Capitolo 16

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Dopo una mattinata passata a evitare le chiamate e i messaggi di mia madre, esco per andare in cartoleria. Prendo qualche quaderno, un paio di penne, giro due, tre librerie e cerco di racimolare più materiale possibile, così da non trovarmi impreparata per il famoso inizio delle lezioni.

Ho dovuto ordinare la maggior parte dei libri, perché le scorte disponibili sono già state tutte acquistate, come aveva previsto Carlotta.

«Molti aspettano di frequentare qualche lezione prima di decidere di seguire un corso, e quindi di comprare i libri necessari, ma la maggior parte li prende per tempo, quindi ti consiglio di andare ad acquistarli in questi giorni. L'ultima settimana prima delle lezioni sparisce tutto, mi è successo anche l'anno scorso», ricordo le sue parole come se me le stesse dicendo in questo momento.

D'altra parte, io mi ero mossa in anticipo. Secondo il mio calendario, sì, ma mi ero mossa in anticipo.

Una volta a casa non cucino nemmeno il pranzo, mi metto comoda in una tuta grigia, e lascio trascorrere il pomeriggio nuvoloso, che sembra promettere pioggia. Proseguo la mia lettura di Follia, spulcio i due libri dell'università che sono riuscita a trovare e i romanzi che dovrò leggere per il corso di letteratura russa.

All'ennesima chiamata di mia madre, mi decido a rispondere.

«Pronto.» La mia voce risuona atona nel microfono del cellulare. «Ti sento male» affermo, non capendo nulla di ciò che mi sta dicendo.

«Così va meglio?» mi chiede lei, il tono smielato.

«Sì. Dove siete, che c'è tutto 'sto casino?»

«Siamo andati a fare la spesa.» Rimango in silenzio. In tutti questi anni non li ho mai visti andare a fare la spesa di sera. «Come stai? Non ti sei più fatta sentire, ci stavamo preoccupando» riprende, capendo che, fosse stato per me, avrei anche già messo giù la chiamata.

«Sto bene, mamma. Tutto a posto.»

«Sei pronta per le lezioni? Hai già conosciuto qualcuno? Mi raccomando, stai attenta quando esci. Non andare in giro la sera tardi.»

«Non c'entra niente la sera tardi, mamma» rispondo fredda, faticando a evitare l'uso di parolacce.

Rimane un attimo in silenzio, la sento ragionare su cosa possa dirmi per non farmi incazzare.

È inutile che mi dici 'ste cazzate, se nemmeno capisci cosa vuol dire e ti ostini a dire che "non è successo niente". Vorrei dirglielo chiaro e tondo, ma mi trattengo. Ho solo bisogno di chiudere in fretta la nostra ridicola conversazione.

«Siamo arrivati, ci sentiamo dopo» mi liquida lei, intristita dalla mia reazione scontrosa.

«Ciao» butto giù il telefono, e mi abbandono sul letto.

Mi addormento una mezz'ora, per poi risvegliarmi affamata. Cucino, stranita dalla tranquillità che regna quando Alice e Thomas non sono nei paraggi. Sono proprio loro ad aggiungermi in una chat di gruppo, a tarda notte. Poco dopo, un messaggio di Pede mi fa tintinnare il telefono.

"Domani tieniti pronta per le dieci, andiamo a comprarci da vestire per la festa."

Rispondo, sorridendo.

"Non ho soldi da spendere per quella stupida festa, mi metto le solite cose."

Apro il suo nuovo messaggio.

"10. Da te. Punto."

Mi nascondo sotto le coperte che sono rimaste sfatte da quando mi sono alzata l'ultima volta, e lascio che il sonno mi rapisca.

Alle dieci precise sento dei passi pesanti sulle scale. Apro la porta, e Alice entra. Mi squadra da capo a piedi, fa una smorfia e mi chiede: «Sul serio?»

«Mh, cosa c'è?»

«Non sei ancora pronta, cazzo!»

«Arrivo, arrivo» esclamo, rintanandomi in bagno. Mi infilo una maglia a maniche lunghe, visto che il tempo non sembra scaldarsi nemmeno oggi, finisco di asciugarmi i capelli, e sono pronta. «Tu e la tua festa...» borbotto, tenendo un biscotto tra i denti mentre chiudo a chiave la mansarda.

