XIV

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Suga strinse i denti e rimase col braccio alzato, incastrato nella giacca, imprecando dentro di sé, ogni movimento gli costava una fatica enorme, i lividi gli costellavano il corpo e i dolori per le percosse subite gli rendevano complesso persino respirare.

Dopo mezz'ora riuscì ad infilarsi la giacca del completo nero, si guardò allo specchio, per quello che l'occhio sano riusciva a vedere, perché il destro era semichiuso e gonfio a causa del cazzotto datogli dal padre di Jungkook; decisamente non aveva un bell'aspetto, la sua pelle candida faceva risaltare ancora di più il colore violento del viola degli ematomi, dandogli un aspetto ancora più inquietante.

Il negromante si apprestò a scendere al locale di J-Hope lentamente, molto lentamente, avrebbe preferito vegetare sul divano, come stava facendo da qualche giorno, nel tentativo di accelerare la guarigione con gli impacchi di erbe, tuttavia era stato informato dal barista che Namjoon lo aveva contattato per parlargli del colloquio con il Master della città.

Quando fece l'ultimo gradino stava sudando freddo e si dovette appoggiare al muro, stando attento a non respirare troppo forte, altrimenti il dolore sarebbe aumentato, appena si fu ristabilito si diresse a passo deciso verso il locale, iniziando la sua recita, non aveva intenzione di far capire agli altri che stava soffrendo come un cane, per lo stesso motivo aveva evitato i suoi amici; prima di tutto per non farli preoccupare e, secondariamente, se Jungkook avesse scoperto che era stato picchiato da suo padre ne avrebbe sofferto il doppio e questo non poteva di certo permetterlo.

Appena J-Hope lo vide sbiancò e quasi fece cadere la bottiglia che aveva in mano, Suga lo ignorò e andò a sedersi al solito tavolo, pur percependo i passi del suo amico affrettarsi alle sue spalle per raggiungerlo, dentro di sé sciorinò altre imprecazioni, dato che J-Hope lo stava guardando avrebbe dovuto sedersi con nonchalance e non era totalmente sicuro di riuscire a farcela.

Si buttò sul divanetto, il più delicatamente possibile, la voce di J-Hope arrivò subito dopo.

-Suga che diavolo è successo?- domandò preoccupato, cercando di avvicinarglisi al viso.

-Niente, portami il solito Hobi.- rispose, minimizzando con un gesto volante della mano, allontanandosi, evitando di farsi osservare dall'altro.

-Ah non credo proprio, ora mi racconterai chi ti ha picchiato o giuro che non ti lascerò vivere in pace per il resto dei tuoi giorni.- ringhiò minaccioso, gli occhi ridotti a una fessura, Suga si umettò le labbra.

-Il padre di Jungkook e il suo scagnozzo, ora portami quel cazzo di bourbon, non ne voglio parlare d'accordo?!- replicò veementemente il negromante, l'altro non si mosse

-Perché?- insistette il barista, Suga lo fulminò.

-Non è importante, sapevo cosa andavo incontro una volta stretto il patto con quel pezzo di merda e comunque non è nulla rispetto a quello che ha dovuto subire Jungkook, lo sai, quindi non mi importa se verrò usato da sacco da boxe se tutto ciò è servito per tenerlo lontano da lì, abbiamo già fatto questo discorso.- tagliò corto, innervosito.

-Ma non puoi denunciarlo? Ormai sono anni che sei al suo servizio, saprai pure qualcosa.-

-Non so proprio un bel niente e non voglio nemmeno sapere nulla, Hobi. Io faccio il mio cazzo di lavoro, per lui e i suoi colleghi, mi pagano e sparisco, del resto non voglio nemmeno immaginarmelo, voglio starne fuori, non sono affari miei.- ripetè per l'ennesima volta, dato che il barista, ogni volta che il padre di Jungkook si faceva vivo, gli proponeva di consegnarlo alla polizia.

-Che affari?- la voce chiara e allegra di Jimin arrivò prima del sorridente interessato, che, avendo la visuale coperta dalla schiena di J-Hope, si bloccò non appena si accorse del viso pesto del negromante, provando una stretta al petto e un leggero senso di rabbia montargli addosso.

Coiled SoulsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora