33. La bomba era sganciata

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"Allora Cindy? Dubiterai ancora sui miei passaggi?"

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"Allora Cindy? Dubiterai ancora sui miei passaggi?"

Sollevai la testa dalla tavola, immersa come al solito tra i miei pensieri. Il lunedì era sempre il giorno peggiore e con tutto quello che era successo ieri, la notte non avevo chiuso occhio, avevo preso sonno nei dieci minuti di auto per arrivare a scuola.
Facendo il punto della situazione, avevo due occhiaie grandi come una casa, i capelli arruffati e la testa che non si sorreggeva da sola e, il sorriso smagliante di Jackson non faceva che mettere a dura prova la mia sanità mentale.

"No, hai ragione. Non avrei mai dovuto titubare delle tue doti da lanciatore." Risi appena, cercando di stare seduta composta.

Ero sola, dal momento che fortunatamente all'ultimo era mancato un insegnante e perciò ci avevano lasciato l'ora buca.
Stavo approfittando per prendermi avanti con i compiti per casa, ma ogni due secondi finivo per ritrovarmi con la faccia spiaccicata sul quaderno. Ero in uno puro stato di dormiveglia.

"Hai una pessima cera."

Roteai gli occhi al cielo, passandomi una mano sul viso con estrema lentezza.
"Grazie, ora sto decisamente meglio." Borbottai ironica, accennando un sorriso.

Lui si sedette vicino a me e ridacchiò divertito.

"Dai, scherzavo, sei bella come sempre." Mi rassicurò, appoggiando la sua cartella ai piedi della sedia. "Certo, come no." Sbuffai, annoiata.

"Ho passato la notte in bianco." Spiegai, grattandomi la nuca con imbarazzo.
Le mie condizioni erano talmente pietose che mi vergognavo di mostrarmi anche a me stessa, figuriamoci di farmi vedere in pubblico.

"Capita a tutti una volta nella vita." Sorrise, scrollando le spalle.
Osservai il suo profilo, aveva i tratti mascolini, ma allo stesso tempo dolci; gli occhi azzurri, i capelli biondi e il suo sorriso alla Duchenne, lo facevano sembrare proprio il principe azzurro delle favole, aveva tutti gli elementi in regola per esserlo, ma purtroppo, non era quello che cercavo io.

"Io per oggi ho finito, che ne dici se ti riaccompagno a casa?"chiese, sollevandosi dalla sedia e chinandosi per afferrare il suo zaino, che mise sulla spalla destra.

Guardai l'ora dal telefono.
Mi sarebbe andato più che bene un bel passaggio, l'alternativa era aspettare che Emily finisse la lezione di storia e ci avrebbe messo ancora un'ora, perciò accettare il suo invito non mi avrebbe assolutamente fatto male.

In risposta annuii e mi alzai anche io, sistemando velocemente tutte le cose che avevo lasciato sul tavolo.

"La prossima settimana dovrebbe esserci una partita." Mi disse, mentre ci incamminavamo verso il portone principale dell'istituto. "Davvero? Non lo sapevo." Brontolai io, storcendo le labbra. Come al solito non mi avevano informata.

"Perché sono sempre l'ultima a sapere le cose?" Chiesi retoricamente, inspirando profondamente. "Forse anche il coach deve ancora abituarsi alla tua presenza. Sai, è strano averti in squadra, ma non fraintendere, mi piace, come a tutti gli altri ragazzi e poi da quando ci sei tu sembriamo imbattibili."

Footlover - amore in campo di giocoWhere stories live. Discover now