Camminiamo per mezz'ora, arriviamo in zona San Marco e Pede mi trascina dentro e fuori dai negozi. Dopo aver provato una ventina di vestiti, decide di acquistare quello più provocante di tutti: un tubino nero, incredibilmente attillato, senza maniche, che abbina a una giacchetta corta, di finta pelle.

«Dovresti provarti questo» mi dice a un tratto, in mezzo alla strada, spintonandomi di fronte a una vetrina.

Un vestito amaranto riveste un manichino con le mani piegate di lato in modo esagerato. La stoffa sembra morbida, cade con qualche linea floreale appena accennata, segnando i fianchi. Senza maniche, ma con le spalline spesse, ha una scollatura a V, riveste stretto il torace e fa partire la gonna dalla vita. Si allunga fino a sopra le ginocchia, ed è semplicemente meraviglioso.

«Pff, costerà un putiferio» commento, senza distogliere lo sguardo dalla trama della stoffa.

«Andiamo.» Alice mi fa strada all'interno del negozio, gira tra i vari capi, poi si ferma di colpo ed esclama: «Eccolo! Ce n'è solo uno. È la taglia giusta, ti starà da Dio!» Esaltata, mi accompagna in camerino. Lo provo, e riconosco che Pede ha ragione.

La taglia è perfetta.

«Quanto costa?» le chiedo, aprendo la tenda del camerino.

«Wow! Sei uno schianto.»

«Pede, avanti, leggimi il cartellino, prima non ho guardato» tiro su i capelli, dandole la schiena.

«Lo sai che mi piacciono le donne, vero?» ammicca lei.

«Pede!» la richiamo, ridendo.

«Sembra pure in sconto» si fa seria lei, osservando il cartellino. «Su, ricambiati, intanto vado a chiedere!»

Mi guardo un'ultima volta nello specchio alto e magro del camerino, prima di slacciare a fatica la cerniera sulla schiena.

Mi piace davvero tanto. Forse mi sta bene sul serio.

Esco e raggiungo Alice alla cassa.

Se è scontato davvero, posso anche fare la pazzia di prenderlo.

«È l'ultima taglia e non riusciamo a liberarcene, fa parte della poca merce rimasta dalla scorsa collezione» afferma una commessa sui quarant'anni a Pede.

«Perfetto!» Mi vede arrivare, e sembra avere gli occhi a forma di cuore.

«Lo faccio solo per te, ricordatelo» le dico, mentre sborso quasi trenta euro di vestito.

Una volta a casa, ci fermiamo nel suo appartamento per mangiare qualcosa. Carlotta si unisce a noi, abbassando i toni eccentrici dei racconti che io e Alice ci scambiamo in continuazione.

«Comunque stasera torneremo tardi, non ti spaventare se senti rumore. Faremo piano, promesso» Alice si rivolge a Carlotta senza nemmeno guardarla in faccia.

«Vai via con Thomas quindi?» chiede lei.

«Sì.»

Dopo qualche minuto di silenzio, Alice mi chiede di andare nella sua camera. Camera che scopro essere condivisa con Thomas.

Quando mi vede stupita, Alice inizia a spiegarmi: «Dormivamo io e Carlotta nella doppia. Lei non si sentiva a suo agio a dormire in stanza con un ragazzo, quando ci siamo mollate, perciò ci sono finita io. Vedo che dormire insieme a un ragazzo, però, non le ha dato problemi».

Lascio perdere la sua frecciatina, e chiedo, mentre la vedo tirare fuori i suoi trucchi da un mobiletto bianco: «Hai già intenzione di prepararti per la festa?»

Lei mi guarda strizzando gli occhi, ironicamente minacciosa.

«Ripetimi a che ora inizia» la stuzzico.

«Che altro hai da fare, eh? Fammi indovinare, rintanata a leggere in mansarda fino alle otto di stasera.»

Rido in tono sommesso, felice di vedere che mi conosce già abbastanza da sapere il mio passatempo preferito.

«Sarà una figata, vedrai» riprende Alice, fin troppo piena di energia per i miei gusti.

«Uhm, non ne dubito» dico, poco convinta.

SOTTO LE PERSONEWhere stories live. Discover now