Capitolo 1

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TORINO.

Lottare, si decisamente è questa la parola che più mi rappresenta.
Lottare per vivere, per ritornare a sorridere e per realizzare i propri sogni, tutti quelli chiusi a stento in un cassetto ormai veramente colmo. Lottare per poter continuare ad esserci e per poterci essere davvero bisogna lottare con le mani e con i piedi, per poter vivere bisogna lottare fino alla fine e anche dopo ,senza arrendersi mai. Lottare è probabilmente la cosa che so far meglio, rialzarmi in piedi e ricostruire i miei pezzi per poi ricadere e ricostruirmi ancora, ogni volta con qualche frammento in più, talvolta perdendo qualcosa ma non si dica mai che Ginevra Meneghini non abbia lottato fino alla fine se mai una fine dovesse esserci.
«Ginevra tesoro, sono le sette del mattino, forse non sarebbe il caso di alzarsi dal letto?» mi rigiro nel letto ormai da chissà quante ore, l'ultima volta che avevo controllato l'orario nello smartphone ero certa che questo indicasse le tre e cinque della notte e da allora non avevo chiuso occhio nemmeno per un instante.
«si mamma, mi sto alzando» ha proprio ragione, è decisamente l'ora di uscire fuori dalle calde lenzuola se voglio essere puntuale al colloquio, quello più importante nei miei ventidue anni di vita, quello per cui anche questa volta lotterò per poterlo avere.
«ti accompagna papà o passa a prenderti Mattia?»mi chiese mia madre intenta a raccoglie la roba appena lavata dalla lavatrice per poterla passare in asciugatrice.
«vado da sola con Mattia, mi lascia lì e appena finisco mi viene a riprendere» la informo, anche se so bene che lei ne sia al corrente. So benissimo che lei si sentirebbe più tranquilla se mio padre mi accompagnasse ma io so benissimo che non farebbe bene a me che già sono agitata.
«sicura che non ti serva l'appoggio di tuo padre?» sicurissima a dir la verità, non farebbe altro che caricarmi di ansia anche inconsapevolmente, forse perché sono la sua bambina e mi rassegnerò ad esserlo per il resto della mia vita, forse perché è un sogno condiviso, forse perché è la Juve, e la Juve fa battere il cuore, tremare le gambe e sudare le mani.
Indosso il mio completo nero- quello che ho selezionato con cura prima di acquistarlo proprio perchè desideravo che quest'ultimo mi facesse sentire più siura- faccio  una bella coda alta e ordinata, spruzzo del delicato  profumo sul mio collo, il profumo di sempre a dir la verita  e metto del leggero mascara sulle mie lunga ciglia appena ritornate al loro posto. Mi guardo allo specchio infondendomi coraggio e sui miei tacchi neri, non troppo alti per evitare di avere storte alla caviglia o peggio ancora cadere rovinosamente come nei peggiori dei miei incubi, mi dirigo al piano di sotto nel salotto.
«noi crediamo in te , mantieni la calma e sii te stessa» mi abbraccia mio padre infilando la sua sciarpa porta fortuna nella borsa; quando esco fuori dalla porta di casa mia, in quel  piccolo comune vicino Torino, tiro un lungo sospiro e mi dirigo verso la macchina.
«tutto okay?»mi domanda Mattia, nell'esatto momento in cui mi allaccio la cintura e lui mette in moto.
«si..forse, meglio non chiedermelo più» dico mandando la saliva giù per la gola e aprendo leggermente il finestrino per fare entrare un po di aria che inizia a mancarmi.
Da Casellette a Torino ci sono poco più di una trentina di minuti, sull'autostrada leggo Vinovo e sento il cuore accelerarmi nel petto, la Juve a casa mia è come una religione anzi peggio, è come la Costituzione.
«mantieni la calma e quel posto sarà tuo» mi poggia la mano Mattia sulla gamba arrestando il continuo tremolio.
«e poi non puoi non ottenere quel posto di lavoro, hai promesso che mi avresti fatto sposare con la Joya» questo mi fa ridere
«prima dobbiamo fargli cambiare team» gli dico ridendo
«tesoro, ma mi hai visto? Io posso tutto» mi dice ridendo con la lingua tra i denti, in quel suo modo estremamente carino tanto quanto accattivante
«dimentichi Antonella sonofigaesonosupermodella» gli dico ricordandogli della storica fidanzata del famoso attaccante argentino.
«siamo arrivati scema, e comunque Antonella ha il suo fascino, ma il mio è irresistibile» mi lascia un bacio affettuoso e mi guarda infondendomi sicurezza come sempre negli ultimi quattro ,assurdi,anni della mia vita.
Scendo dalla macchina e lo vedo lì, grande immenso e imponente, l' Allianz Stadium è cosi bello, bello da far male , ci sono stata parecchie volte nella mia vita, perché essendo stata l'unica figlia e per di più femmina, mio padre ha deciso che tanto valeva impegnarsi al massimo e dare il meglio di se.
«fa paura vero?»mi volto di scatto e credo che l'ansia sia cosi cattiva da giocarmi brutti scherzi, perché esattamente quante probabilità ci sono che io possa incontrare Gonzalo Higuain in pieno inverno con un paio di occhiali da sole poco sobri, davanti allo stadio e per di più mi parla?
«ta-tanto» gli dico continuando a fissarlo ma senza che questo per lui sia un problema.
«hai bisogno di qualcosa?» mi chiede gentilmente
«probabilmente tu non esisti qui ed ora ed io sto sognando uno dei momenti più memorabili della mia assurda vita, probabilmente non sono nemmeno dove credo di essere, ma per qualche altrettanto assurdo motivo in questo assurdo sogno ho un colloquio con Andrea Agnelli» dico tutto a ruota libera.
«uhouho, calma nena, una cosa alla volta» mi sorride e mi invita a seguirlo
«gli uffici sono al secondo piano a destra, purtroppo io qui ti devo salutare» mi saluta baciandomi la mano e mi ritrovo a percorrere meccanicamente la strada da lui indicatami.
«scusi, lei è?» mi viene chiesto da un ragazzo vestito molto elegante
«Ginevra Meneghini, ho un colloquio con il signor Agnelli Andrea per il posto di addetto alle relazioni pubbliche ed estere» scorre con il dito sullo schermo del costoso ipad che tiene tra le mani e molto probabilmente non appena trova il mio nome tra i tanti, il che è abbastanza scoraggiante, annuisce.
«è in anticipo di dieci minuti, si segga li e appena è il suo turno la verrò a chiamare, il Presidente sta facendo una pausa caffè» detto questo mi pianta li come una deficiente e muta come un pesce mi dirigo alle poltroncine di pelle chiaramente bianche e nere come è giusto che sia, forse un po ridondante come design ma indubbiamente in tema.
Osservo un po quello che mi circonda, nella più grande speranza che questo possa un giorno diventare familiare ai miei occhi perché,sarebbe il sogno che si realizza. È importante per me essere assunta per svolgere l'incarico per la quale sto sostenendo questo colloquio, è importante per tantissimi motivi, molti delle quali mi legano a questa squadra, a questi colori.
Ero davvero davvero piccola la prima volta che mio padre mi comprò qualcosa che fosse a righe bianche e nere, forse avrò avuto mesi, e quel body juventino, con la quale ho tutta una serie di foto e purtroppo ricordi che mi hanno raccontato, negli anni no ha fatto altro che farmi provare dell'affetto infinito per la Juventus.
«signorina Ginevra, tocca a lei» mi alzo dalla poltroncina e afferro la mia borsa e il curriculum, stiro con le mani le piccole grinze fattesi nel mio pantalone e fingendo sicurezza, mi avvio verso la porta che da fuori ha una bellissima targhetta in argento con un gran "Direttore" inciso in una grafia ordinata ed elegante.
Quando entro lo trovo seduto sulla sua poltrona girevole, dietro una elegantissima scrivania di vetro, niente che ricordi minimamente a qualcosa che non sia il super tecnologico e il super moderno.
«Buongiorno signorina Meneghini» si alza dalla poltrona e con un sorriso di cortesia ma a tratti anche caloroso, mi porge la mano destra mentre con la sinistra tiene la cravatta adesa al petto evitando che questa scivoli malamente sui documenti
«Buongiorno, signor Agnelli» dico stringendogli la mano ne troppo forte ma nemmeno come se fosse uno sfioramento, semplicemente una salda stretta di mano che possa fargli in parte capire che non sono una ragazzina nonostante i miei ventidue anni.
«si accomodi, prego» mi indica la poltrona e faccio come consiglia.
«mi parli un po di lei, ho chiesto ai miei collaboratori di portarmi qualche informazione generica su di lei , ma non si preoccupi normale prassi lavorativa. Sa, per me questo oltre che essere è un lavoro è un gran onore, c'è tutto lo sforzo e i sacrifici della mia famiglia» sorrido caldamente e concordo con lui, se avessi avuto della confidenza con lui gli avrei elencato a macchinetta quanti e quali immani sforzi abbiano dovuto fare tutti, dalla dirigenza, ai calciatori alla tifoseria per poter essere questa Juve.
«bene, dunque da quello che so lei si è laureata con il massimo dei voti appena un anno fa, ha fatto un tirocinio di quattro mesi a Milano presso gli uffici della Mediaset che l'ha poi assunta con un contratto di nove mesi , come mai non ha rinnovato il contratto?» mi chiede aprendo una penna probabilmente per appuntarsi qualche ulteriore informazione sul mio conto.
«mi era stato proposto per lavorare come stagista all'associazione calcio Milan, un bel gran posto di lavoro ma non esattamente il tipo di lavoro che mi ero sognata di fare» appunta qualcosa
«il Presidente del Milan ha scritto su di lei valide note a piè pagina, ha decisamente fatto un ottimo lavoro» sorrido educatamente
«spero il meglio che possa dare di me stessa» alza il capo dal foglio e mi sorride
«certificati per le lingue?» mi chiede e io annuisco recuperando la borsa , quando la apro vorrei tanto strozzare mio padre per la figuraccia che mi ha costretto a fare, dopo aver scansato la sciarpa e aver recuperato i certificati,glieli porgo.
Da una rapida occhiata ai certificati e poi annuisce scrivendo qualcosa sul suo cellulare.
«Dunque lei conosce l'inglese, il francese, lo spagnolo e ha una discreta conoscenza del tedesco.....lei è un piccolo genio torinese oppure i miei quarantadue anni mi rallentano nell'apprendimento delle lingue?» ride spontaneamente e questo mi fa decisamente rilassare.
«ho avuto molto tempo libero e l'ho impiegato come meglio potevo- gli dico sorridendo, a momenti mi farò venire una paresi del faciale.
-perfetto, lasci la fotocopia dei suoi documenti, il libretto delle vaccinazioni e qualsiasi riferimento medico lei creda sia opportuno che noi ne veniamo a conoscenza. Le farò sapere tramite email il responso di questo colloquio» si alza dalla poltrona porgendomi nuovamente la mano che accetto volentieri.
«arrivederci signorina Meneghini e complimenti per la sciarpa» arrossisco fino alla radice dei capelli
«è stato un piacere direttore Agnelli» recupero la borsa da sopra la poltrona ed esco dall'ufficio stranamente contenta, beh non tanto stranamente.
«da questa parte signorina Meneghini» vengo portata in un altro ufficio dove altri lavoratori si occupano di fotocopiare i miei documenti, la tessera dei vaccini e mi porgono un foglio da compilare con la storia clinica.
Alle undici e mezzo sono fuori nel parcheggio in attesa che Mattia arrivi a momenti.
«buona fortuna nena» mi sento salutare e riconosco ormai la voce, sorrido e penso che nel bene o nel male anche se è stato solo un sogno è stato strepitoso.


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Hola,  hei si 😍 dico proprio a te che stai iniziando a leggere la storia, spero ti piaccia e  sopratutto spero di poter leggere qui sotto ⬇️ un tuo commento.
Prometto di portarti lungo una storia piena di sentimenti e se sarò all'altezza allora spero di rivederti alla fine questa storia dove ti accorgerai che Gwen e Paulo saranno come tuoi amici a cui ti affezionerai.
Se si e vi va lasciate tante stelline ⭐️⭐️.
Un bacio 💋 da girasole 🌻.

Fino Alla FineWhere stories live. Discover now