21.

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Si', era come Maya si era sempre immaginata una serata con un ragazzo.
Le risate, la cena, gli sguardi, la sensazione di nervi che si sciolgono pur restando saldi.
Erano riusciti a scherzare come vecchi amici e a flirtare come se si fossero appena conosciuti; i loro problemi in qualche modo li univano come campeggiatori sconosciuti in mezzo al deserto ed era cosi' che si sentivano.
Come se solo loro due potessero comprendersi a vicenda.
Lei sapeva dell'incidente in macchina di 3 anni prima dove lui aveva iniziato ad avere strane visioni, e lui sapeva...beh, sapeva quel poco di lei che poteva chiamarsi verita'.

Sembrava che non si fossero mai separati o incompresi, ma lo avevano fatto.
E i nodi vengono sempre al pettine, no?

"E cosi', sono le 23.48" disse Glauco sorridendo finendo l'ultimo sorso di vino del bicchiere," la bottiglia e' terminata e...io devo dirtelo".
Maya stava sorridendo, ma lentamente abbasso' gli angoli della bocca.
Si', effettivamente stavano ignorando da quasi 4 ore l'elefante dentro la stanza.
"Dillo"
"Io non ci speravo. In questa serata." disse incrociando le braccia al petto e guardandola.
Erano entrambi a gambe incrociate sul variopinto tappeto del salotto, avevano apparecchiato nel tavolino basso e Maya appoggiava la schiena al divano grigio.
"Nemmeno io" disse piano.
Si guardarono: il maglione di lei era buttato a terra insieme alle scarpe di entrambi ed era rimasta in maglietta, e lui in maniche di camicia.

Poi improvvisamente iniziarono a ridacchiare, dall'imbarazzo.
"Vedi, normalmente non mi sentirei a disagio se volessi avvicinarmi a te, e...insomma, superare questo tavolino che ci separa,ma... Ecco, credo che prima bisognerebbe chiarirsi, se sei d'accordo" disse con quei dolcissimi occhi marroni a mandorla sfregandosi la mascella con la mano.
Maya era in preda alla confusione perche' si sentiva lusingata, in pericolo, bisognosa di sfogarsi, nervosa,calma, e tante altre cose tutte insieme.
Cosa poteva fare?
Non allontanarsi un'altra volta: allora che senso avrebbe avuto tutto?
E se davvero fosse stata la volta buona, si sarebbe potuta fidare?

"Hai ragione. Io non sono stata sincera con te,ma avevo i miei motivi." inizio'
"Non ne dubito"disse lui.
"La mia vita e'... insomma, particolare. Io, sono particolare. La fiducia e' un pianeta inesplorato per me, francamente ancora non so se... anche se vorrei...dai, hai capito." disse tormentandosi le mani e coprendole con le maniche del maglione.
"Ok, senti. Facciamo cosi': potremmo...farci delle domande,che ne dici? Una a testa, a turno. Se vogliamo rispondere, bene, altrimenti, diremo 'passo' e senza asie passeremo alla prossima."
Maya sorrise con un angolo della bocca "ok, proviamo".

"Allora" fece lui " ...E' vero che sei agorafobica?"
Lei appoggio' i gomiti al tavolino "No."
Glauco era serio, ma concentrato, i suoi occhi fissi nei suoi.

"Come hai fatto ad avere una visione di me senza toccarmi?" affondo' subito il coltello Maya.
Lui spalanco' gli occhi drizzandosi a sedere, ma poi si rilasso' di nuovo e rispose "Non mi era mai successo,ma ho capito che stavo toccando la coperta che mi avevi regalato tempo fa, quella gialla che avevi fatto a maglia".
Lei parve meditare sulla cosa.

"Quindi il mio messaggio lo avevi ascoltato, ma hai preferito negare: quando ci siamo incontrati per le scale, non tornavi dalla clinica,vero?"
May si morsico' il labbro inferiore, ma l'espressione di Glauco era calma, ma determinata.
"No" sillabo' lei.
Lui parve interessarsi sempre di piu' e si sporse sul tavolino intrecciando le mani davanti alla bocca.

"Voglio sapere che visioni hai avuto su di me" disse decisa.
"Oh,oh" fece lui "questa piu' che una domanda mi sembra un ordine bello grosso...che mi fa credere che tu abbia parecchio da nascondere..."
disse cercando di mantenere un tono scherzoso per non indisporla.
"Ho visto cose strane, ma molto vivide come mai prima d'ora: solo alberi, vegetazione, rocce e naturalmente la sensazione di pericolo. Ma quella era solo una sensazione".

"E ora ritocca a me" disse, ma Maya improvvisamente socchiuse gli occhi e scatto' in piedi.
"Aspetta" gli disse, stando immobile.
Lui stranito, si alzo' a sua volta, guardandosi attorno.

I passi, quegli anfibi che aveva sentito nel pomeriggio, erano tornati, stavano avvicinandosi al portone e li sentiva chiaramente.
Attese un attimo e poi lo senti'.
Chiunque fosse stava tentando nuovamente di introdursi nella palazzina.

Le linee paralleleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora