XXXV

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Jungkook entrò nel corridoio dell'Agenzia di Resurrezione Statale -che altro non era che una piccola stanza in cui Jungkook redigeva i rapporti nell'obitorio dell'ospedale di New Orleans- notando la solita luce fredda dei neon che aveva il potere di rendere i muri giallognoli ancora più squallidi, il pavimento di linoleum azzurrino sporco era appena stato lavato, dei coni gialli con sopra la figura stilizzata di un omino che scivolava erano posti proprio a qualche metro dall'ingresso per segnalare il pavimento bagnato, il giovane negromante li sorpassò  dirigendosi verso i bagni del personale.

Era stanco, sudato e sporco di terra, spalancò la porta e si buttò dentro, diretto agli armadietti, aprì il suo e iniziò a spogliarsi, impaziente di farsi una doccia, quella notte di lavoro era stata particolarmente faticosa, aveva dovuto resuscitare un notaio morto da molto tempo, per un'atto di proprietà e, purtroppo, più la persona da far risorgere era morta da tempo, più potere serviva per farla tornare in vita.

L'acqua calda scivolò sulla sua pelle, Jungkook mugolò, rilassando all'istante tutti muscoli del suo corpo, alzò il viso di modo che venisse colpito direttamente dal getto della doccia, poi si concentrò, nella sua mente l'acqua scorreva sul suo corpo e non puliva via solo il sudore e lo sporco, ma anche le negatività che aveva addosso, nella sua mente le visualizzava come una sostanza nera, viscosa, ancorata al suo essere, l'acqua le spingeva via facendole scivolare ai suoi piedi ed esse penetravano poi nel terreno, fino al centro della terra. Era una visualizzazione semplice, Jungkook la faceva sempre per eliminare le energie pesanti accumulate durante il lavoro.

Mentre il giovane negromante era intento a togliersi la schiuma di dosso, la suoneria familiare del suo cellulare risuonò tra le pareti piastrellate, Jungkook imprecò e si precipitò verso la panca dove aveva appoggiato i vestiti, il rumore fastidioso delle ciabatte umide sul pavimento si unì a quello delle sue imprecazioni, dato che scivolava ad ogni passo a causa delle infradito bagnate.

Agguantò il telefono per tempo e rispose, i capelli grondanti davanti agli occhi, si appoggiò col braccio sugli armadietti per mantenere l'equilibrio.

-Pronto?- domandò con la voce concitata, mentre il rumore dell'acqua che gli sgocciolava dal corpo e cadeva sul pavimento lo circondò nel silenzio.

-Ciao, coniglietto.- la voce profonda di Taehyung gli accarezzò l'orecchio, Jungkook spalancò occhi e bocca, bloccandosi completamente, deglutì cercando di ragionare velocemente.

-Chi parla?- chiese, aveva perfettamente riconosciuto la tigre, ma aveva inquadrato Taehyung e non voleva dargli la soddisfazione di essere riconosciuto all'istante.

-Come non mi riconosci? Sono Taehyung e ho le informazioni che mi hai chiesto.- replicò piccato, il giovane negromante immaginò che la tigre avesse il broncio nel pronunciare quella frase, intenerito si morse il labbro.

-Perfetto, dimmi tutto- disse Jungkook, impaziente di sapere cosa avesse scoperto sulle vittime,  Taehyung rise, il giovane negromante aprì e chiuse le palpebre diverse volte, interdetto.

-Oh no, coniglietto, ti aspetto qui alle dieci, è giorno di chiusura all'Arabian.- lo invitò con tono malizioso Taehyung, Jungkook fece per ribattere ma la tigre aveva già chiuso la chiamata, lasciando il giovane negromante con il cuore che batteva fortissimo.

Jungkook rimase fermo per qualche minuto a riflettere sul da farsi, avrebbe potuto chiamare Mark e farsi accompagnare, perché aveva un vago sentore che Taehyung non gli avrebbe detto nulla di sua spontanea volontà, tuttavia l'idea di farsi aiutare da qualcuno non gli andava propriamente a genio. Voleva cavarsela da solo, d'altronde era la sua prova quella, per la prima volta doveva fare una cosa che non coinvolgesse Suga e aveva il desiderio di farla al meglio e senza l'aiuto di nessuno.

Coiled SoulsWhere stories live. Discover now