Capitolo 18

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Noto Ryan accendersi una sigaretta. Alza un braccio e lo appoggia su un mobile alto di fianco a lui. Continua a parlare con i ragazzi, tra un tiro e l'altro. Ogni tanto distoglie lo sguardo da me, ma lo riporta sul mio corpo subito dopo. Faccio finta di niente, lo guardo di sottecchi, e continuo a divertirmi.

Quando Thomas ci raggiunge, Ryan sembra irrigidirsi. Mas balla insieme a noi, mi prende nuovamente la mano, facendomi girare su me stessa e ricordandomi il nostro piccolo sketch nell'appartamento. Con Thomas e Pede al mio fianco, riprendo un po' di sicurezza, lasciandomi andare definitivamente. Mas cerca di avvicinarsi, mettendomi le mani sui fianchi. Deglutisco e mi impongo di rimanere calma.

È solo Thomas. È solo Thomas.

Al gesto del mio amico, Ryan spegne la sigaretta su un posacenere di vetro, afferra una bottiglia di birra dal collo, con le stesse dita che prima tenevano salda la sigaretta, e avanza a rilento verso di noi, fregandosene della compagnia che lo richiama alle sue spalle.

Mi raggiunge, squadrando Thomas, che non si decide a lasciarmi andare. Alice sembra capire la situazione meglio di me, cerca di allontanare il suo coinquilino e io scivolo via dalle sue braccia, arretrando anche da Ryan.

Continuo a ondeggiare seguendo il ritmo della musica, con decisamente meno foga di prima. Incastrata in mezzo alla folla che salta e balla senza sosta, sono obbligata a lasciare che Ryan accorci le distanze. Porta la mano libera sul mio fianco, osservandomi in modo serio. Rallenta i miei movimenti, li sincronizza al suo spostare il peso leggermente da un lato all'altro, e abbassa il viso sul mio. Libera indice e medio dell'altra mano, tenendo la bottiglia solo con le ultime due dita. La porta al mio fianco, facendomi ruotare di scatto. La bottiglia mi schiaccia la gonna sulla coscia, e sento il freddo della bevanda arrivarmi alla pelle, attraverso il tessuto sottile del vestito. Guida il mio bacino in movimenti fiacchi e sensuali, la mia schiena che sfiora il suo torace solido.

Fa scorrere la mano libera sul mio fianco, alzandomi di un pelo la gonna, per poi spostarmi i capelli dal collo. All'orecchio, mi dice: «Credo che il tuo fidanzatino non ti stia dando quello che cerchi».

La voce calda mi fa piegare istintivamente la testa di lato, portando il collo a scoprirsi ancora di più. Sento le sue labbra scivolare leggere sulla mia pelle. Sono incapace di rispondere, ho solo tanto caldo e tanta voglia che questo momento non finisca mai.

Lo sento distanziarsi lentamente, mi giro verso di lui e trovo la forza di dirgli: «Non è il mio fidanzato».

Sorride lievemente, la fossetta di poco accentuata, ma la sua espressione rimane ricolma di passione, una passione feroce e tormentata, che fatica a tenere sotto controllo. Le sue occhiaie si fanno più visibili, gli occhi, ora, sono grigi, incredibilmente scuri a causa della poca luce presente nella sala.

Bevendo un sorso di birra, fa un paio di passi indietro, per poi voltarsi e sparire dietro ai ragazzi che sembrano essersi moltiplicati nella stanza, nel giro di pochi minuti. Rimango a bocca aperta, senza fiato.

Ho bisogno di sedermi. Cerco Alice e Thomas, ma non li vedo in mezzo al gruppo scatenato. Mi allontano, confusa, e cerco un posto tranquillo. Torno al salotto che avevo visto al mio arrivo, e, notando che non c'è nessuno, mi siedo sul divano morbido. Mi massaggio la fronte, mi do una sistemata ai capelli. Cerco il cellulare, ma ricordo di averlo lasciato a Thomas, visto che aveva una tasca libera nei jeans. Non so che ora è, non so come rintracciare i miei amici, non so che fare.

Alessandro passa dal salotto, e, adocchiando il mio viso spaesato, mi chiede: «Tutto bene, ragazza?»

«Sì, sì. Hai visto Thomas?»

«Non lo vedo da inizio serata.» Apre la porta finestra che dà sul lato ovest della casa, e si accende una sigaretta. «Come mai sei tutta sola?»

«Avevo bisogno di un attimo di calma.»

«Lo capisco» dice lui, guardando fuori. Si tira indietro i capelli, e rimane in silenzio. Ci lasciamo in pace, fino all'arrivo degli stessi tizi che poco prima erano seduti di fronte a me.

«Ah, guarda chi abbiamo qua» interviene l'altro, spingendo il primo nella mia direzione.

«Lasciatela in pace, idioti» interviene Alessandro, continuando a fumare.

«Non le facciamo niente, Ale» ribatte uno dei due, con una voce nasale e un tono poco convincente.

«Allora, ti stai divertendo, carina?» mi chiede l'altro, trascinandosi sul divano, a pochi centimetri da me. Puzza terribilmente di erba.

«Prima che arrivaste voi, sì» affermo, scontrosa. Anche l'altro ragazzo si porta sul divano, bloccandomi dall'altro lato. La situazione mi dà i brividi, e inizio ad avere quella solita paura. L'adrenalina della vodka mi sta già abbandonando, non credo di essere in grado di gestire i due coglioni vicino a me.

Un dolore alle tempie mi distrae dalle parole che i due personaggi decisamente poco piacevoli mi stanno rivolgendo. Fatico a respirare, mi guardo attorno frastornata, ma non vedo altro che i loro volti minacciosi che mi fissano. Sento gli occhi inumidirsi, e capisco che è ora di levare le tende.

«Amore, ne vuoi una? Ti farebbe decisamente bene, visto quanto sei pallida.» Il ragazzo dalla voce nasale mi porge un bicchiere e una piccola pasticca.

Devo andarmene prima che mi venga un vero attacco, realizzo, con quel briciolo di lucidità che mi rimane.

«No» rispondo secca, alzandomi. Uno di loro mi obbliga a sedermi nuovamente sul divano, portandomi un braccio sulle spalle.

«Ragazzi, niente droga in casa mia. Andatevene» intima Alessandro, avvicinandosi.

«Lasciami andare» dico, visibilmente spaventata. I due non sembrano ascoltare nessuno, e continuano a mettermi in mano la pasticca. «Lasciatemi, cazzo!» urlo, spintonandoli.

D'un tratto, una grossa figura alza il tizio alla mia sinistra dal colletto della maglia, lo piazza al centro della sala, e gli tira un pugno sul naso senza pensarci tanto. Un filo di sangue inizia a colargli da una narice.

«Tu, fuori dalle palle o fai la stessa fine.» Riconosco Marco, mentre minaccia l'altro ragazzo, che se ne va di corsa. «Stai bene?» mi chiede, senza il tono smielato che gli ho sempre sentito usare.

Non riesco a rispondere, sento solo forti scossoni invadermi il corpo e gli occhi umidi. Prova a prendermi in braccio, ma mi spavento ancora di più, così rimane a debita distanza.

«Riesci a seguirmi?» mi chiede, cercando il mio sguardo. Annuisco con la testa, e mi alzo, braccia incrociate al petto e spalle ricurve, sperando in qualche modo di proteggermi.

Marco mi accompagna sulle scale, sotto gli occhi straniti di Alessandro. Mi porta in una grande terrazza, dove un paio di sdraio affiancano un tavolo rotondo da spiaggia.

«Siediti, qui non ci disturberà nessuno.» Mi raggomitolo, ancora tremante, sulla sdraio di plastica bianca.

«Arrivo subito.» Sparisce per ritornare un minuto dopo, con una coperta tra le braccia. Me la porge, ma non riesco a srotolare le braccia dal mio intreccio sicuro. Non riesco a muovermi, l'unica cosa che il mio corpo è in grado di fare è sussultare e piangere in silenzio.

Con tutta la delicatezza possibile, mi avvolge la coperta sulle spalle, cercando di non avvicinarsi troppo. Lacrime salate mi solcano le guance, gli occhi mi bruciano e la gola mi si serra sempre di più. Ho il cuore in mille pezzi, immagini oscure mi invadono la mente, e non sento altro che le mie urla rimbombarmi nelle orecchie.

Noto Marco armeggiare con il cellulare, e camminare avanti e indietro poco lontano da me. Mi lancia occhiate strane e preoccupate. Dopo quella che sembra un'eternità, Ryan arriva spalancando la vetrata che porta in terrazza. Scambia due parole con Marco, scuote lievemente la testa, e mi si avvicina, mentre Marco torna al piano di sotto.

SOTTO LE PERSONEWhere stories live. Discover now