Inizio a mettere il necessario dentro la piadina, continuando a dargli le spalle. Lo sento muoversi nella cucina, impaziente.

«Dobbiamo sbrigarci, ci stiamo mettendo troppo» continua Ryan.

Scaldo le piadine, e aspetto tamburellando le dita. Non voglio pensare a ciò che è successo, a ciò che stava per succedere. Mi concentro su ciò che dice al telefono, accantonando ogni altro pensiero.

Chi cazzo è che lo chiama all'una di notte?

«Sì, ciao» ribatte a un tratto, chiudendo la telefonata. «Cazzo» impreca poi, e sbuffa.

Faccio scivolare le piadine sui piatti e le porto al tavolo, posizionato al centro della cucina. Vedo Ryan passarsi una mano tra i capelli, irrigidire la mascella, armeggiare con il cellulare.

Mi trattengo dal chiedergli se vada tutto bene e faccio finta di niente. Dopo avergli avvicinato il piatto, inizio a mangiare. Una volta messo in tasca il cellulare, osserva la piadina e poi mi guarda, ma io distolgo lo sguardo.

«Che c'è, non parli più ora?» chiede, alzando un angolo della bocca. Si fa provocante come al suo solito, osserva ogni parte di me, anima e corpo, e prende in mano la piadina.

«Non ho niente da dire» sussurro, provando a evitare di immischiarmi nei suoi affari.

«Che vuoi sapere?» mi domanda, capendo che mi sto mangiando la lingua per non risultare quella curiosa e sfacciata.

«Tutto a posto, al telefono?» mi espongo un poco.

«Più o meno. Diciamo che le cose potrebbero andare meglio.» Inizia a mangiare, e io continuo a masticare lentamente.

«Chi era?»

Non reggo più la curiosità di sapere che gli succede. Le sue parole erano decisamente strane.

«Marco.»

«Come mai dici che le cose potrebbero andare meglio?»

«Perché è così. Devo risolvere una questione, e non ho intenzione di metterci più del dovuto.»

«E cos'è che devi fare?»

«Devo rintracciare una persona.»

La sua frase mi lascia pensierosa e un po' preoccupata, punto gli occhi al piatto e rimango in silenzio per qualche istante.

Riprendo a parlare, con un po' più di coraggio, per chiedergli: «Perché rimani sempre sul vago? Mi dici che sono cazzi tuoi, che è meglio che non sappia. Ora mi chiedi cosa voglio sapere, ma comunque non mi dai delle risposte».

Finisce di mangiare la piadina, mentre io sono ancora a metà.

Spinge indietro la sedia, si mette comodo allargando le gambe e appoggiando un braccio sulla spalliera. Si lascia osservare da me, non resisto a non squadragli il petto. Deglutisco e arriccio le labbra, cercando di elaborare tutte le sensazioni che mi attorcigliano lo stomaco.

Il nostro gioco di sguardi continua, credo stia elaborando una risposta sensata da darmi.

«Vieni qui» mi dice, invece.

Vuole giocare? Giochiamo, allora, penso, determinata a non lasciarmi sopraffare dalle mie emozioni, da ogni parte di lui così incredibilmente attraente.

«Perché dovrei?» rispondo, tirando indietro anche io la sedia, accavallando le gambe e provocandolo a mia volta.

«Preferisci che venga io?»

Si porta in avanti, appoggia gli avambracci sulle ginocchia, spingendosi a bordo della sedia.

Cazzo, sa sempre come controbattere.

«E perché dovresti venire tu?» rilancio, con il cuore che inizia a galopparmi nel petto.

Ryan si alza, viene verso di me, si piega sul mio viso, appoggiando le mani sullo schienale della mia sedia.

«Perché ti voglio mia» mi sussurra all'orecchio. Trattengo il respiro per non mostrare quanto sono agitata. Faccio scorrere una mano tra i suoi capelli, sulla nuca, e porto l'altra sopra il suo tatuaggio, sfiorandolo. Quando sta per baciarmi, mi sposto leggermente indietro. Mi scappa un sorriso, e anche lui sembra divertito dalla cosa.

«Mh» mormora. «Te l'avevo detto di non giocare col fuoco.»

In un gesto forte e scaltro, ma comunque elegante, mi alza e mi fa sedere sul tavolo. Con più foga di prima, mi apre le gambe, mi afferra i polsi e me li blocca dietro la schiena. La paura che di solito in queste situazioni mi attanaglia, si è trasformata in qualcosa che non avevo mai provato prima. Desiderio, semplice e puro desiderio, un insieme di passione e romanticismo, che voglio essere libera di sentire in ogni particella del mio corpo.

Con gli occhi vibranti, porta l'altra mano sul mio collo, mi obbliga ad alzare il mento premendo le dita alla base della mascella, e mi bacia.

SOTTO LE PERSONEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora