Capitolo 36

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«Non avevi detto che non possiamo essere niente?» chiedo, parlando tutto d'un fiato, mentre Ryan si avvicina sempre di più al mio viso.

«Mh-mh, e allora?» domanda lui, con nessuna intenzione di fermarsi.

«E allora cos'è questo, Ryan? Te l'ho chiesto anche prima. Perché ti comporti così, se non possiamo essere niente?» Ogni mia parola è un sussurro, ogni attimo è un incanto. Fatico a rimanere concentrata sulla parte razionale di me, sulla parte che ha ancora i piedi per terra. L'altra sta volando troppo alto, e pare non avere intenzione di tornare alla base. Sento il mio corpo richiamare il suo, pur rimanendo fermo, immobile. Mi stupisco ancora di come io mi senta a mio agio con lui, come non abbia paura, panico, come le mie gambe non tremino, il mio busto non sussulti, la mia gola non si geli.

«Questo è la fatica che faccio a starti lontano» ammette lui, con una schiettezza sfacciatamente romantica.

«Non puoi esserci quando hai voglia, e poi sparire perché hai da picchiare la gente» mormoro, aggrappandomi agli specchi. Quello che sto dicendo non ha per niente senso. Lui sorride, ma ignora – per fortunata – le mie parole. Appoggia una mano al muro, all'altezza del mio orecchio, la sigaretta spenta tra le dita.

«Smettila un po' di pensare, dammi l'accendino e basta» dice, alzandomi il mento.

Affonda i suoi occhi nei miei, e me li tiene ancorati mentre passa le sue dita sul mio collo, poi sulla mia spalla. Segna il mio fianco con l'indice e il medio, e mi mordo il labbro, impegnandomi il più possibile per ricollegare il cervello e comandare al mio braccio di fermare il ragazzo del 32; ma è più forte di me, non ci riesco, e gli consento di alzarmi piano la maglietta. Infila con calma la mano sotto il tessuto di scarsa qualità, e appoggia il palmo sulla mia pelle accaldata. Mi sfiora il naso, mi lascia un bacio morbido sulla guancia, sulla mascella. D'istinto, inclino la testa.

Maledizione.

Porta la mano sulla mia schiena, raggiunge l'aggancio del reggiseno, e la mia respirazione va a farsi fottere quando posa le sue labbra sul mio collo, e mi regala un morso delicato.

«N-non volevi solo l'accendino?» chiedo, cercando di convincermi che è tutto un controsenso, che è tutto sbagliato, che lui mi sta solo usando, e che quindi devo smetterla di lasciarmi andare a lui, una buona volta.

Ma se non fosse così? Se davvero non riuscisse a starmi lontano?

«Forse» sussurra lui, riconquistando i miei occhi. «Però, a dire il vero... quello me lo sono già preso» aggiunge, facendo pressione sulla mia schiena, e portando i nostri corpi a sfiorarsi. Provo a mantenere le distanze, appoggiando le mani sul suo petto, ma appena lo faccio, lui mi stringe a sé ancora più forte. Ogni parte di me finisce completamente adagiata al suo corpo, e io mi aggrappo alla sua maglia.

«Non è vero» ribatto, cercando di raggiungere la tasca dei miei pantaloni. Ryan mi lascia andare, e si discosta un poco da me, mantenendo la mano appoggiata al muro.

Tasto la tuta, a destra, a sinistra, e arrossisco quando non trovo più il mio accendino. Ryan estrae un pacchetto da una sua tasca, uno diverso da quello che aveva preso prima. Tira fuori una sigaretta, mi alza di nuovo il mento, con l'anulare, e me l'avvicina alle labbra, tenendola tra le altre due dita.

«Ho saputo che preferisci le Winston» dice, mentre accolgo la sigaretta tra le labbra. Ho gli occhi spalancati, mi rendo conto di non riuscire a reggere l'atmosfera provocante che è venuta a crearsi. Sento ogni parte di me in fiamme.

Prende poi il mio accendino, dalla stessa tasca in cui tiene il pacchetto di Winston Blue. Fa scattare la fiamma, e mi sfida con lo sguardo, con quel suo cazzo di sorriso a cui non riesco a rimanere indifferente.

SOTTO LE PERSONEWhere stories live. Discover now