Capitolo 25

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«Cristo, Ryan!» urlo, girandomi di scatto per evitare di vedere il suo corpo nudo. Mi porto le mani sugli occhi, scuotendo la testa.

Sento sbattere cassetti e oggetti, sbuffa piano mentre si veste, e io incrocio le braccia al petto, ancora girata.

«Voltati, ragazzina.»

Mi giro, facendo parecchia fatica a lasciar perdere il tono autoritario con cui mi ha parlato.

Osservo la sua maglietta bianca fasciargli il busto, i pantaloni neri di una tuta cadergli morbidi sulle gambe lunghe e il pacchetto pieno di scritte da cui sta estraendo accendino e sigaretta.

Mi fissa con sguardo ardente, sembra incazzato anche lui. Inizia a fumare, facendo apparire quella fastidiosa e incredibilmente attraente fossetta. I suoi occhi si piantano nei miei, minacciosi.

«Ti ho fatto una domanda» dico, dopo aver buttato l'iPhone sul letto, presa da una serie di strane emozioni che non riesco a comprendere.

«Non devo spiegazioni a nessuno, men che meno a te» risponde a tono, per poi fare un tiro nervoso.

«Dovevi pensarci prima di portarmi a casa tua, e di baciarmi, e di trattarmi come se importassi qualcosa.»

«Ti ho solo fatto un favore.»

«Potevo cavarmela benissimo da sola.»

In risposta, Ryan sbuffa una risatina incredula. Il messaggio mi arriva forte e chiaro, e non ci vedo più dalla rabbia. Essere considerata un'incapace mi urta davvero tanto. Sorrido per prenderlo in giro, gli faccio degli applausi lenti e sfacciati.

«Complimenti, Ryan, davvero complimenti. Tu sì che sai come conquistare una ragazza, tu sì che sai come trattare le persone. Mi porti qui con l'obiettivo di scoparmi, poi mi pianti in asso per andare a giocare a Fight club col tuo amico, e ora mi dai pure dell'incapace.»

«Ti ho conquistata, infatti» risponde lui, lasciando perdere il resto del mio sfogo.

E io che mi sono confidata con lui, penso, sentendomi davvero ridicola.

Mi mordo le labbra, aggrotto le sopracciglia, cerco di non fargli capire che è vero, che è davvero così, che ci sono cascata in pieno, e forse è proprio per questo che sto dando i numeri, ora. Continua a studiarmi, fa cadere un po' di cenere per terra, e si riporta lentamente la sigaretta alle labbra. Sa bene che quello stupidissimo gesto mi manda in tilt, manderebbe in tilt chiunque. Ogni suo movimento è una fottutissima trappola.

Sono troppo arrabbiata per pensare lucidamente, così raccolgo la sfida, cosa che inizia a succedere troppo spesso. Mi avvicino a lui, mantenendo gli occhi fissi nei suoi. Porto le mani sul suo addome, e i suoi occhi brillano, velandosi di passione. Faccio correre le dita della mano sinistra sul suo fianco, alzo leggermente la maglietta.

«L'unica cosa che hai conquistato è il mio accendino» dico, estraendogli l'aggeggio dalla tasca. «E ora non hai più nemmeno questo» mormoro poi, aumentando la distanza tra di noi.

Ryan rimane immobile, non aspira nemmeno più, lascia che il suo viso si indurisca e non riesce a mascherare quanto è incazzato. Raccolgo in fretta le mie scarpe e il cellulare, ed esco dalla camera, galoppando verso l'uscita.

Sento dei rumori provenire dalla stanza di Ryan, e la mia testa deve aver immaginato la sua voce imprecare.

Non l'ha fatto davvero, penso, convincendomi che non ci tiene così tanto da incazzarsi per le mie parole.

Esco a piedi scalzi, con gli occhi gonfi e bruciata, bruciata, bruciata da capo a piedi.

Per cosa, poi? Mi infilo le scarpe prima di uscire dal cancello in ferro battuto. Mi avvio sulla strada silenziosa, il vento fresco che mi accarezza le guance accaldate.

SOTTO LE PERSONEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora