25. Sono allergica alle puttanate

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Era appena suonata la campanella che poneva fine alle lezioni e finalmente, potei filarmela dalla classe di matematica: tutti quei numeri e quelle lettere mi stavano dando alla testa.

Più tardi mi sarebbe aspettato un faticoso allenamento, per la preparazione ai campionati regionali con le squadre più forti della zona, visto che dopo aver battuto quei flaccidi dei Monster, eravamo in testa alla classifica.

Loro erano arrivati secondi e sarebbero potuti passare alle regionali solamente se avessero battuto i Lyon e dal momento che quest'ultimi erano da sempre i più forti, avevo già eliminato dalla mia mente il pensiero di aver potuto ritrovarmi i Monster anche alle regionali.

Siccome il coach ci aveva dato appuntamento in campo alle quattro in punto, avevo ancora un'ora abbondante da passare nella tranquillità più totale; Emily era dovuta scappare prima dell'ultima ora perché aveva un impegno e io mi ero ritrovata sola in mezzo all'enorme giardino posteriore di cui disponeva la scuola.

Tenendo tra le mani la mia cartella mi sedetti sulla prima panchina libera che trovai, fortunatamente era anche all'ombra.
Per un istante socchiusi gli occhi beandomi del silenzio che regnava nell'aria.
La notte prima non avevo dormito, ero stata troppo impegnata a commiserarmi piangendo con la faccia spiccicata nel cuscino; mi ero sentita davvero un'idiota, ma avevo bisogno di sfogarmi in qualche modo.

Ero indecisa se dentro di me avessi più dolore o più rabbia, sicuramente, al momento era la rabbia che parlava al posto mio, infatti, per tutta la mattina non avevo fatto altro che rispondere male a chiunque mi rivolgesse la parola, ma ieri sera, il dolore mi consumava, o forse era solamente una forte delusione.

Con Barrie non avevo più parlato, la mattina ero fuggita di casa come una ladra e per tutta la giornata ero rimasta in classe senza avere rapporti con il mondo esterno.
Ieri sera dopo la cena, mi ero rinchiusa in camera mia e Barrie aveva tentato almeno una dozzina di volte di convincermi a farlo entrare, ma ero rimasta inflessibile e lo avevo lasciato sul corridoio come un cane in pena.

Questo era il prezzo che dovevi pagare per aver fatto girare le scatole alla sorellina, caro fratellone.

Mentre per quanto riguarda Sean, il nulla assoluto.
Mi ero sentita talmente tanto stupida quando continuavo a guardare il cellulare sperando in una chiamata o in un messaggio, quando sapevo benissimo che non sarebbe mai arrivato niente. Avrei dovuto immaginarlo dall'inizio che non gliene importasse un fico secco di me, ma forse è vero quando dicono che la speranza è l'ultima a morire.

"Mi sembri immersa nei pensieri."

Sobbalzai sentendo una voce al mio fianco.
Voltai la testa lentamente e mi imbattei in due occhi azzurri.

Jackson e il suo sorriso plastico erano tornati.

"È così infatti." Risposi, forse troppo acida; ma come avevo detto prima, oggi non facevo altro che aggredire le persone che mi parlavano.

"È successo qualcosa? Anche tuo fratello sembrava strano, prima."

Scossi la testa. "No, mi sono svegliata male, e probabilmente vale lo stesso per Barrie. Telepatia tra fratelli, suppongo."

"Vuoi che ti lasci sola?" Domandò un secondo dopo, fissandomi con un sguardo dolce e comprensivo.

Mi dispiaceva dirlo, ma avrei davvero voluto rispondergli di si, ciononostante tirai fuori il poco buon senso che mi era rimasto e mormorai un no piatto.

"Più tardi ci sarai all'allenamento vero?"

"Si." Le mie risposte erano sempre più secche e taglienti, forse perché sapevo che se avessi formulato una risposta articolata ci sarebbero state molte cattiverie.

Footlover - amore in campo di giocoWhere stories live. Discover now