24. Ero il suo polo opposto

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Mi ritrovai un paio di occhi verdi che mi fissavano senza emozioni.

Guardai la sua mano stretta attorno al mio braccio e cercai invano di sfuggire alla sua presa. Sentivo i nervi a fior di pelle.

Non sapevo se fossi più delusa o più arrabbiata, probabilmente entrambe, stava diventando scocciante e frustrante ritrovarmi in mezzo a due ragazzi con un segreto.

"Che vuoi?"

"Non fare così." Ebbe il coraggio di dirmi, guardandomi dritta negli occhi.

Sollevai le sopracciglia. "Si che faccio così."

"Ti rendi conto che ogni volta che siete vicini finite per mettervi le mani addosso? Sembrate due fottuti bambini." Quasi urlai, cercando di allontanarmi dal profumo accogliente di Sean.

Era diventato come una calamita e io, per quanto lo detestassi, ero il suo polo opposto.

"C'entra qualcosa con me?" Domandai poi, deglutendo lentamente.

Il suo sguardo si indurì e la sua mano, con un gesto fulmineo, si staccò dal mio braccio.
Indietreggiò di qualche passo e io mi sentii mancare l'aria.

"Il mondo non gira intorno a te, Cindy. E come ti ho già detto dovresti imparare a farti i cazzi tuoi una buona volta. Sono stanco delle tue domande."

Rimasi totalmente pietrificata. Probabilmente una coltellata avrebbe fatto meno male.

"Come diavolo ti permetti, razza di stronzo." Gridai, balzando in avanti, ad un centimetro dal suo viso.

Racchiusi la mano in un pugno e lo strinsi fino a far diventare le nocche bianche per la forza impiegata. Ero furiosa.

"Tu saresti stanco eh? Tu? Davvero?!" Gridai, colpendolo sul torace. Non si scompose di un centimetro, continuava solo a fissarmi apatico, senza un briciolo di emozioni.

"Ti ho dato una seconda possibilità, ma a quanto pare non ne meritavi neanche una." Ora la mia voce era bassa, fino a diventare un tenue sussurro.

Sean mi fissò e poi rise amaro, facendomi mettere i brividi.

"Non sono stato io a chiedertela, una seconda possibilità. Hai fatto tutto tu."

Mi morsi il labbro per non scoppiare a piangere come una bambina e ricacciai indietro le lacrime che stavano per uscire.
Sentivo quel dannato peso bloccarsi sullo stomaco e faceva un male tremendo.

"E con questo cosa vorresti dire?" Chiesi, del tutto amareggiata.

"Che di te non mi importa niente, kicker."

Come un fulmine, un dolore mi squarciò il petto. Il fiato mi si mozzò in gola e tutte le cattiverie che avevo in serbo per lui, si dissolsero piano piano, lasciando spazio a un dolore non da poco.

"Avevo bisogno di un buon passatempo, e tranquilla, non è colpa tua se non lo sei stato."

A quel punto non ci vidi più. Senza pensarci, mi ritrovai con la mano sul suo viso.
Forse sentivo più male io di lui, ma ero talmente accecata dalla rabbia che non me ne importava.
Gli avevo tirato una sberla e mi sentivo dannatamente in colpa, anche se se lo meritava.

"Perché proprio io?" Trovai la forza di chiedere.

"Quella sera, quando ti sei tolta il casco, non ho potuto fare a meno di notarti. Mi intrigavi, devo essere sincero, ma quando poi ho scoperto che sei la sorellina di Lewis, ho subito pensato che saresti stata la vendetta perfetta e, in più, ero sicuro che saresti caduta ai miei piedi, come tutte le altre e manovrandoti saresti diventata la pedina perfetta per farci vincere il campionato."

Footlover - amore in campo di giocoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora