XXXIV

1.1K 118 21
                                    




Jimin guardò la villa con una smorfia infastidita sul viso, la facciata candida era illuminata da faretti e due guardie del corpo vestite di nero stavano rigide davanti a una porta sotto un porticato retto da alte colonne in ferro battuto, dagli archi del portico pendevano delle fioriere tonde con dei rampicanti, i cui rami ricadevano al di fuori dei vasi creando eleganti cascate di foglie.

Suga scese dalla macchina e raggiunse il licantropo appoggiato alla fiancata dell'Impala, a braccia incrociate, il negromante scosse la testa alla visione dell'espressione corrucciata dell'altro.

-Voglio entrare.- ripeté per l'ennesima volta, testardo, le labbra leggermente imbronciate, Suga ridacchiò, mollò il borsone a terra e prese il viso di Jimin tra le mani, accarezzandogli le guance con i pollici.

-Non puoi, te lo ha ordinato Namjoon, in questo caso non posso portarti con me e nemmeno lo vorrei, quest'uomo è la faccia dell'umanità, farò ciò che chiede e poi me ne andrò il prima possibile.- replicò il negromante, la voce bassa e tranquilla, gli occhi in quelli di Jimin, che ancora ribolliva.

Suga si era premurato di chiamare l'Alfa per far si che ordinasse al suo Skoll di lasciarlo entrare da solo, Jeon Joyong non era il tipo di uomo che amava le sorprese, sopratutto quando era arrivato il momento in cui necessitava del negromante; Jimin sapeva di dover obbedire all'ordine diretto del suo Alfa, non c'erano molte possibilità di scelta, però l'idea di lasciare il negromante da solo nella casa di un capo della criminalità organizzata non gli andava particolarmente a genio.

-Lo so, ma è pericoloso e non sarò al tuo fianco a proteggerti, non mi va bene.- si lamentò, digrignando i denti, lo sguardo in fiamme, Suga sorrise e lo baciò velocemente sulle labbra.

-Jiminie sono armato e non può farmi nulla di grave, ha bisogno di me.- disse sornione, si staccò dal licantropo, recuperò la borsa e poi continuò -Ora ho il tuo numero e se succederà qualcosa, qualunque cosa, ti chiamerò, d'accordo? Te lo prometto.- promise, la sua voce si fece calda e roca, gli lasciò un altro bacio sulle labbra, più dolce, Jimin rispose con passione, cingendogli la vita, quando si staccarono il licantropo rimase con la fronte appoggiata su quella dell'altro.

-Fa attenzione.- si raccomandò Jimin, sussurrando, il negromante sorrise e annuì, per poi dirigersi verso l'entrata della villa.

Mano a mano che camminava il suo viso rilassato si trasformò in una maschera liscia senza espressione, il suo sguardo divenne freddo e vuoto, sorpassò le guardie all'ingresso senza degnarle di nota, spalancò la porta con un calcio, ignorando il maggiordomo sconvolto che si stava precipitando verso di lui, Suga fece un gesto annoiato con la mano, per far capire che sapeva benissimo dove fosse il proprietario di casa.

Attraversò il salone a passo deciso, il rumore cadenzato dei suoi passi sul marmo lucido rimbombò in tutta la stanza, raggiunse la porticina in legno nascosta nel sottoscala che portava ai sotterranei, la aprì svogliatamente e imboccò le scale a passo spedito.

Le stanze del seminterrato questa volta non erano vuote, Suga guardò al loro interno alla ricerca di Joyong, invece vide pile di scatole di cartone, distolse subito lo sguardo, sapendo che ciò che poteva vedere gli sarebbe potuto costare entrambi gli occhi, quindi si incamminò di nuovo lungo il corridoio in cemento.

All'improvviso una porta davanti a lui si spalancò, dietro di essa emerse lo stesso scagnozzo dell'ultima volta, squadrò il negromante e le sue labbra si piegarono in un sorriso divertito, Suga lo ignorò, lo sorpassò ed entrò nella stanza alle spalle della guardia del corpo, intuendo fosse lì il padre di Jungkook.

Coiled SoulsWhere stories live. Discover now