Capitolo 95

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-Gwen- mi voltai nella direzione della voce di Mat.
Stava venendo verso di me con un'espressione del volto che era tutto un programma, mentre mio padre più dietro parlava con Gustavo.
Federico era a debita distanza di Dols e sospirai per questo.
Cosi lontani che facevo fatica a realizzarlo.
Ecco, questa era la fine dei segreti.
Si tiravano per le lunghe e mi venne in mente un detto siciliano che avevo sentito dire a mia madre quando presa dall'ira se ne usciva fuori con queste sue perle di saggezza.
Esattamente in siciliano non lo ricordavo ma più o meno faceva: il cornuto è sempre l'ultimo a saperlo.
Il che parafrasato avrebbe voluto significare che, tutti quanti erano a conoscenza del danno eccetto chi il danno lo subiva.
Ero lì in piedi, e fingevo una discussione con Hernan Crespo, provando a metterci tutta l'enfasi che potessi ma in realtà sarei voluta trovarmi altrove.
Tipo a casa mia, nella mia piccola camera a Casellette, mi sarei voluta sedere su quel solito tappeto che mi aveva ospitata parecchie volte e mi serei messa con il mento sulle ginocchia a guardarmi riflessa nello specchio.
Il silenzio a circondarmi e tutto sarebbe tornato a posto, a modo suo ma sarebbe comunque tornato a posto.
-c'è la mia famiglia, grazie Hernan ci vediamo domani- cosi l'avevo salutato e gli ultimi passi verso Mat li feci io.
C'era una folla assurda in quel corridoio, gente che non conoscevo e che aveva il nostro stesso privilegio di potersi trovare li a cosi pochi centimetri di distanza non solo dai calciatori ma da un mondo a parte che si veniva a creare.
Le potevi quasi vedere tutte quelle emozioni che si ingarbugliavano tra di loro come fili tessuti in una stessa trama.
C'era solo del cemento, neanche troppo spesso a dividere due spogliatoi.
Una squadra che perdeva ed una che invece festeggiava vittoriosa.
Era un mondo, fatto di una realtà ben diversa e lontana dalla vita perché se in campo alla fine ci doveva per forza essere un vincitore, nella vita forse non si vinceva mai o forse ancora , a modo suo si vinceva sempre.
-hai ancora lavoro?- scossi negativamente la testa alla domanda di Mat e nonostante le caviglie mi facessero un male cane, non scesi dai tacchi anzi ,piuttosto camminai li sopra con maggiore velocità.
Gustavo mi guardò, era la prima volta che cercasse un reale contatto con i miei occhi e io non glielo negai perche tanto che valeva sfuggiare al suo sguardo?
Da solo poteva capire che di certo non ero felice che Antonella si trovasse lì però, importava a Paulo e quello tanto valeva.
-scusate, io ho tutta la mia roba nel camerino- in cui sarei voluta fottutamente scappare.
Federico mi guardò sospirando, mancava Mariano perché era con Paulo per i soliti impicci post partita mentre Lautaro stava freneticamente rispondendo a qualcuno tramite messaggio.
-io ho un posto libero in macchina, mi porto tuo padre- ringraziai Gustavo non prima di aver chiesto se a mio padre andasse bene.
-pensate di ritardare di molto?- mi chiese
-non lo so, il tempo di organizzarci- annui senza più chiedere altro e lui e sua Moglie con Alicia, mio padre e Dols andarono via.
Non volevo assolutamente rimanere lì , mi serviva un posto in cui sedermi e dovevo cambiarmi.
Non credevo di riuscire più a sopportare questo completo elegante.
-Lauti, che fai vieni con noi?- guardò noi e gli amici di Paulo e sapevo bene che avrebbe scelto quelli perché li conosceva bene in quanto anche amici suoi.
-vado con loro- annui d'accordo con lui e quando lo vidi arrivare in quel preciso punto, poi presi a fare la strada verso il mio camerino.
Nessuno dei tre stava parlando, c'era già un enorme chiasso così e la mia testa sembrava capace solo ad amplificarlo.
Quando apri la porta, la prima cosa che feci fu togliermi le scarpe e la giacca.
Mat si sedette sull'unica sedia libera mentre Fede, ancora forse un po in imbarazzo con Mat perché non avevano avuto tanto modo di conoscersi, rimase in piedi.
-qualcuno di voi due ha la propria sigaretta elettronica?- Fede la tirò fuori immediatamente e me la porse.
Lo ringraziai con lo sguardo e l'accesi pigiando sul bottoncino per poi aspirarne immediatamente un tiro.
-non tenerti tutto dentro- già.
Perché io ero solo brava ad incassarli i colpi ma mai ad esternarli.
Scossi la testa, aprendo quella finestra e guardando il casino che c'era fuori dallo stadio.
La luce gialla dei lampioni era finta e rendeva il mondo di un colore arancione che non mi piaceva per niente.
Mat si alzò da li per venirmi ad abbracciare e lo lasciai fare, sapeva che lo permettevo solo a lui e che sarebbe stato tutto quello che sarei stata in grado di fare.
C'era qualcosa in me che non andava,lo percepivo dal modo in cui il mio corpo non si fosse rilassato al tocco di Mat.
Non fu per niente una bella sensazione, provai del panico anche se non lo diedi a vedere, del puro e inquantificabile panico che mi mozzò il respiro
Restitui la sigaretta al suo proprietario e misi ai miei piedi un paio di comode scarpe sportive.
Le vans old school nere, facevano a pugni con l'elegante pantalone che avevo addosso ma, questo era l'ultimo dei miei dannati problemi.
-va bene per voi se chiamo un Taxy?- Fede mi guardò quasi colpito dalle mie parole.
-non andiamo con Mariano?- scossi negativamente la testa.
-no, ma hai ragione...Dols ti starà sicuramente aspettando- infilai i tacchi nel borsone e fu Mat a prenderlo in spalla al posto mio.
-no, avevamo già parlato e lei era arrabbiata con Paulo- sorrisi mestamente.
Forse, non valeva nemmeno arrabbiarsi.
-Fede..- mi guardò in attesa che continuassi.
-devi dirglielo. Non gli altri al posto tuo ma tu. Non è una cattiva persona, e non è vera nemmeno la storia che è all'antica. È suo padre ed è normale che cerchi di proteggere sua figlia però , se io fossi un genitore apprezzerei molto che il ragazzo o la ragazza dei miei figli cacciasse fuori il coraggio per farsi avanti.
Saprei che non si è messo con uno senza palle- studiò quello che ebbi da dirgli e poi annui abbracciandomi.
-ti voglio bene Gwen- accarezzai la sua schiena in quel mezzo abbraccio e poi tutti e tre uscimmo fuori da quel camerino.
Accompagnammo Federico fino a quel solito gruppo e mi accorsi che Andres non ci fosse tra loro.
A pensarci bene, non l'avevo visto ne prima ne durante la partita.
Speravo che stesse bene; con lui non era stato affato difficile diventare amici.
Mi era piaciuto per il suo carattare leale e assolutamente per niente costruito.
Era quel che era, argentino dalla punta dei capelli, estremamente esuberante e con quel pizzico di sale sulla punta della lingua che gliela rendeva pungente.
Se eri suo amico non potevi sottrarti alle battutine sottili, quelle dette lì che sembravano non avere un perché ma poi, puntualmente dopo un paio di giorni che continuavi a pensarci, improvvisamente assumevano una forma più consistente e capisci che si, Andres parla poco , ma neanche tanto a dire la verità, però quel poco che dice sembra essere misurato con il metro da sarta e calza a pennello in qualsiasi situazione.
Già, l'ho pensato anche io.
Avevo capito fin da subito il perché mi fosse piaciuto, prima e più degli altri...perché era come Mat, beh forse il mio migliore amico parlava molto di più ma, seppure nella sua poca sobrietà che gli circondava la vita, nulla di certo lo poteva classificare scontato o anche solo lontanamente banale.
-ciao- Nahuel mi salutò immediatamente e poi subito dopo Federico Beltran mi sorrise.
-ciao- salutai anche io
-Lauti, Federico viene con voi e potresti dare questo a tuo zio?- gli consegnai la copia delle chiavi della sua stanza al Bronnitsy che aveva fatto fare per me.
Lauraro ovviamente non sapeva cosa fosse quindi la accettò di buon grado e se la infilò nella tasca posteriore dei jeans che stava indossando.
-non aspetti Paulo?- il tono sorpreso di Nahuel quasi mi sembrò un urlo stonato nelle mie orecchie.
-no, eravamo rimasti cosi altrimenti non ci sarebbero stati posti per tutti- era una balla che reggeva perfettamente in piedi e cosi, senza ulteriori scuse io e Mat andammo via da quello stadio.
Prima che uscissi definitivamente, incappammo nella squadra croata e quando Mario mi riconobbe, mi venne incontro abbracciandomi e sollevandomi dal suolo.
-auguri- gli sorrisi felice per lui.
-siete stati bravissimi- certamente più bravi degli altri.
-grazie piccola Gwen- mi scompigliò i capelli e poi mi rimise a terra.
-non bere troppa birra, mi raccomando- rise della mia stupida raccomandazione e poi andò verso gli spogliatoi a lavarsi.
Il cellulare stava vibrando nella tasca della mia giacca e lo ignorai volutamente.
Sapevo che non era mio padre perché avrebbe chiamato direttamente al numero di Mat .
Quando uscimmo fuori dallo stadio, cercai la macchina dell'azienza e appena riconobbi il Mercedes nero guidato da Franz ,che stava in piedi affianco alla macchina, quasi planai fino a lui.
-buona sera signorina Meneghini- aveva quell'accento russo che mi divertiva parecchio.
-buona sera Franz, pronti per quest'ennesimo viaggio?- mi sorrise e chiuse la porta non appena ci vide dentro, comodamente seduti.
-è un coglione!- sembrava che Mat avesse aspettato tanto a lungo per potersi liberare di questo peso.
Lasciai che parlasse esternando il suo dissenso ma nessuna di quelle parole mi colpi e mi chiesi da quando tra me e Mat ci fosse questa specie di patina velata .
Mi impaurì la consapevolezza che Paulo avesse occupato tutti gli spazi della mia vita, sostituendosi a molti e il fatto che io gliel'avessi lasciato fare mi scosse cosi tanto che mi sfuggi una lacrima.
La macchina iniziò a muoversi, operando quelle solite manovre di sempre per uscire da quell'immenso parcheggio super vigilato.
Mat continuava a parlare e gesticolare come tutti gli italiani, proprio per dare maggiore enfasi ai suoi pensieri e distrattamente lo guardai mentre la giugulare nel collo sembrava che gli si ingrossasse con ritmo.
Guardai poi da fuori il finestrino della macchina, con la testa leggermente appoggiata su di esso e gli occhi persi a guardare un punto non preciso dell'infinito.
Il rumore della macchina che si muoveva sull'asfalto bagnato dalla pioggia, mi riempì le orecchie e mi accorsi che si, alla fine i libri che avevo letto da ragazzina non era poi così distanti dalla realtà.
Magari non avrei avuto la solita tipica canzone melodrammatica in sottofondo, a far compagnia a pensieri per niente felici ma, il mio sguardo era perso.
Mi sentivo come se avessi perso la bussola da qualche parte all'interno di me e che non riuscissi a non ritrovare non lei ma addirittura me stessa.
Per la velocità con cui la macchina si muoveva ,sicura sull'autostrada, le luci delle automobili che ci transitavano nella corsia accanto miste a quelle delle imponenti strutture edilizie, inziavano ad essere come lunghe scie luminose.
-a cosa stai pensando?- interruppe il suo monologo per capire cosa invece io più che altro stavo provando e non troppo pensando.
Sconforto?
Paura?
Non sapevo dirlo con certezza ma, volevo Paulo e non lo volevo contemporaneamente come se averlo accanto potesse finalmente acquietare queste strane sensazioni ma questo alle stesso tempo non avrebbe fatto altro che confermare che Paulo era diventato come parte integrante del mio essere.
Non era più un amore di quello adolescenziale che non ti fa dormire la notte e ti chiude lo stomaco, forse tra di noi addirittura non lo era mai stato.
Questo era molto peggio.
Era quell'amore che ti lasciava vuota, con niente dentro a parte la terribile sensazione di mancanza.
Pensai a cosa sarebbe successo se Paulo mi avesse confessato che Antonella era ritornata come un tarlo nei suoi pensieri.
Che l'amore per lei non si era consumato ma, l'avevo offuscato solo per qualche tempo, come una specie di nuvola passeggera.
Non mi sentivo bene.
Quando esattamente Paulo era iniziato a diventare il centro del mio mondo?
Ero certa che seppure me ne fossi accorta, avrei comunque lasciato che le cose andassero come dovevano andare.
Non potevi in alcun modo arrestare un sentimento, perché credo fermamente che non dipenda da noi.
Non lo puoi controllare.
Altrimenti non esisterebbero i colpi di fulmine e allora a quel punto mi sembrerebbe persino che l'amore fosse solo una specie di realtà costruita mentalmente.
Invece,No!
Non poteva essere finto tutto quello che Paulo mi aveva fatto provare.
Come poteva ridursi a niente, tutta la felicità che avevo vissuto insieme a lui?
La sensazione di pace interiore che provavo quando lo vedevo dormire sereno di fianco a me sul letto.
Il sorriso spontaneo che mi abbelliva il volto al sentir solo nominare il suo nome .
Le maglie lasciate un po ovunque a casa, quelle che raccoglievo da terra annusandole, per aspirarne il suo buon profumo.
Il suono della sua risata che mi fa saltare i battiti del cuore; i suoi occhi che immaginavo anche a lavoro quando lo sentivo troppo lontano da me e invece era solo agli allenamenti.
La voglia di tornare a casa mia e sapere di trovarlo li, su quel divano con i capelli costantemente bagnati ad inzuppare il cuscino rosso.
-non saprei cosa fare- non completai nemmeno la frase.
Mat si voltò verso di me, con la bocca aperta a metà di una frase che non aveva completato e mi guardò, forse pensando che fossi del tutto impazzita.
-l'amore, non dovrebbe mai ridurti cosi- e non aveva torto perché, mi sembrava che in qualche modo Paulo avesse strappato quel girasole dal giardino.
All'improvviso si zitti per il rumore del suo cellulare, lo pescò dalla tasca dei suoi pantaloni e non mi stupi affatto che fosse Paulo ad averlo chiamato.
