24.

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Il sole della tarda mattinata arrivava ai piedi del letto di Maya che dormiva profondamente.
Era nuda, i capelli castani scuri sparsi sul cuscino e giaceva immobile girata sulla pancia.

Un lieve bussare alla porta le fece aprire un occhio color ambra.
Con un respiro profondo si tiro' su e in fretta si mise addosso una vestaglia lunga rossa, poi scalza ando' allo spioncino.

Glauco attendeva sullo zerbino e lei lo sapeva perche' il suo odore filtrava lieve da sotto porta.
Appoggio' la fronte un secondo alla porta, prima di aprire.

"Buongiorno" disse lievemente rauca.
"Mi spiace di averti svegliata, posso tornare piu' tardi" fece lui imbarazzato.
"No, non fa niente, vieni. Caffe'?" chiese chiudendosi meglio la vestaglia sulle gambe.
"Si,grazie. E' quello che ci vuole prima di pranzo." disse ironico.

Lui si sedette al tavolo di legno scuro della cucina, guardandola sornione come un gatto mentre preparava il caffe' e metteva in tavola due piattini e la zuccheriera.

Quando furono l'uno di fronte all'altra con le tazze davanti, in silenzio, Glauco noto' che l'espressione timorosa e timida della Maya che conosceva era completamente scomparsa.

"Quindi"esordi' " dove eravamo rimasti?" disse studiandola da sopra la sua tazza.
Lei lo guardo' di rimando senza timore, assaporando lentamente il suo caffe', pensando.
"Credo toccasse a me." disse con voce ferma.

"Bene. Spara."
"Quanti sanno del tuo dono?" chiese, determinata.
Glauco strinse le labbra.
"Beh, in realta'...tutti quelli che mi consultano. Ma se conti il fatto che tutti pensano che io sia un ciarlatano che si procura le notizie altrove e le spaccia per visioni...e che non ho detto a nessuno del fatto della coperta...allora solo tu."

Maya bevve un sorso dalla tazza.
"Bene,bene. E ora: dove sei finita ieri sera e come hai fatto a sentire che quel tizio si stava avvicinando. E non mi dire che eri andata a comprare le sigarette, perche' all'unica entrata di questo dannato palazzo ci sono stato per tutta la sera" fece cambiando tono e passando ad infastidito.
"Non mi dire che sei scappata dalla finestra, perche' prima dici che soffri di agorafobia e poi fai salti di due piani?" continuo'.
Maya era stupita.
"E gia' che ci siamo, dimmi anche perche' torni a casa dalla 'clinica' impantanata di fango e in che guaio ti stai mettendo." disse con gli occhi ardenti di determinazione.

Maya poso' la tazza e incrocio' le braccia al petto, rimanendo piu' calma possibile.
"Beh, direi che la poesia e' finita"
"Gia'. Ora e' la stagione della verita', ora va un casino."
Lei si schiari' la voce "E se io non potessi dirti la verita', tu...?"
"Credo che uscirei da quella porta" disse calmo.

Lei apparve turbata e un'ombra passo' sugli occhi di Glauco che si rizzo' a sedere dicendo "Senti, tu di me sai tutto. Vuoi che ti confessi l'unica cosa che non sai?" chiese mentre gli si lucidavano gli occhi.
"La sera dell' incidente in macchina, non guidava mio padre...ma io" concluse sospirando e distogliendo lo sguardo.
"Loro hanno dato per scontato che ci fosse lui al volante perche'...quando la macchina si e' capovolta sono stato sbalzato dietro mentre lui era rimasto davanti, eravamo entrambi senza cinture." fini',strizzando gli occhi.

Maya era impietrita e con le lacrime agli occhi.
E lei che pensava bevesse per non avere visioni altrui mentre era del suo stesso passato che aveva paura.
Fece per allungare una mano sul tavolo, lui la vide e il tempo sembro' fermarsi.
Lentamente e con cautela anche lui allungo' la sua mentre lei si mordeva le guardandolo negli occhi.

Appena la punta delle dita di Maya tocco' la mano di lui, buio totale.
A Glauco sembrava di esser diventato cieco per un istante e poi le luci della citta' lo abbagliarono, vivide e ricche i contrasto: poteva vedere dall'alto tutta Bologna eppure distinguere senza problemi anche ognuna delle scritte sotto ai portici, nomi sui campanelli delle case compresi.
Udiva la gente litigare in una casa, bicchieri che venivano lavati dentro a una lavastoviglie, un ragazzino all'angolo di una strada che accendeva una sigaretta.
Poi improvvisamente un tizio biondo, alla finestra di un palazzo ed era di nuovo in volo per poi sentire una sofferenza alle gambe, alle braccia e un vuoto allo stomaco, vicino all'ombelico.
L'ultimo flash nei suoi occhi furono le piastrelle verdi azzurre, sopra di lui, nel bagno.

Maya aveva interrotto il contatto e teneva la testa fra le mani non riuscendo a credere a quello che aveva appena fatto.

Le linee paralleleWhere stories live. Discover now