26. Logan Hart

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"Torna indietro. Io non me la sento." Mi agitai sul sedile.

Quel cognome era la parte dolorante di me e non intendevo quel dolore che se ne andava, era quel male che ti rimaneva dentro fino alla fine dei tuoi giorni e diventa un tutt'uno con le tue ossa.

Lo vidi imboccare la via di casa e per un attimo pensai di aprire la portiera e buttarmi fuori, ma provai a regolarizzare il mio respiro e a concentrarmi sul non andare in panico.

Era bastato un cognome per far riaffiorare mille ricordi che ormai ero quasi riuscita a mettere da parte in un angolo del mio cuore.
Ed ora, mi ritrovavo in un mare di cimeli e volevo solo che rimanessero rinchiusi sul fondo.

"Hanno fatto tanta strada solo per venire a salutarti, Cindy, non puoi scappare da loro per sempre."

Da una parte mi dava fastidio sentirlo parlare in questo modo, in quanto lui non poteva sapere come mi sentivo quando li vedevo.
L'ultima volta che erano venuti a far visita a me e alle mia famiglia era stato l'anno scorso e pur di non vederli ero scappata di casa, lo avevo fatto davvero.
Non ero riuscita ad affrontarli sapendo tutto il dolore che provavano loro e tutto il dolore che provavo io, perciò era stato più semplice fuggire come una vigliacca.

"Si invece." Blaterai, passandomi una mano sul viso con fare sconcertato.

Quando arrivammo nel vialetto di casa nostra, credetti che mi stesse per venire un'infarto.
Sentivo caldo e sudavo freddo, le mani si muovevano sole ad un ritmo indefinito, come se avessi il Parkinson.

Scesi dalla macchina e non pensai neanche a prendere il mio borsone dal bagagliaio, solamente mi sventolai le mani davanti alla faccia per ricevere un po' di sollievo.

Barrie, non ebbe il tempo di spegnere il motore che balzò al mio fianco e mi circondò con il braccio. "Non preoccuparti, ci sono io."

Dovevo ammettere che questo, era uno dei pochi momenti in cui avrei lasciato da parte il mio orgoglio e, nonostante fossi ancora infuriata con mio fratello, mi faceva piacere che stesse al mio fianco.

Con cautela, entrammo in casa e a passo felpato, ci inoltrammo nel salone principale.
Nello stesso istante in cui i miei occhi incontrarono i volti sciupati dei signori Hart, le gambe mi cedettero, fortuna che Barrie mi teneva salda.

"Oh, Cindy, tesoro..." la donna, prima seduta sulla poltrona di pelle bianca, si portò una mano alla bocca, con stupore e poi si alzò, allargando le sue braccia.
Mi strinse talmente forte che potei sentire le ossa scricchiolare e venni invasa da un'accogliente profumo di rose.

Marie Hart era una bella donna, lo era sempre stata, aveva una cinquantina d'anni, che aveva sempre portato divinamente.
Il suo viso era pallido, ma messo in risalto da un paio di grandi occhi color cioccolato.
I capelli biondo cenere, raccolti in una crocchia ordinata, le donavano un'aria solare e a primo impatto, sembrava una di quelle persone genuine e lo era, se solo quel maledetto giorno non ci fosse stato.

Mi ci volle qualche istante per ricambiare l'abbraccio, ma alla fine mi lasciai andare e sprofondai il viso sulla sua spalla.
Percepii una sola calda lacrima rigarmi il volto e il cuore voleva quasi uscirmi dalla gabbia toracica.

"Sei sempre così bella..." mi Sorrise, sforzandosi e riuscii a vedere i suoi occhi diventare lucidi per l'emozione.
Dopo aver ricambiato il sorriso, buttai l'occhio alle spalle di Marie e vidi mia madre, mio padre e Abby, guardarci con sguardo pieno di compassione.

Footlover - amore in campo di giocoOnde as histórias ganham vida. Descobre agora