Pensai che avrebbe ignorato la chiamata, invece gli rispose e anche parecchio sgarbatamente.
Forse, un po mi infastidi.
-che cazzo vuoi? Hai finito di fare il principe azzurro con quella rana? Ti spaccherei la faccia, credimi- rimasi in silenzio pensando se il primo pugno se lo sarebbe beccato Mat per il tono insolente e sgarbato con cui si era rivolto a Paulo o a Paulo che mi stava facendo sentire come un fiore appassito.
Paulo stava urlando il che era strano per lui perche Paulo non urlava mai a meno che non fosse sull'orlo di una crisi nevrotica.
-no, non te la passo- invece la mia mano istintivamente si era mossa verso quel telefono.
Mat mi guardò confuso, come se non mi riconoscesse più e mi passò il cellulare come se fossi totalmente cambiata e lui non se ne fosse reso conto .
-pronto?- chiusi gli occhi
-Gwen- il mio cuore sembrò bloccarsi tra un battito e l'altro.
-non fare il pazzo- gli dissi perché non era necessario farsi venire una crisi isterica quando le cose avevano sempre una soluzione.
Lo capivo che non era proprio il momento migliore per aggiungere problemi di coppia ad una lista lunga di problemi con quella diavolo di squadra di calcio ma, certe cose vengono quando meno te le aspetti.
-dove sei?- mi chiese e sentii Mariano obbligarlo a bere dell'acqua
-in macchina per l'hotel dove alloggia Mat e, Paulo bevi l'acqua- mi sembrava assurda questa situazione.
-ti sto venendo a prendere- staccò la chiamata .
Restitui il cellulare a Mat e lo abbracciai piangendo, liberandomi.
Mi capitava poche volte, quelle di scoppiare in lacrime cosi come se si fosse rotto il sifone del lavandino.
-Gwen- mi strinse su se stesso.
-scusa- gli dissi e lui mi baciò la fronte.
Scusa per tantissime cose.
Mai mi ero sentita strana come poco fa con Mat, mai perche eravamo cosi compatibili e il fatto che il lavoro ci avesse tenuti lontani aveva sporcato qualcosa che nella mia vita non si sarebbe mai alterato.
A costo della vita.
-sei la mia persona- glielo sussurrai e lui lo sussurrò a me.
Sapere che Mat fosse ancora lì nella mia vita, al solito posto e con la stessa importanza di sempre.
Furono i migliori venti minuti della giornata, perche su quelle ginocchia che mi stavano ospitando mi risentii apposto.
Mat sembrava un bravo vasaio a rincollare i cocci rotti  di un vaso cosi minuziosamente che nemmeno ti accorgevi di alcune crepe.
-sai che non vorrei mai che lui cambiasse qualcosa del tuo carattere- annui ben consapevole a cosa stesse facendo riferimento.
Non avevo mai permesso a qualcuno di calpestare la mia opinione e nemmeno Paulo l'avrebbe fatto quindi, mi stava indirettamente invitando a pretendere delle spiegazioni e delle scuse.
Ed io, la pensavo esattamente come lui.
Quando arrivammo nell'hall dell'hotel, Mat mi teneva ancora stretta a se stesso e diceva quelle stupide battutine con imitazioni della voce di Antonella che mi facevano ridere.
A momenti sembrava che tra me e lui, fosse Mat quello a tollerarla meno e probabilmente sarebbe proprio stato così perché Mat aveva un concetto di relazione veramente fermo all'età di dodici anni.
Mat voleva il messaggio del buongiorno, quello del buon pranzo, del buon pomeriggio, della buona notte.
Era praticamente una convivenza telematica, io al contrario odiavo avere rapporti con le persone che fossero così digitalizzati.
Certo, avere la possibilità di sentire Paulo per telefono quando era lontano da Torino chilometri e chilometri non era poi cosi male ma, allo stesso tempo ogni volta che staccavo la chiamata, stavo sempre un po' peggio.
Ve la ricordavate Verona?
Quella griglia piena di lucchetti con su scritti due lettere? Iniziali di due nomi che costruivano una storia d'amore.
Allora dissi che no, io e Paulo non eravamo fatti per gesti eclatanti, che non ci sarebbe stato nessun lucchetto di cui avremmo buttato la chiave, anche adesso se mi guardavo dentro non avrei fatto niente di diverso di quello che ci aveva condotto fin qui.
Poi, i miei occhi si posarono nuovamente sulla mia mano destra, su quell'anello e no.
Non poteva essere una finzione.
Lo accarezzai,chiudendo gli occhi e pregando che Paulo non mi avrebbe strappato il cuore dal petto.
Come se il mio pensiero lo avesse materializzato, egli difatti entrò dentro, salendo gli scalini dell'ingresso, con un'irruenza che il facchino all'entrata, intento a inserire le valigie in quel tipico carrello di ottone ,si fermò giusto in tempo per  guardarlo con un'espressione del volto sbalordita e forse anche impaurita.
A momenti lo tramortiva sul tappetto rosso dell'ingresso e non si sarebbe curato di vedere se stesse bene, non perche Alicia non l'avesse cresciuto educatamente ma semplicemente perché anche qui, vedevo un volto che sembrava innaturale.
Non aveva gli occhi di sempre e quello non sembrava il mio Paulo.
Mat rise, guardandolo mentre stavamo seduti su quel divanetto all'ingresso a bere una tazza di tisana ai frutti rossi.
Una schifezza assoluta che sapeva di gomma alla fragola.
Quando mi schiarii la voce, Paulo si girò immediatamente chiudendo gli occhi non appena mi vide.
Mattia assunse quella tipica aria da perfetto stronzo e posò una mano sul mio ginocchio come a voler dire che doveva vedersela anche con lui.
Trattenni un piccolo sorriso baciandogli la guancia, con quello strato di barba che si stava lasciando crescere perche al suo nuovo compagno, Federico lo storico ragazzo che gli sbavava dietro da anni, piaceva con questa sembianza più mascolina.
-Mat ti giuro che non è come pensate- si, perché Mat quando faceva cosi il serio, quasi incuteva terrore.
-io ti spezzo le gambe. Dybala tu fa soffrire l'unica donna della mia vita ed io ti spezzo le gambe- Paulo guardò me mentre il mio volto non si smosse nemmeno di una ruga.
Impassibile.
-queste sono le chiavi della mia camera...se hai bisogno sono fuori a fumare- cosi Mat lasciò scivolare la sua scheda magnetica tra le mie mani e si alzò baciandomi la fronte per poi allontanarsi da li con due grosse falcate senza salutare Paulo.
Certo, un po infatile lo era pure.
Poi, mi alzai anche io puntando invece l'ascensore che ci avrebbe condotti al decimo piano.
Conoscevo la posizione della stanza, essendoci venuta poco dopo l'ora di pranzo e cosi non fu difficile raggiungerla.
Fu Paulo ad entrare per primo e dopo dì che lo feci anche io, chiudendomi la porta alle spalle.
Si sedette sul materasso mentre io preferii rimanere in piedi, convinta che ipoteticamente potessi avere una messa a terra in cui tutta l'elettricità che avevo accumulato durante il giorno, da li sarebbe potuta andare via.
-non ho invitato io Antonella- mi disse immediatamente
-nemmeno Nahuel- continuò.
No? Allora questa qui come diavolo c'era arrivata ai mondiali in Russia, seduta in tribuna d'onore ?
Sembrò capire che se non si fosse spiegato meglio, io avrei avuto serie difficoltà a credergli in parola.
-Lo scorso anno, quando hai mandato i miei documenti alla AF Argentina, tra i miei contatti c'era il nome di Antonella-si, me lo ricordavo perche avevo fatto il favore ai suoi fratelli, occupandomi ,durante una domenica pomeriggio, di sistemare la corrispondenza con la selecction albiceleste.
-Mariano, ha dimenticato a modificarli- quasi mi venne da ridere
-nel senso che Antonella risulta ancora la tua fidanzata?- chiesi conferma e lui annui, cosi piano che mi fece una tenerezza assurda.
-quindi, è colpa di Mariano se Antonella è qui?- mi guardò provando a capire se da adesso in poi mi sarei accanita contro suo fratello o se invece stavo inziando a trovare assurda la cosa.
-non ci ha più pensato perché tu saresti comunque venuta al mondiale e saresti stata in tribuna d'onore per il lavoro con la Sky per cui non si è posto il problema di farti avere un pass e i biglietti per le partite- il che aveva un nesso logico perché la mia presenza era stata scontata dal momento che ero li non per tifare l'Argentina, cioè quello dopo, ma principalmente per lavoro.
-quindi Antonella ha avuto tutti i biglietti per le partite e il pass- conclusi io per lui.
-si, siccome non si è fatta viva nelle due partite precedenti, a nessuno di noi è venuta in mente la sua faccia ne la sua presenza. Tranne che tre giorni fa quando Mariano ha scoperto che il posto di Antonella, piuttosto che risultare libero come sarebbe dovuto essere per tuo padre, è risultato già occupato- quindi, all'improvviso Antonella aveva trovato carino presentarsi.
-tu lo sapevi da tre giorni ?- scosse immediatamente la testa
-no, te l'avrei detto.- fui felice della sua risposta.
-l'ho saputo stamattina prima della conferenza, ma non ci siamo visti prima di allora e dopo è stato troppo tardi- praticamente mi lanciai sul suo corpo, obbligandolo a stendersi sul letto.
Gli riempii il volto di baci facendolo sorridere.
Mentre i miei occhi piansero.
Fu come se dalle mie spalle fosse improvvisamente rotolaro via un enorme sasso e potessi ritornare finalmente a respirare con normalità.
-quindi Antonella non è qui perché nessuno di tutti voi la trova più simpatica di me- rise della mia voce sciocca con cui pronunciai quella frase.
-Andres sprizza gioia da tutte le parti- risi contenta.
Andres era il migliore!
-e tu?- mi guardò, puntandomi addosso quesi suoi occhi verdi, belli come se nient'altro nel universo avrebbe potuto reggerne il confronto.
-io? Io sono follemente innamorato di te Gwen. Mi sono sentiro morire mille volte da questa mattina. Io...io non so più come sarebbe la mia vita se non ti avessi accanto a me- poggiai delicatamente le mie labbra sulle sue.
Era smielato il concetto che aveva detto e pr questo io forse mai sarei stata in grado di esternarlo ma era cosi che mi ero sentita.
Come a camminare su una sottilissima corda in mezzo al vuoto nella quale sarei potuta precipitare facendomi non solo del male, ma distruggendomi definitivamente.
Patetico?
Anche molto di più ma, non era finzione quando le persone si ammalavano d'amore.
Fino a morirne?
Si, fino a morirne.
-menomale che non eri gelosa di Antonella- gli diedi un pugnetto sulla spalla.
-stronzo!- mi baciò la bocca.
-quindi sono perdonato? Mat non mi ammazzerà?- scossi megativamente la testa.
-no, non ti ammazzerà perché poi avrebbe me sulla coscienza- mi strinsi a lui.
-però, potrebbe ammazzare Antonella- entrambi ridemmo consapevoli che Mat quando ci si matteva sapeva decisamente essere cattivello, con le sue battute stupide ed irritanti.
-viene al barbecue con noi?- gli chiesi preparandomi psicologicamente all'eventuale ipotesi che me la dovessi ritrovare seduta a tipo alcune sedie di distanza.
-no, la mia famiglia non è più la sua ma la tua e tuo padre mi ha guardanto anche peggio di come mi ha guardato Mat...ah, si anche mia madre prima che Mariano glielo spiegasse mi ha guardato male- ridacchiai
-tutti contro di te per me, chi è la regina?- mi morse un labbro
-tu, ma sei mia e nessuno deve impicciarsi nelle cose nostre- la pensavo esattamente come lui.
-nessuno- forse tutta questa storia l'aveva distratto dal tre a zero con cui avevano perso o forse arrivati a questo punto non gliene importava più perché sapevano che quest'anno il mondiale non potevano vincerlo.
Rimanemmo sul letto, come due adolescenti appena scampati ad una brutta catastrofe d'amore, lì su un letto ormai sfatto dal nostro peso.
-forse dovremmo scendere- sussurrai piano ma Paulo semplicemente allungò la sua mano lasciandola strisciare sulle lenzuola e afferrò la mia.
La strinse intrecciandone le dita e rimanendo in silenzio.
Un silenzio che sembrava quello prima di un grande boato, tipico di tutti quei film di guerra.
-non trattenerti le cose dentro- sembrava ipocrita da parte mia dirglielo, perche io ad esempio non sapevo come fare per esternare tutte le emozioni che mi attraversassero.
Mi misi sdraiata su di un fianco ad osservargli il profilo del suo corpo.
-ho avuto paura- non lo disse forte, ma quasi sembrò che questa confessione lo stesse in qualche modo lacerando.
-mi sono sentito come se mi avessi lasciato e ho pensato al quel diamine di ventisei Settembre del duemilanove- mi avvicinai immediatamente al suo corpo senza parlare ma lasciandolo sfogare.
Probabilmente, questa mezza situazione aveva più destabilizzato lui che me o per lo meno Paulo sembrava avere più demoni che avevano  appena bussato alla sua porta.
Mai ci era capitato di parlare del giorno in cui suo padre era morto; certo mi aveva raccontato dell'ultima frase che se erano detti, quando Paulo era ignaro che da li a poche ore suo padre sarebbe definitivamente passato a miglior vita e per questo e per tante altre mille cose, mi accorsi che volevo stare lì .
Volevo potergli stare accanto, in mezzo a tutta questa paura che gli stava attanagliando tutto,non solo lo stomaco.
Allora, decisi che il primo passo dovevo farlo io.
Dimostrargli che mi fidavo di lui, che avrei condiviso con lui il più grande dei miei segreti, quello che mi ero tenuta per me.
-erano le tre e dodici del pomeriggio, avevo la febbre da quasi una settimana- faceva un sacco male ricordarlo
-mi faceva male la testa e non riuscivo neanche più a muovere le gambe. Papà pensava che avessi beccato una di quei terribili virus stagionali che ti portano tanto male alla pancia e la febbre alta e siccome mangiavo quasi niente perché dopo sembravo sempre stare peggio, credeva che mi sentissi debole a causa di questo- lasciai che quelle dannate lacrime venissero giú
-era il mio compleanno, c'era Mat su quella sedia delle mia cameratta e mi stava raccontando della giornata a scuola.
