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Niente, quella ragazza era incontrollabile.
Quando gli sembrava di fare un passo avanti, poi ne faceva due indietro.

Ivan si fini' di vestire infilando un maglione di lana pesante dalla testa e appena se lo sistemo' addosso cercò le sigarette.
La accese con rabbia, buttando l'accendino a caso sulla scrivania e sul pc fece partire il replay del video che aveva già visto almeno 10 volte.

Maya che si spogliava, si lanciava fuori dalla finestra e giù dal balcone con la plasticità e l'eleganza di una circense annoiata e iniziava a correre fra gli alberi, verso la loro zona d'ombra.

Era arrabbiato, ma continuava a premere replay.
I suoi movimenti lo incantavano lo stesso.

Perché gli altri soggetti che aveva analizzato non erano come lei? Con la stessa eleganza, flessuosita', forza? I licantropi in genere erano potenti, ma non aggraziati.
I felini erano leggiadri, ma non forzuti.
In poche parole non avrebbero potuto saltare su un ramo da un balcone a 6,5m da terra e atterrare con una gamba sola.
Come quando aveva salvato il barbone: la giravolta in aria...

Che animale era, lei?

Moriva dalla voglia di prendere il suo dna con la forza.
E in fondo, chi poteva impedirglielo?

Spense la sigaretta con rabbia e uscì dall'appartamento.
Decise che se Maya non si fosse fatta vedere entro sera, allora sarebbe andato nella sua stanza con la squadra intera.
Capelli, pelle, spazzolini da denti.
Si sarebbe appropriato di qualsiasi cosa.
Era davvero infuriato.

Nell'ascensore chiuse gli occhi, fece un respiro profondo buttando la testa indietro e quando le porte si aprirono al piano più basso, aveva già riacquistato il suo autocontrollo.

Si diresse nella stanza di sorveglianza dove due uomini in camice grigio lo salutarono con un cenno del capo.

8 schermi giganti a parete proiettavano immagini di un giardino recintato con un laghetto al centro da diverse angolazioni.
In quello in basso a sinistra due porte contigue in acciaio, chiuse, attiravano la loro attenzione.

'Siamo pronti' disse uno dei camici grigi seduto davanti a una consolle di comando.

Ivan guardò l'ora.
Erano quasi le 9, l'ora che aveva detto anche a Maya.
In genere la sua puntualità era nota, ma la sensazione di essere stato ingannato stava scavando in lui e voleva quasi affrettare tutto per finire più in fretta possibile.

'Ok, aprite' disse secco.
I due camici si guardarono per un attimo, ma quello seduto premette comunque un pulsante senza aprire bocca.

Si senti' un ronzio e le due porte si aprirono in contemporanea.
Mentre i tre osservavano dal monitor, nulla parve accadere.
Le porte erano aperte, ma niente le oltrepassava e si sentiva solo il cinguettare degli uccelli in sottofondo.

Passarono diversi minuti.
Ivan tirò fuori una sigaretta e la mise fra labbra.
Mentre cercava l'accendino nella tasca però si bloccò a metà strada.

Tutto taceva.

Gli uccelli avevano smesso di cantare.

Guardo' immediatamente tutti gli altri schermi.
'Che succede?' disse.
'Mah..' disse il camice scorrendo le telecamere e zoommando 'Nulla. Non si vede niente...'

'Fermo! Inquadra l'albero sulla riva del laghetto! Ingrandisci!'

'Un momento, signore, una delle sorelle forse sta uscendo'

'Lascia perdere, inquadra quell'albero immediatamente' si spazienti'.

Girando una manopola, l'immagine si fece via via più chiara.
Qualcuno era appollaiato su di un ramo basso, quasi perfettamente mimetizzato dal fogliame.

Ivan senti' dilatarsi il cuore nel petto: era Maya.
Sporca, nuda e abbarbicata in attesa come un predatore paziente.
I suoi occhi erano in ombra, ma era sicuro che stesse fissando le due porte.

Le due sorelle attendevano nel buio, annusando l'aria.
Ma perché non uscivano?

Semplice,penso' Ivan.
Hanno percepito la minaccia.



Le linee paralleleWhere stories live. Discover now