9.

20 2 0
                                    

L'orologio digitale del cruscotto della mia Panda segnava le 2.45 quando finalmente spensi il motore.
Ero arrivata e il mio cuore si era alleggerito con la distanza percorsa; tornare a casa mi faceva sempre quell'effetto,ma in quel momento più che mai.
Sentivo i miei sensi prendere il sopravvento gradualmente,come un cane che sa che appena arrivati al parco verrà sciolto dal guinzaglio; l'odore del bosco in inverno era calmo e inebriante e mi chiamava.

Come sempre avevo fermato la macchina nello spiazzo sul lato della strada, sul tornante più vicino all'inizio del sentiero.
Era il mio posto perché potevo parzialmente nascondere la macchina sotto le fronde di un grosso nocciolo al riparo dalle intemperie e perché era un punto impervio dove iniziare una camminata, visto che la zons richiamava qualche turista, oramai.
Chi cercava funghi,chi tartufi,chi affrontava le due ore circa di camminata per arrivare alle cascate di Acquacheta.

Ma la mia casa era fuori dalla rotta dei sentieri e chi ci arrivava lo faceva sempre per sbaglio.
Non che avessi da preoccuparmene al momento,era gennaio inoltrato ed eravamo quasi sotto zero: le fronde erano già bianche di brina e il suolo fangoso e congelato non invitava a mettersi in strada.

Presi il mio zaino, cercai il telefonino per spegnerlo dato che lassù non c'era campo e mi stupii di vederlo lampeggiare a quell'ora: un messaggio in segreteria. Lo avevo silenziato e bloccato le chiamate prima di uscire di casa,quindi chi poteva aver chiamato dopo mezzanotte?
Purtroppo nemmeno lì prendeva, e non potevo ascoltare la segreteria in quel momento, quindi misi da parte quel pensiero con la scusa che sicuramente doveva essere qualcuno che aveva sbagliato numero.

Ero sola,ero a casa e niente contava. Uscii dalla macchina, la chiusi mentre mettevo lo zaino in spalla e appoggiai sul parabrezza un panno sporco come al solito,per evitare che ghiacciasse.
Attorno a me c'era un silenzio profondo interrotto ogni tanto da fruscii, schiocchi di legno e un odore carico di terra bagnata e resina. Espirai a pieni polmoni sentendo la mia mente rasserenarsi.

Poi il senso di libertà e di sollievo prese il sopravvento: nessuno mi avrebbe vista a quell'ora di notte,potevo infischiarmene delle apparenze.
La smania della gioia prese il sopravvento e lasciai cadere lo zaino.
Velocemente mi tolsi gli scarponi da trekking,i calzini, il giubbotto e ogni cosa avevo indosso, sentendo battere forte il cuore nelle orecchie e col respiro affannoso.
Ripiegai tutto con cura e lo infilai nello zaino tranne le scarpe,che appesi al moschettone che aveva nella parte posteriore: in questo modo non avrei dovuto infangare nulla e sarebbe stato tutto pronto per il ritorno.
Con un elastico che avevo sempre al polso legai i capelli in una treccia che arrivava fino alle clavicole e mi rimisi lo zaino in spalla,vestita solo di quello.

Col respiro veloce immersi i piedi nel fango quasi ghiacciato e mi chinai per toccarlo anche con le mani. Presi fango misto a detriti di fogliame e me lo passai su braccia e gambe godendo appieno di quella sensazione selvaggia.
Me lo aveva insegnato papà,questo metodo, per nascondere il pallore della mia pelle quando vagavo per la boscaglia, ma per me era più un divertimento che una precauzione.

Non ci volle molto per coprire sommariamente tutto: ero alta circa un metro e settanta, avevo forme poco prosperose e fisico atletico.
Un ultimo tocco sulle guance e partii.

Non avrei certamente seguito il sentiero,volevo divertirmi.
Quindi iniziai subito la salita verso nord ovest passando dal folto del bosco dove il terreno era cosparso di edera,sassi e tronchi di alberi caduti. Era buio pesto,certo, ma io vedevo bene come fosse un tardo pomeriggio di sole.
Saltavo felice iniziando a correre su pezzi di legnos pietre,terra ghiacciata e appendendomi a rami bassi per darmi la spinta, col respiro veloce e la stretta di gioia che sentivo alla bocca dello stomaco.
Non sentivo freddo,non avevo quel problema, e attorno a me tutto si era fatto silenzioso.

Ma era normale: molti animali erano in letargo e quei pochi rimasti avevano avvertito la presenza di un predatore.

Le linee paralleleWhere stories live. Discover now