Capitolo 12

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Assaporo ogni attimo di quel bacio, lascio correre le mani sul suo petto, non riesco a controllarmi e finisco col tirargli piano la maglietta. Sento le sue labbra sorridere, soddisfatte, e mi maledico per essermi lasciata andare così facilmente.

Poco dopo, Ryan inizia a calmare le acque, si stacca piano dalla mia bocca, per poi ritornare all'attacco e a ristaccarsi di nuovo. Si separa da me un'ultima volta, la sua mano mi accarezza il braccio nudo.

Fa cadere la cenere della sigaretta sul pavimento, e si allontana da me quel che basta per fare un tiro.

«Hai visto? Ti piace» afferma, riportando a galla la nostra precedente conversazione.

Faccio passare le mie dita sul suo braccio, sento i muscoli tesi, la pelle morbida. Osservo le vene in rilievo, la mano grande, le unghie corte e le pellicine attorno. Arrivo alla sua sigaretta, gliela sfilo dalle dita e me la porto alle labbra.

Lo vedo irrigidirsi, ma una fossetta si accentua comunque, quando mi vede tirare. Ripenso a quando ha risposto male alla tizia che gli si era avvicinata, davanti al Bar da Bob, e che voleva fare un tiro dalla sua sigaretta.

«Lo sai che non passo le mie cicche», le aveva detto, freddamente.

«Credo piaccia di più a te» lo sfido.

Con gesto scaltro, ed estremamente affascinante, si riprende la sigaretta e dice: «Non giocare col fuoco, piccola».

Si discosta ancora un po', giusto lo spazio per farmi aprire la porta, e io scivolo via, senza parole, senza testa, senza un pezzo di cuore, che mi rendo conto aver già lasciato a lui.

Esco dal civico 32, e l'odore salmastro del canale si sostituisce a quello fresco di Ryan. Mi do una sistemata ai capelli, e porto una mano alle labbra.

«Ho fatto una cazzata» mormoro, mentre avanzo verso Mas, che sta mandando un messaggio vocale a qualcuno.

«Beh, adesso saliamo» smorza lui, vedendomi. Capisco che lo sta mandando ad Alice, lascio perdere e cerco le parole giuste per chiedergli scusa. Non mi sono comportata per niente bene, dicendogli di andarsene senza nemmeno aprire la porta. Avrei dovuto ascoltarlo, andare via subito e allontanarmi da Ryan il più velocemente possibile.

«Mas, grazie per esserti preoccupato per me» affermo, cercando il suo sguardo.

«Avevo ragione, allora» risponde lui, tirandosi su gli occhiali.

«Su cosa?» chiedo, confusa.

«Ci sei cascata anche tu.»

«Cascata? Che cazzo dici, Thomas?»

Camminiamo in fretta su per la rampa del nostro palazzo, diretti alla mansarda.

«Almeno hai risolto?»

«Ehm...» Tento di riportare alla mente la conversazione avuta con Ryan, in cerca di una risposta sensata, ma mi rendo conto che non ho risolto un cazzo. «Bisogna parlare con Marco» mi schiarisco la voce, provando a rimanere impassibile.

Sento il viso arrossire, così abbasso lo sguardo e fisso gli scalini che scorrono sotto di me.

Ci sono cascata davvero.

Quando entriamo, Alice scatta in piedi, gli occhi arrossati, e mi viene incontro. Si ferma poco prima di abbracciarmi, e mi chiede: «Cazzo, Elena, che hai combinato?»

«Ho riportato la tua fottutissima scatoletta, ecco che ho combinato.» Cerco di non guardarla negli occhi, come minimo ho ancora le pupille dilatate.

«Labbra gonfie... hai la vena del collo che si vede pulsare lontano un miglio...» Pede si abbassa, cercando di afferrare il mio sguardo, e sorride esageratamente quando ci riesce.

SOTTO LE PERSONEWhere stories live. Discover now