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"Ricordati sempre, Maya, le altre persone non capiranno mai quello che sei. Per loro sarai sempre un pericolo,qualcosa di cui aver paura. Per cui mostrati fredda e saranno loro ad allontanarsi da te."

La parole di mio padre mi risuonavano in testa spesso mentre la notte,lo sognavo.
Le sue mani calde,rugose e capaci di costruire di tutto, i suoi occhi chiarissimi segnati dall'età e dell'affetto nei miei confronti e il suo odore quando lo abbracciavo che sapeva di legna e sigaro.
Mi teneva stretta e mi ripeteva fino alla nausea le stesse cose: stai nell'ombra,basta a te stessa, occhi aperti.

La nostra vita nel bosco era semplice: papà aveva una vecchia casetta di mattoni nei boschi sopra Forlì, vicino a S.Benedetto in alpe.
Senza corrente elettrica,senza acqua corrente e senza telefono. Per noi era il paradiso perché eravamo liberi lassù.
Ignoro tuttora la verità sul giorno della mia nascita,perché sospetto che lui non mi abbia mai detto tutto; so solo che sono nata lassù,proprio nel letto dove ora dormo, nella piccola stanza al primo piano con le pareti dipinte di verde.
Tutta la casa era di mattoni,coi pavimenti in pietra e davvero poche comodità,ma quando avevo 6 anni,ricordo che papà tornò a casa portando due grossi secchi bianchi.
"Ecco, Mimì, adesso ci divertiamo." Mi disse con gli occhi che ridevano.
Chissà che fatica aveva fatto per portarli su dal paese,visto che a casa nostra si arrivava solo seguendo un sentiero in salita in mezzo alla boscaglia per circa un'ora e mezza.
E per questo gli volevo ancora più  bene.
Nei secchi c'era della vernice,un barattolo di verde oliva e uno di blu,e in aggiunta, aveva stipato anche un piccolo barattolo di bianco nello zaino insieme ad alcune provviste e ai pennelli.

Ero al settimo cielo: avevo campo libero,potevo dipingere quello che volevo e come volevo.
Papà dilui' i colori e via,mi aiutò a colorare le pareti della mia stanzetta di verde oliva chiaro che poi,con un pennello sottile, arricchii di foglie e fronde fatte col verde più scuro.
Il mio soffitto diventò blu con piccole stelline bianche.
Il locale che faceva da sala e cucina al pianterreno fu azzurro striato di verde e fiori blu appuntiti,che papà abbozzo' con mano sicura.
Dipinsi perfino il bagno di bianco con fiori e farfalle e i mattoni sbeccati divennero tane di conigli blu o rospi verdi.

E la nostra solitaria vita aveva preso più colore.
Il mio cuore perse un battito al ricordo di quelle giornate felici,ormai lontane.

Scendendo dal ramo e avviandomi verso la macchina gli chiedevo mentalmente scusa.
Scusami,papà,scusami. Dovevo darti retta e rimanere al sicuro.
Lo ripetevo fra me e me tornando alla macchina col cuore in gola e più in agguato che mai stringendo le mani alle spalline del mio zaino.

Quando la vidi, la mia Panda 4x4 parcheggiata davanti un sali e tabacchi sbarrato,mi sembrò un'oasi.
In allerta tirai fuori le chiavi dalla tasca e guardai bene i dintorni prima di attraversare.

Sembrava non ci fosse nessuno per la strada. Quella parte periferica di Bologna era poco battuta, la sera.
Aprii la portiera e mi chiusi dentro l'abitacolo: accesi il motore rabbiosamente e in un attimo ero già in direzione Forlì.

Le linee paralleleWo Geschichten leben. Entdecke jetzt