Capitolo 21

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«Come mai stai in appartamento a Venezia?» chiedo, scendendo dalla mia postazione per dare una mano a cucinare. Ryan prende piatti e posate, apre il rubinetto e inizia a lavare la verdura.

«La mia vita è là ora. Qui non c'è più niente per me.» Parla con un tono pensieroso, ma tranquillo, mentre continua a preparare i vari ingredienti.

«Come mai?»

«Te l'ho già detto, piccola, non sono cose che ti riguardano.»

«Sto solo provando a fare conversazione» rispondo, cercando di non prendermela.

«Taglia questi.» Mi passa i due pomodori appena lavati, e le nostre dita si sfiorano. Lo guardo di sfuggita, poi mi sposto sul piano da cucina.

«Frequenti l'università?» chiedo, mentre inizio a tagliare.

«No. Mi è capitato di seguire un paio di corsi, ma l'università non fa per me.»

«Capisco.»

«Ma come li stai tagliando?» Ryan abbozza un sorriso, chiude il rubinetto e viene in mio aiuto.

«Non li puoi tagliare a cubetti, se li devi mettere nella piadina» dice, con quello strano tono dolce che ancora non mi capacito usi con me.

Come nelle più classiche scene da film, si posiziona dietro di me, racchiude la mia mano nella sua, e io scompaio tra le sue braccia. Mi guida per tagliare il pomodoro a modo suo, a fette sottili.

«Lo so fare» ribatto, sommessamente.

«Lo so.»

«Allora perché...»

«Perché parli sempre, ragazzina?»

Mi zittisco, lasciando che il suo corpo sfiori il mio, che il suo respiro mi sussurri all'orecchio, che le sue mani bacino le mie. Trattengo il fiato quando sposta la sua mano sul mio braccio, poi sul mio fianco. La porta sulla coscia, stringe l'orlo del mio vestito in un pugno, alzandomelo. Ogni suo gesto è carico di tensione, ma calcolato in modo da stuzzicarmi e farmi sperare che non smetta più.

Come può un solo tocco provocarmi così tanto? penso, inutilmente incazzata con me stessa per il fatto di lasciargli prendere il controllo, perdendo il mio.

Chiudo gli occhi, provo a convincermi che non può essere così sbagliato, se mi fa stare tanto bene. Ryan mi fa ruotare lentamente, lasciandomi il minimo spazio necessario per muovermi tra il mobile e il suo corpo. Mi ritrovo a dover appoggiare le mani sul suo petto, il viso all'altezza delle clavicole. Dopo aver spostato indietro i piatti, avvicinandosi ancora di più a me, mi prende dal bacino e mi solleva dolcemente, facendomi sedere sul bordo del piano da cucina.

Mi incastra le mani sotto le sue, e coi fianchi si fa spazio tra le mie gambe. Mi perdo nei suoi occhi chiari, lasciandomi catturare dallo stesso sguardo ricolmo di passione che gli avevo visto assumere alla festa.

Sfiora le mie labbra con le sue, prima di baciarmi.

Non riesco a controllare un respiro di fastidio e disapprovazione, quando il cellulare inizia a squillargli e a vibrargli nella tasca dei pantaloni. Parecchio infastidito, si distacca freddamente da me e prende il cellulare, rispondendo alla chiamata.

«Sei sicuro?» chiede, allontanandosi ancora di più.

Scendo dal mobile, mi sistemo il vestito, e mi passo il pollice sulle labbra.

«Va bene» lo sento dire, mentre finisco di tagliare il pomodoro.

«Non me ne faccio un cazzo di un passo avanti» lo percepisco trattenere la rabbia, non alza la voce, ma si fa sempre più distante.

SOTTO LE PERSONEWhere stories live. Discover now