Flavio si era lasciato espellere per aver combinato una delle sue solite stronzate a scuola e mi stava più o meno imitando le urla della professoressa di Storia Medievale- la professorezza Sermenghi, aveva dei capelli cosi rossi che sembrava che sulla sua testa le si fosse materializzata la lava.
-stavo male, facevo persino fatica ad ascoltarlo ma ho sempre avuto questo dannato vizio stupido di non saper chiedere aiuto e cosi ero rimasta in silenzio e non mi ero nemmeno resa conto che stessi svenendo, perche mi sentivo cosi praticamente da almeno quattro giorni- rimanevo nella stessa posizione sul letto per ore intere perche facevo fatica a muovermi su di esso.
-è stato Mat a capire che ci fosse qualcosa che non andava. Mi ha raccontato di essersi messo ad urlare e che c'era solo la signora delle pulizie in casa e che lei non sapeva cos'altro fare quando mia madre non ha risposto al cellulare.
Mat ha chiamato il centodiciotto- mi guardò
-cos'è il centodiciotto?- mi chiese
-l'ambulanza per andare in ospedale- mi strinse ancora di più la mano.
No, a Paulo gli ospedali non piacevano affatto.
-non ricordo altro di quel momento ma, quando mi sono svegliata avevo quel tubicino nel naso e aghi su tutte le braccia- pensavo che da un momento all'altro sarei scoppiata perche non credevo avessi più spazio a sufficienza per infilarci un ago.
-mi avevano addormentata, perche quando mi ero ripresa sulla barella nell'abulanza, Mat ha detto che avevo urlato forse dalla paura o forse perché stavo male. Questo non lo so- mi accarezzò il volto baciandomi la punta del naso.
-non c'era ancora mia mamma ma, c'era mio padre e mi aveva guardata come si guarda qualcuno che stai per perdere e li ho capito che mi stava capitando qualcosa di brutto- mi guardò e i suoi occhi erano verdi ma pieni di acqua e per questo molto più luminosi.
-ho pensato che da un momento all'altro non avrei più ne visto ne sentito ed ho avuto paura. Ho pensato che c'erano ancora troppe cose che volevo fare e che avevo rimandato perche pensavo di avere tanto tempo ancora e in quel momento mi sembrò come se qualcuno mi avesse fatto un enorme torto. Mi sono chiesta tutti i giorni perche a me.
Se ci fosse un'equazione matematica capace di spiegare perche c'ero finita di mezzo io che in famiglia avevo avuto parenti tutti ottimi in salute-ricordavo tutte quelle cose che mi passavano per la testa ogni qualvolta mi sdraiavo su quel lettino e mi piantavano gli aghi e quello schifo dal colore giallo iniziava a scorrermi dentro.
-ho perso i capelli, le sopracciglia ancora prima delle ciglia, ho perso le unghia e poi piano piano ho perso la capacità di distinguere i gusti- qualsiasi cosa mangiassi aveva sempre il solito sapore di sempre.
-cosi, ho creduto che forse era meglio non averlo un futuro se tutto doveva schifosamente apparire piatto- non c'era stato un singolo istante in cui non avessi pensato stupidamente che non la volevo una vita che sembrava grigia.
-ho paragonato la mia vita al grigio e non mi stava bene, ecco perche quando sono arrivata a casa tua la prima volta non sono riuscita a trattenermi quel commento poco carino- mi sorrise tirando su con il naso perche era evidentemente scosso dal mio racconto.
-sono stata in quel letto di quella stanza per più di otto mesi- dove ci avevo portato lui prima di Natale permettendogli definitivamente di entrare a far parte della mia vita.
-i primi quattro sono stati veramente colmi di buio. Mi faceva male persino respirare e non riuscivo a dormire perché provavo dolore da dentro, senza sapere precisamente il punto esatto dove si concentrasse. Era un male avvolgente e cosi, mi ero chiusa su me stessa più di quanto da sola non facessi e Mat ha parlarto per entrambi.
Mi ha comprato imbarazzanti capelli per coprire la mia testa nuda e mi ha truccata seguendo un tutorial sul youtube impiastricciandomi la faccia di cosmetici- risi al ricordo.
Mat era stato fondamentale nella mia malattia.
Il più fondamentale di tutti.
Mi aveva guarita prima e meglio delle medicine e dei medici che erano venuti persino da Alabama e Boston.
Mio padre era impazzito al telefono e non si dava pace, come se la colpa era la sua per non essersene reso conto.
-l'undici Settembre, mi ero sentita insolitamente meglio e avevo chiesto a mia madre di scendere giù al bar a prendermi qualcosa. Non c'era nessuno a parte me e le infermiere di turno e...non ero stupida perché mi era sempre piaciuto il lavoro di mio padre. Sapevo la storia che prima di morire i pazienti hanno quell'ultimo sprint di vita cosi, ho chiamato il dottore e gliel'ho detto- l'avevo praticamente spiazzato al punto che non aveva saputo darmi una risposta.
-sono stata una giornata intera ad aspettare che sentissi qualche odore strano. Tipo odore di limoni no? Da qualche parte avevo letto che era uno di quei bei odori che percepisci prima di morire- non chiedetevi come ne fossi a conoscenza ma sicuramente l'avevo letto in uno di quei miriadi di libri che avevo divorato durante la mia adolescenza appena iniziata.
-quando è arrivata la mezzanotte ho avuto paura, perché ero piccola seppure avessi diciassette anni e ho pensato che mi sarebbe mancata la voce di Mat, dei miei genitori e dei miei nonni. Ho pensato che avrei voluto addosso uno di quei maglioni caldi che mi aveva fatto mia nonna e che avrei voluto tanti dolci, quelli di cui mi ero privata perche dovevo fare attenzione alla linea- fui io a cercare l'ennesimo contatto con Paulo.
- ho pensato che avrei voluto vedere giocare Gonzalo ancora una volta, che avrei voluto vedere la Juventus vincere la Champions, che avrebbero approvato una legge sui diritti omosessuali che avesse il mio nome e che dovevo accompagnare Mat in qualsiasi posto scegliesse e darlo in sposo al suo futuro marito- Paulo rise per tutti i miei sogni
-ho avuto paura di tante cose, che nei mesi passati avevo ignorato perché volevo che la morte in un certo senso mi trovasse pronta- stetti alcuni minuti in silenzio e poi ripresi a raccontare.
-quella mattina successiva quando mi sono accorta che ero viva e che non c'era nessun tunnel bianco attorno a me ma il solito volto di Mat che amavo cosi tanto. Ho deciso che non era la mia ora. Che meritavo di stare sulla terra perché sono sempre stata una che le cose che vuole le ottiene, magari con tanto sacrificio ma non mi sono mai arresa, cosi ho iniziato a studiare lo spagnolo e il francese. Mio padre ha pagato per me due professori madrelingua che venivano alternandosi uno la mattina e uno la sera- le avevo imparate velocemente nell'arco di alcuni mesi, favorita dal fatto che fossi decisa a non demordere minimamente.
-continuavo alcuni cicli di chemio e cosi avevo preso in giro Mat dicendogli che avrei voluto un documentario di me che raccontavo come avevo sconfitto il tumore semplicemente con il buon umore- una scusa
-in realtà l'ho fatto perche se non fosse andata bene, Mat e i miei genitori avrebbero avuto qualcosa da guardare e risentire perche ho sempre creduto che la voce fosse la prima cosa che dimentichiamo di qualcuno- Paulo strinse gli occhi contemporaneamente a quando strinse me stessa al sul corpo.
-sono andata avanti cosi fino al giorno in cui sono stata meglio al punto che potevano operarmi- mai ero stata cosi felice come in quel giorno.
-come se fosse un segno del destino Mat poteva donarmi il suo midollo osseo e cosi siamo scesi in sala operatoria insieme. C'era la canzone Anna e Marco di Lucio Dalla- capivo se Paulo non la conoscesse.
-la conoscevamo entrambi perche mio padre aveva sempre questo cd messo nello stereo della macchina- non capivamo come fosse possibile che negli anni non gli si fosse consumato.
-da li sono stata meglio, giorno dopo giorno ho ripreso la mia vita in mano. Ho avuto paura, ho avuto paura che ritornasse e ce l'ho avuto fino a quando non ho conosciuto te- mi guardò stupito di quello che stessi per dirgli.
- ce l'ho avuta perche di tutte le cose che veramente volevo nella mia vita, molte le avevo realizzate.
Avevo ottenuto una laurea, avevo visto Higuain giocare altre volte, avevo visto Mat crescere e diventare uomo ma, mi mancava innamorarmi ed io...Io mi sono innamorata di te dal primo giorno.
Non l'ho capito subito ma, adesso lo so per certo.
Saresti stato tu il mio amore per tutta la vita - gli baciai le labbra mentre il suo pianto praticamente diventò come un piccolo terremoto che lo stesse percorrendo da cima a fondo.


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Non sono troppo in ritardo no?
🙈🙈🙈
Ad ogni modo, eccovi la prima parte di questo capitolo che ho faticato davvero a scrivere perché è un po personale.
Le date che ho utilizzato sono date che hanno un significato nella mia vita e che ho voluto in un certo senso celebrare.
Come sapete, oggi è il mio compleanno e ho fatto di tutto affinche questo capitolo capitasse a pennello proprio oggi.
Spero vi abbia fatte/i emozionare tanto quanto me che ho pianto gli oceani mentre lo scrivevo.
Un bacio ♥️ e al prossimo capitolo.
Si, quello sarà tutto su Paulo.
Vi aspetto nei commenti e se vi è piaciuto lasciate una stellina ⭐️🌟.
Vostra, girasole 🌻.

Fino Alla FineWhere stories live. Discover now