioni. Non sapevo di essere così muscolosa.

«No cosa, Jungkook? Sii più chiaro, mannaggia alla miseria!» gridai, puntandogli un dito contro. «Sta bene o no?»

«No lo so, cazzo!» afferrò velocemente il braccio che gli stavo puntando contro ma, invece che allontanarlo da sé, lo mantenne fermo esattamente dov'era. «Non lo so davvero.»

«Allora...»

«Pensavo fosse solo una mia stupida paranoia, ok? Credevo fosse tutto nella mia testa. Poi arrivi tu e, senza sapere nulla, mi fai una domanda del genere! Che diavolo!»

«Stai cercando di farmene una colpa? Sono semplicemente preoccupata per una persona a cui voglio bene!» lo guardai in cagnesco.

Jungkook si passò una mano sul viso e, abbattuto, scosse la testa, riportando lo sguardo su di me.

«Non voglio incolparti di nulla, Chae.» mormorò delicatamente, rinchiudendo la mia mano tra le sue. «È solo che prima c'era la possibilità che fosse solo una mia idea sbagliata. Ma ora, che anche tu hai gli stessi dubbi, è tutto più reale. Mi dispiace.»

«Di cosa?» lo guardai teneramente. Vederlo così abbattuto e in pensiero per un suo amico mi faceva male. Nonostante l'odio che provavamo l'uno per l'altra, non sopportavo saperlo così tanto addolorato.

«Mi dispiace di essermela presa con te. Non te lo meritavi.» fece roteare la mia mano tra le sue, in modo tale che il mio palmo fosse rivolto verso l'alto.

«Non ti preoccupare.» sussurrai, concentrando il mio sguardo sulle nostre mani. Era più facile guardare quelle che i suoi occhi. «Capisco che tu sia preoccupato per Jimin. Lo sono anche io. E, vorrei fare qualcosa per aiutarlo, ma, sinceramente, non saprei nemmeno da dove iniziare.»

«Nemmeno io, Chae.» sospirò. «Nemmeno io.»

Per qualche secondo nessuno disse nulla, Jungkook era troppo impegnato a giocherellare con le mie dita per aggiungere altro e io ero completamente persa nei miei pensieri.

Nonostante Jungkook non ne avesse la certezza, il fatto che entrambi avessimo lo stesso sospetto era la cosa più vicina ad una conferma. Sicuramente, sarebbe stato tutto più facile se glielo avessimo chiesto, ma non ero sicura che un approccio così diretto fosse l'ideale, soprattutto se le nostre ipotesi si fossero rivelate vere.

Quando alzai lo sguardo sul viso di Jungkook, dovetti trattenere a fatica un verso di stupore. Le sue guance erano rigate da due lacrime solitarie che, lentamente, stavano raggiungendo gli angoli della sua bocca. Quando lui si accorse che lo avevo notato, girò velocemente il volto di lato, come per nascondersi ma, facendo un passo verso di lui, lo afferrai delicatamente per il viso e lo costrinsi a guardarmi. Senza dire nulla, con i pollici delle mie mani raccolsi le lacrime e mi permisi di accarezzargli il volto.

«Non ti devi vergognare di voler bene ad un tuo amico.» sussurrai, abbozzando ad un sorriso, nonostante sentissi i miei stessi occhi inumidirsi. Anche gli occhi di Jungkook cominciarono a luccicare sempre di più. Si morse l'interno guancia e nello stesso momento poggiò una mano sulla mia testa, avvicinandomi a sé. Fece sprofondare il mio viso nel suo petto e, una volta poggiato il mento sopra la mia testa, il suo corpo prese a tremare, accompagnato da dei dolorosi singhiozzi. Un po' riluttante, allacciai le mie braccia intorno ai suoi fianchi e feci del mio meglio per confortarlo, stringendolo forte, nonostante la felpa contro cui era premuto il mio viso era stata bagnata dalle mie lacrime.

Pensandoci a mente lucida, era stato un momento davvero ironico: io che rassicuro Jungkook, lui che mi abbraccia alla ricerca di conforto, noi due che piangiamo insieme. Era una scena che, normalmente, non sarebbe mai accaduta. Io, perlomeno, non lo avrei mai permesso. Come aveva detto lui, qualche ora prima, mentre eravamo in cucina, non mi piaceva abbassare la guardia con gli altri. Non mi lasciavo andare tanto facilmente. Quindi, forse, il motivo per cui oggi ricordo così bene quella serata, è proprio perché è stato uno dei rari momenti in cui mi sono permessa di lasciarmi andare con qualcuno. E non qualcuno qualsiasi, bensì Jungkook. Era un breve ricordo che avevo voluto immortalare nella mia memoria, proprio come fosse una fotografia di un bel momento passato con una delle persone che odio di più. Ironico, no?

Ho detto breve perché il nostro momento non durò a lungo. Non per colpa nostra, tuttavia.

La colpa fu, in realtà, di un rumore ben preciso che fece irrigidire il corpo di Jungkook. La sua testa scattò di lato ma la sua presa su di me non si affievolì, impedendomi di guardare a mia volta cosa fosse effettivamente successo. Cercai di divincolarmi e, quantomeno di muovere il viso di lato, ma lui posò una mano sui miei capelli, intimandomi silenziosamente di stare ferma.

Avevo sentito bene? Era proprio quello che pensavo? O mi ero solo immaginata di udire un sonoro click, come quello di una macchina fotografica?

Ci pensò Jungkook a rispondere alle mie domande interne, limitandosi a sussurrare una parola che lasciava poco spazio ad altri dubbi: «Cazzo.»

✓ Seoul, Why Do You Sound Like Soul? {BTS - Jeon Jungkook} ✓Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora