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L'aria fredda mi sibilava vicino alle orecchie,mentre correvo agilmente in mezzo al folto.
Lo zaino era scomodo e non vedevo l'ora di liberarmene, per cui accelerai ulteriormente il passo.

In meno di mezz'ora la casetta di pietra appari', seminascosta da un grande salice che la ricopriva sul lato sinistro. Ero affamata e eccitata,ma la prudenza era obbligatoria, per cui mi fermai a poca distanza e annusai l'aria tendendo le orecchie.
Nessuno.

All'interno era silenzioso. Certo,la porta era sprangata, ma poteva succedere,come in passato, che qualche pastore o turista di passaggio cercasse di introdursi per rubare o semplicemente trovare rifugio.
Ma non a quell'ora e in quella stagione,di certo.

Uno schiocco di un arbusto mi fece tendere l'orecchio; alla mia destra, cento metri più in basso. Inspirai lasciando cadere lo zaino ai piedi della quercia lentamente.

Iniziai ad aumentare la frequenza delle inspirazioni e ruotai le spalle addossandomi al tronco dell'albero, scivolando verso il lato nascosto accanto alla casa. Chiusi gli occhi e cercai avidamente dentro di me il punto in fondo allo stomaco,quello che papà mi aveva insegnato a 'tirare'.
Lo trovai, sospirando lo afferrai  e sentii subito tirare le gambe e sprofondare la pancia. Mi inginocchiai ansimando mentre le scosse muscolari e tendinee mi si irradiavano in tutto il corpo.

La sensazione era piacevole,ma violenta e accompagnata da una breve vertigine.
La pelle sembrò accapponarsi con forza intanto che le labbra mi si ritraevano completamente su se stesse.
Poi la pace.

Possenti artigli arpionarono il terreno mentre nuovi suoni e immagini mi arrivarono al cervello.
Stirai le ali con forza per sgranchirle,ma non ne avevano bisogno: con una scossa di soddisfazione mi librai in un volo silenzioso fino al ramo della quercia e la vidi.

Una piccola volpe in avanscoperta; cercava tane di piccoli animali per sorprenderli nel sonno.
Lei non si era accorta di me e i miei nuovi occhi la seguivano pazienti,mentre la fame mi artigliava lo stomaco.
Si infilò dentro al tronco cavo di un albero, sperando di trovare qualcosa,ma per sua sfortuna io colsi l'attimo.
Mi librai in volo radente e, quando mise il naso fuori dal pezzo di legno marcio, la ghermii in un secondo affondando in profondità gli artigli nel suo collo.

Andai subito sulla roccia riparata dietro la casa, e con un paio di colpi di becco,le diedi il colpo di grazia prima di iniziare il mio pasto.
L'emozione della caccia e la sensazione della carne ancora calda e sanguinante me ne fecero subito desiderare ancora.
Masticando mi guardai attorno girando la testa di 180 gradi, sperando che il rumore non avesse spinto altri animali a nascondersi, avevo ancora fame.
Mi avevano captato però e mi dovetti rimettere in volo.

Non mancava molto all'alba.

Le linee paralleleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora