34.

8 1 0
                                    

Ivan non credeva di aver avuto tanta fortuna.
Voleva dire che aveva calcolato male un sacco di cose, penso' fra se' tamburellando le dita sul vetro della cella vuota.

Non avrebbe visto qualla branda candida riempirsi tanto presto come aveva sperato, ma l'eccitazione era quasi incontenibile.
Era la prima volta che si imbatteva in quella combinazione genetica: la ragazza poteva dunque pilotare la sua metamorfosi in altre forme animali.
Certamente la cosa doveva avere un suo prezzo, ma se era vero, le conclusioni erano sbalorditive.
Era di sicuro il risultato di un pool genetico misto, quello che fino a quel momento aveva cercato o sperato di ottenere in laboratorio.
Quegli occhi che stregavano la sua mente erano dunque il risultato sperato di anni di studi.

Aveva sempre riscontrato che i mutaforma erano solitari, vivevano ai margini della societa'; questo perche' attorno al 1550, gli anni dell'inquisizione, un certo fra Melchior Cano dell'ordine di s.Domenico, istitui' una segreta operazione di annientamento di queste creature.

Documenti sporadici, scritti di provenienza bolognese, avevano messo Ivan sulla strada giusta e quello che aveva scoperto era stato nascosto sotto centinaia di anni di scartoffie e insabbiamenti da parte della Chiesa, come molto di quello che riguardava le stragi in nome del Signore, del resto.

I mutaforma avevano costituito delle comunita'  montane a tutti gli effetti, in cui gli incroci genetici erano all'ordine del giorno.
Famiglie di licantropi che si incrociavano con altri mutaforma avevano destato lo sdegno della Chiesa che non aveva esitato a stroncare e ad annegare nel sangue quello che ai suoi occhi era abominio.

Molte comunita' montane abbandonate dell'Appennino ne erano la prova.
E da quel momento i mutaforma erano scomparsi, vivendo solitari ed evitando qualsiasi forma di aggregazione.
Perche' se gia' essere soli era pericoloso, in gruppo poteva essere ancor peggio.

Ma Ivan aveva sempre sperato che qualche linea di sangue misto potesse essere sopravvissuta allo sterminio, lo sapeva che non stava inseguendo una chimera.
Il senso di vittoria lo pervase come lava bollente mentre rimirava la cella davanti a se' e gli sguardi che sentiva sulla sua schiena erano come carezze, fnalmente.

Si giro' per fissare di rimando le due paia di occhi che lo scrutavano attraverso il vetro del suo ufficio sovrastante, dove due uomini anziani in giacca e cravatta avevano un mezzo sorriso sul volto: le barbe bianche e gli occhi cristallini non erano l'unica cosa che avevano in comune.
Connotati identici si riflettevano nel vetro dove l'unica differenza stava nei capelli; il primo li aveva completamente rasati, mentre il secondo candidi e lunghi fino alle spalle.
Due facce della stessa moneta.

Ivan si tolse i capelli dalla fronte con un gesto abituale e prese di tasca il telefono.
Tutto era diverso, adesso, e anche l'approccio doveva esserlo.

"Ritiratevi, immediatamente." disse, chiudendo subito la comunicazione.
Si giro' subito, camminando a passo svelto chiudendo il primo bottone della giacca e mettendo il telefono di nuovo in tasca.

Quando il maggiordomo lo vide arrivare all'ingresso fu rapido a premere sull'orologio da polso dicendo:" Levi" e subito gli porse cappotto e sciarpa aiutandolo a indossarlo.

La luce del sole sulle montagne innevate era abbacinante, ma queste non attirarono lo sguardo di Ivan, che monto' sull'auto che arrivo' rombando nel viale quasi senza avere il tempo di aprire la portiera.
Seduto dietro a una cortina di vetri oscurati, chiuse gli occhi un minuto, mentre la macchina era gia' sulla strada principale: voleva continuare a vederli nella mente, quegli occhi.
Perche' presto li avrebbe visti dal vero.


Le linee paralleleWhere stories live. Discover now