Capitolo 66

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-no, ma neanche per scherzo- peccato, mi sarebbe piaciuto un sacco e chissà quante risate ci saremmo fatti, tutti.
-neanche io, mia moglie mi chiederà il divorzio- cheppalle, era carina come idea e oltrettutto la trovavo simpatica.
No, la trovavo epica.
-va bene, vorrà dire che pescherò i nomi a sorteggio e i primi quattro che escono la dovranno fare- non mi restava altro che fare in questo modo.
-noo- protestarono in coro mentre se ne stavano seduti sui comodi divani della zona relax.
-invece si, qui comanda lei- si ammutolirono non appena Gigi fece la voce grossa.
Ma quanto lo amavo? Troppo.
-Gigione, lo stesso ce lo metto il tuo nome- mi guardò boccheggiando
-ma Gwen!- mi disse supplichevole.
-no no- niente favoritismi, a parte il fatto che speravo proprio che uscissero quei quattro nomi.
Buffon, Chiellini, Barzagli e Marchisio.
Ah se ci speravo!
-Dario, un foglio e una penna per favore- gli chiesi mentre annui e tornò indietro verso il nostro ufficio.
-amor- Paulo mi affiancó
-no, la mia risposta è no- mi guardò scocciato
-ma io sono il tuo fidanzato- mi disse facendo il labbruccio nella vana speranza di intenermi ma, doveva saperlo bene che a lavoro ero la versione più giovane di Crudelia Demon.
-Dybala, non fare il bastardo e torna qui- lo richiamò il Barzaglione mentre Stefano cercava di attirare la mia attenzione.
Appena intercettai il suo sguardo mi indicò Mario e mi fece un occhiolino divertito.
Stronzi che erano, il mio Marione no good sarebbe stato perfetto ed impeccabile, come sempre d'altronde.
-eccomi- Dario fece ritorno dall'ufficio e mi porse il foglio con la penna.
-grazie- lo ringraziai mentre con la mossa del fenicottero appoggiai il foglio sulla mia coscia destra e rimasi in bilico sui tacchi nella vana speranza di riuscire a scrivere tutti i nomi e di non finire a terra spezzandomi una caviglia.
-vuoi una mano?- mi chiede gentilmente Dario
-gliela do io, non ti preoccupare- Paulo si alzò immediatamente appiccicandosi al mio corpo.
-vieni amor, scrivi sulla mia schiena- Miralem e Gonzalo ridevano di gusto mentre io ero quasi certa che quel povero ragazzo stesse morendo dall'imbarazzo.
-perfetto,i nomi sono tutti scritti- mostrai il foglio
-piccola Gwen, se mi peschi ti faccio mettere sotto tortura da Allegri- le minacce simpatiche di Barzagli mi fecero sorridere.
Strappai i nomi facendone dei piccoli pallini che inserii dentro un bicchiere di cartone, gli stessi che Gonzalo e Paulito si erano fregati portandosene una scorta a casa loro .
-Douglas- dissi, decretando il primo nome che avrebbe fatto lo spot pubblicitario.
-oh, mai una gioia- si lamentò facendomi sorridere.
-ora pesco io, va bene?- mi chiese e gli porsi il bicchiere.
-se mi peschi te ne torni al Bayern, sappilo- lo minacciò Giorgio mentre spalla a spalla con Buffon, ci mancava poco che si mettessero a pregare.
-Dybala- scoppiai a ridere senza potermi trattenere.
-sempre insieme Hermano- lo sfottè ,mentre Paulo continuava a guardarmi senza esprimere davvero qualcosa.
Vedi cosa capitava a voler fottere il sistema? Il sistema fotteva te.
-dai Paulito, non fare cosi- gli dissi prendendolo bonariamente in giro.
-Khedira, glielo dai tu il passaggio stasera alla mia fidanzata? Perche io, sicuro che la lascio a piedi!- avrebbe potuto dire addio alla bellissima e lucidissima fiancata nera della sua maserati.
-no problem bro, la porto dove vuole...ma tu non pescarmi- mi sorrise
-non ti allargare Sami- gli disse sedendosi accanto a lui nel divano e dandogli una pacca sulla coscia scoperta dai pantaloncini.
-chi vuole pescare?- chiesi, ma nessuno tra loro proferì parola.
- va bene, Dario pesca tu- gli porsi il bicchiere e tiró fuori una pallina mettendomela sul palmo della mano.
Gli consegnai il bicchiere e aprii il pezzo di carta leggendolo.
-il Berna- dissi contenta, quel trio era già assurdo senza bisogno di effetti speciali, figuriamoci non appena si sarebbero apprestati a fare lo spot pubblicitario.
-ora che la panchina mi serviva, mo me chiamano in causa...una vita di merda!- fece ridere tutti, io addirittura avevo i lacrimoni dalle forti risate.
-dai Brunnelleschi, non ti lamentare- gli mandai un bacio volante .
-l'ultimo lo ripesco io- decretai
-no, assolutamente no- si alzò Gonzalo a sfilarmi il bicchiere dalle mani.
-tu saresti capace di pescare il mio nome, facciamolo fare a qualcun'altro- si guardò intorno nella sala
-Netflix, pesca una pallina- lo guardai allibita.
A parte il fatto che fossi sicura al cento per cento che il cameramen avesse un nome e che Netflix sicuramente non era tra le possibili scelte di sua madre e poi, perché mai avrei dovuto pescare il suo nome? Non aveva senso.
-Rodrigo- lesse contento di essersela scampata mentre l'uruguaiano fu l'unico che non si lamentò per niente.
-eccolo chi è il campione- lo indicai elogiandolo e tutti gli batterono le mani come dei cretini.
Per pura curiosità personale pescai un pallino, giusto per sapere che nome sarebbe potuto essere.
Quando lessi Pipita, mi guardai le mani come se si stessero trasformando per la magia.
-vadi che avevo ragione?- mi disse avvicinandosi
-si chiama casualità Gonzalito, casualità- gli baciai la fronte.
-bene, il resto può ritenersi libero mentre voi quattro a lavoro con me- si misero in fila tipo bambini alle scuole elementari.
-noi veniamo a vederli, è questo che si fa alle recite no?- ovviamente il Barzaglione in compagnia del Principino e Sturano, dovevamo sfottere altrimenti che bello ci sarebbe stato?
-eccoci- salutai i ragazzi che erano venuti per registrare lo spot e presentai loro i ragazzi.
-bene, potete accomodarvi lì? Faremo come se fosse una conferenza stampa- si sistemarono e Paulo capitó tra Federico e Douglas, sia mai che quei tre si dividessero.
Mi distrassi un attimo, lasciandomi trasportare dall'iralità di gruppo, mentre tutti erano con smartphone alle mani per rendere la cosa davvero memorabile.
Federico e Paulo confabulavano tra di loro, e chissà cosa avessero sempre da dirsi.
Da quando avevo detto a Paulo che durante il viaggio di ritorno da Roma avevo fatto amicizia con il Toscano, quei due non avevano fatto altro che diventare amici per la pelle o per la palla, fa poca differenza.
-questo è quello che dovete dire- una ragazza passó loro dei foglietti di carta con una frase scritta sopra.
C'era un solo piccolo problema, prima che Douglas e Rodrigo l'avrebbero imparata, probabilmente sarebbe potuta arrivare la Pasqua.
-Gwen, es muy difícil ...por qué uno de ellos no está haciendo esto? Yo soy du brazil no de italia- la sorte era la sorte.
-non te preocupes es muy facil- certo, per me lo era ,per lui un po meno.
-como se dice esto?- mi chiese Rodrigo indicando un parola che probabilmente non riusciva a pronunciare.
- sorpreso- gli scandii bene le parole.
-okay, gracias- mi baciò un guancia.
Dio benedica tutti i ragazzi come lui!
-amor, come se dice esto?- ovviamente quel cretino doveva metterci il suo.
Ma d'altronde lo amavo per questo.
-sentiamo- mi avvicinai mentre Douglas,guardandoci,stava morendo dalle risate.
Ma che bello spettacolo che dovevamo essere!
-Red and Yellow- gli dissi, ed ero certa che lo sapesse dire.
Mi sorrise pronunciando perfettamente le tre parole e mi baciò la bocca.
-thanks my love- mi disse ,mentre tutta l'intera squadra stava ridendo a crepapelle.
Era cretino ma di quelli con la laurea in cretinologia
Laureato con centodieci e lode, menzione della tesi e in anticipo di un anno.
-stupido- gli dissi mentre mi allontanavo e gli lanciavo un m&m's pescato dal pacchetto che doveva tenere in mano.
-siamo pronti?- gli chiesero e loro annuirono.
Si si, ora avrebbero visto con chi avevamo a che fare.
Come minimo quello spot gliel'avrebbero fatto girare cinquanta volte.
- i nuovi acquisti? Sono già sulla bocca di tutti...meritano questa maglia- ci fu un'attimo di pausa prima che Douglas scoppiasse a ridere.
Ecco, che avevo detto!?
-eddai bro, mi era venuta perfetta!- ma dove? Sembrava un maniaco.
-i nuovi acquisti..sono già sulla bocca di tutti. Meritano questa maglia- Paulo strinse le labbra cosi forte, per non ridere, che gli diventarono viola.
-si sono presentati in forma...perfetta- Rodrigo fece il gesto di una O.
No, vabbè!
Era bravissimo.
-il risultato del test, hanno sorpreso tutti- alle mie spalle Gonzalo e Alex Sandro ridevano come gli scemi che erano.
Avrei riso io, quando avrei beccato un altro spot del genere e glieli avrei messi di mio spontaneo piacere.
-hanno dei peni più che buoni, deliziosi- nessuno riusci più a respirare.
Giggione era scappato via dalla stanza ed io non ci vedevo più dalla vista appannata dalle lacrime.
-piedi- gli disse Paulo
-hermano, insieme a me pie-di- lo aiutò e lo ringraziai mentalmente perché io mi dovevo ancora riprendere.
Il cameramen dell'azienda si asciugò le lacrime dalle lenti degli occhiali e non appena Paulo spiegò cosa significasse quello che aveva appena detto ,Douglas arrossì ma non si vide molto.
-da capo- gli disse la ragazza.
-tutti?- gli chiesero loro
-no, solo lui- prese una boccata d'aria
-hanno dei piedi più che buoni, deliziosi- gli feci il segno di okay con le mani.
-sono famosi per il loro stile inconfondibile...poi noi ovviamente siamo molto felici di averli in squadra- lo guardai sorridendogli.
Ma quanto lo amavo? Boh ,nemmeno io lo sapevo.
-Però...buoni questi red and yellow- fece la faccia di uno compiaciuto
-M&m's?- continuò Federico anche lui come se stesse guardando qualcosa compiancendosene.
-buonissimi- concluse sorridendogli e afferrando una nocciolina dal pacchetto di Paulo portandosela poi alla bocca.
-stop, bravissimi ragazzi- si alzarono e vennero dalla nostra parte.
-Ginevra, ti mandiamo la clip stasera non appena finiamo di montarla poi ci fai sapere tu chi di loro la pubblica?- mi chiese la ragazza.
-si certamente, a domani allora- li salutai tornando ai miei ragazzi.
-pezzi di merda- disse Fede a Stefano e Daniele che continuavano a ridere sfottendoli.
-ragazzi, ma che problema c'è. Sapete quanti spot mi propongo ogni giorno? Ne beccherò uno perfetto per tutti voi che adesso fate i fighi- gli sorrisi innocente e li lasciai alla loro partita a basket.
-ti aspetto fuori, non metterci tanto- Paulo mi baciò morbidamente le labbra e mi lasciò ritornare al mio ufficio.
-devo perdere qualche altro minuto, tu intanto va a casa mi faccio dare un passaggio da Agnelli- in genere finiva sempre che chiudevamo insieme gli uffici e poi il presidente quando venivano i suoi bambini, andava a vivere in uno dei prestigiosissimi palazzi di via Roma, quelli che per poterti permettere l'affitto dovevi avere un conto in banca con una schiera infinita di zeri .
-vuoi trovare la casa calda vero?- ridacchiai.
Certo che volevo trovare la casa al caldo, per quanto mi piacessero le stagioni più fredde rispetto a quelle calde, anche solo per il semplice fatto che il mio corpo ne risentiva meno, questo non voleva significare che ero la regina delle nevi.
-ti aspetto a casa- mi baciò delicatamente e per poco non mi sembrò di volare.
Quando tornai su nel mio ufficio, Andrea stava ridendo con Pavel e non appena mi videro arrivare mi strizzarono un occhiolino.
Sicuro che qualcuno di quella banda di pazzi gli avesse inoltrato il video.
-buonasera- li salutai e loro ricambiarono
-presidente, le posso rubare un passaggio a casa di Paulo?- lui annui immediatamente senza nemmeno farsi pregare.
Avevo giusto le ultime due cose da sistemare e poi sarei potuta andare a casa, ad ingozzarmi di gelato e a riempire il divano di Paulo di fazzoletti pieni di lacrime, sempre che il bell'argentino mi avrebbe permesso di vedere la puntata di c'è posta per te che avevano registrato con Higuain.
-puoi andare Dario e grazie- gli sorrisi e lui ricambiò.
Era un ragazzo timido e avevo imparato a capirlo fin dal primo istante; si era memorizzato che arrivassi cinque minuti prima e dal secondo giorno in poi era arrivato al mio stesso orario, forse credendo che mi piacesse iniziare con anticipo ma in realtà quei cinque minuti erano un vizio che avevo preso come abitudine ed io e le abitudini eravamo amiche per la pelle.
-a lunedì Gwen, passa un buon fine settimana-lo ringraziai mentre cercavo di salvare gli ultimi file sul computer e mi prospettavo mentalmente verso un weekend nella quale avrei dovuto stirare una montagna di biancheria che avevo accumulato con la scusa del "lo faccio domani, lo prometto ".
Domani quale, ancora non si era capito.
Premetti il tasto dell'interruttore e spensi le luci dell'ufficio, era l'ultimo sabato prima della pausa calcistica e i ragazzi avevano tutto il mese di Febbraio libero, si fa per dire.
Ovviamente dovevamo allenarsi in proprio e Paulo era uno a cui piaceva tenersi in forma anche se, scommettevo che la palestra gli servisse piu che altro per tenersi occupato.
Non sapeva starsene con le mani in mano e le cose, dopo solo due secondi più del dovuto,iniziavano a tediarlo al punto che le lasciava perdere e passava oltre.
Forse, questa era qualcosa che con il tempo avrebbe saputo migliorare perché purtroppo, io inveve ero un tipo a cui piaceva godersi le cose con calma,piano piano e non avevo tutta la smania che aveva lui di fare le cose in fretta e subito.
Mio padre mi avevo detto sempre: "la gatta frettolosa fa i gattini ciechi".
In macchina con Agnelli si respirava stranamente aria di serenità,anche se poi cosi strano non era.
Quando si circondava dei suoi figli, sapeva perfettamente come lasciare tutti gli impicci di lavoro all'interno di quell'ufficio.
Forse avrei faticato a vederlo in pigiama e pantofole mentre giocava a burraco o alla nindendo wii ma, era un buon padre e nessuno poteva metterlo in dubbio.
Mi ero fatta lascia davanti  l'enoteca preferita di Paulo per acquistare la bottiglia di vino bianco che più amava, quella che sapeva di uva  appena pestata ed era frizzantino; praticamente l'opposto di me che preferivo il vino rosso che sapesse di frutta fresca.
Insomma, come eravamo finiti a stare insieme non lo sapevamo ancora ma, funzionavamo come se fossimo nati per appartenere ad uno stesso ingranaggio. Feci un "breve" tratto di strada con il taxy e mi feci lasciare qualche metro prima dell'ingresso di via Roma.
Citofonai al suo campanello e mi aprì la porta, era sera e il portinaio ,che di solito mi salutava contento ogni volta che avevo messo piede in quel meraviglioso palazzo, non c'era.
-Paulo?- lo chiamai appena mi addentrai nel  suo salotto e non lo vidi ad aspettarmi davanti l'uscio della porta,come invece faceva sempre.
-aspetta- disse a qualcuno a telefono.
-hei baby- mi salutó venendomi incontro e baciandomi la fronte mentre con i piedi scalzi tornava ad allontanarsi verso la cucina dopo avermi tolto dalle mani il sacchetto di carta con la bottiglia di vetro dentro.
Mi spogliai del giubotto e lo appoggiai sul divano, guardandomi intorno. Il suo borsone da calcio era poggiato su una sedia della cucina e dalla cerniera fuoruscivano i lacci di quel paio di scarpe da tennis che si portava dietro ma che sapeva non avrebbe mai indossato.
Una foto mi turbò parecchio; ero sicura che soli pochi giorni fa non si trovasse su quel mobile all'ingresso e se avessi dovuto fare una scommessa avrei vinto indovinanto chi gliel'avesse lasciata .
Paulo aveva i lineamenti più giovani di adesso, anche se forse, lo scatto immortalato poteva benissimo risalire ad uno o massimo due anni fa.
Dietro di loro si vedeva via Roma ,di sera, illuminata dai lampioni accesi e i loro sorrisi erano sinceri rivolti verso la telecamera di quello che presumibilmente era stato un cellulare .
-che ci fa quella foto li?- mi chiese alle spalle facendomi sussultare.
-dimmelo tu, io l'ho già trovata li- mi guardò confuso.
Ah, già. Lui non sapeva di quel famoso incontro mattutino.
-prima che tu ti arrabbi- mi guardò con un espressione da: "sono tutto orecchie".
-quando sono rimasta a dormire qui, mercoledì della settimana scorsa- annui
-quando ero in Argentina- disse forse più a se stesso che a me
-si. L'indomani mattina sono venuti Nuhauel e Antonella, l'ha accompagnata per prendere le sue cose- fece dietro front nella sua camera da letto portandosi dietro quella foto che aveva tolto dalla cornice con rabbia, rovinandola.
Lo segui per vedere cosa stesse facendo, accese la luce della cabina armadio e controllò in quello che era stato il lato pieno di roba che appartenesse alla sua ex ragazza.
-perché non me l'ha detto?- non avrei potuto dargli una risposta perché non avevo il dono della lettura del pensiero.
-non saprei, forse sperava di non trovarti. È stato meglio così- vederla soffrire di certo non era qualcosa che mi faceva stare meglio.
-Nuhauel intendo- ah, quello me l'ero chiesta anche io.
Gli accarezzai il volto e mi sorrise baciandomi le labbra.
-non mi piace che le persone mi tengano nascoste le cose, soprattutto quando sono le persone a cui sono affezionato- pigiò velocemente sul numero del cellulare di Nuhauel e mi sentii in colpa perche non avrei mai voluto che litigassero.
-Huel- lo apostrofò e il suo tono di voce non fu per niente amichevole.
-devi dirmi qualcosa?- camminò avanti e indietro davanti la porta d'ingresso
-no? Ti sembro un coglione?! Che cazzo ci facevi a casa mia con Antonella?- quasi lo urlò e non mi piacque per niente tant'è che gli afferrai un polso accarezzandoglielo.
Inevitabilmente la voce di Nuhauel arrivò alle mie orecchie e ascoltai ciò che avesse da dirgli.
-che dovevo fare? È una mia amica e non è stato carino trovare la tua nuova ragazza lì, scommetto che ti avrà fatto capire chissà cosa?- mi allontanai di scatto abbastanza infastidita e Paulo se ne rese immediatamente conto.
-in realtà no, c'è qualcosa che dovrei sapere?- ascoltò in silenzio mangiucchiando una pellicina del suo pollice destro
-non mi piace e sai bene che finiremo per litigare, vuoi questo?- il No che provenne dall'altro lato del telefonolo avrebbero sentito pure dall'altra parte dell'universo.
-allora smettila di fare il buonista e tieniti alla larga, non ho intenzione di litigare con Gwen per lei e le sue stupide tattiche. Sono andato avanti, semmai dategli una mano ad andare avanti piuttosto che portarla a casa mia- fui d'accordo con quello che disse e gli sorrisi incoraggiandolo
-va bene, non farmi cambiare la serratura e devi dirmelo perche potrebbe esserci nuovamente Gwen e mi incazzo- risero entrambi per qualcosa che non capii e poi staccò.
-tutto okay?- gli chiesi e lui annuì poggiando il cellulare sul mobile venendomi incontro.
-giuro che nessun'altro del mio passato busserà più da quella porta per metterci i bostoni tra le ruote- sorrisi contenta e feci scontrare il mio naso con il suo.
-Nessuna Antonella Cavalieri, Ginevra Sozzi e come è che si chiamava l'ultima tua nuova fiamma?- io lo sapevo eccome
-Ginevra Meneghini?- disse furbamente mordendomi le labbra e ridendo
-no, Oriana Sabatini stupido- guardai il nostro riflesso in quello specchio a forma di cuore che ero sicura non fosse stato acquistato da lui.
-te le ricordi tutte?- annui
-io non dimentico Dybala- gli dissi scherzando ma poi neanche tanto.
Mi portò in cucina,trascinandomi dietro di lui tenendo la mia mano stretta nella sua.
-allora, cosa cucinerai al tuo uomo?- mio uomo.
Suonava cosi bene.
-dipende cosa vuole che gli cucini la sua donna- perché l'avrei sempre voluto baciare? Era come se fosse più una necessità che uno sfizio.
-mi cucineresti le farfallette al salmone? Come quando abbiamo mangiato per la prima volta insieme- c'era solo un piccolo problema, mancava il salmone.
-ed il salmone da dove lo prendo?- apri il frigorifero tirandolo fuori
-sono passato a prenderlo prima di tornare a casa- furbo lui.
-allora si, con molto piacere ma prima devo togliermi questi vestiti di dosso- mi sorrise malizioso
-posso darti una mano?- mi chiese avvicinandosi mentre io come una ragazzina svampita cercavo di scappargli
-no Dybala, so ancora spogliarmi da sola- risi non appena accelerò il passo e non feci in tempo a chiudere la porta della sua camera
che aveva già una gamba dentro.
-presa- mi disse ed io sicuro come la morte che volevo essere presa da lui.
Volevo tutto di lui e da lui.
Mi spogliai e rubai volutamente una maglia di cotone dal suo armadio, in quella casa sembrava di essere in piena estate e forse i termosifoni li aveva accesi ai primi di ottobre e non li aveva più spenti, per fortuna.
Fuori si gelava dal freddo e la neve non voleva smettere di cadere, domani addirittura era stato dato allerta meteo.
-dio mio, se ti amo- mi strinse tra il suo corpo e la parere del muro.
-mio- gli dissi intrecciando le mie dita delle mani ai suoi capelli.
-tuo- mi rispose.
Cucinare non mi era mai piaciuto ma, cucinare per lui poteva diventare qualcosa che avrei iniziato ad adorare.
Si divertiva a rubare piccoli pezzi di salmone affumicato dalla confezione e per ogni volta che gli rifilavo una piccola occhiattaccia lui semplicemente rideva come un bambino.
Lo amo, ma proprio così tanto ma così tanto che forse non sarebbe nemmeno potuto essere possibile.
Il rumore di musica latinoamericana si diffuse per tutte le pareti della casa e il suo corpo ondegiante e trementamente sexy faceva ritorno in cucina dal salotto.
Gli piaceva ballare e non sapevo se fosse così perché era latinoamericano nel sangue o semplicemente perché ballare gli mettesse allegria ma, forse non si rendeva conto di quanto sexy fosse.
Si avvicinò alle mie spalle e posò le sue mani sui miei fianchi muovendoli contro di essi e trascinandomi con se.
-puoi ballare con me? Per me ?- me lo sussurrò mentre la mia schiena si adagiava sulla sua.
Spensi i fornelli,consapevole che avremmeo cenato dopo, forse.
Non eravamo riusciti a rimanere soli dallo scorso lunedi ed oggi era sabato.
Io avevo avuto così tanto lavoro da sbrigare e lui aveva l'ultima seduta intensiva di allenamento prima che con la partita di domani sarebbe iniziata una breve pausa per il campionato italiano.
-mi sei mancata- le sue mani calde toccarono la mia pelle coperta solo dalla sua maglia che mi arrivava fin sotto il sedere.
Da quando avevamo deciso di frequentarci avevo cambiato biancheria, per sentirmi sexy e per piacergli. Una donna doveva comunque fare la sua parte e compiacere il suo uomo era tra le mansioni che le spettavano.
-anche tu- io avevo molta meno lucidità di lui ,in questi momenti.
O più semplicemente mi tenevo per me tutte quelle cose sfacciate che avrei potuto dirgli se solo ne avessi avuto il coraggio.
Era bello da far male, ogni muscolo che si contraeva era una doccia bollente per i miei ormoni e da quando ci eravamo dati alla fisicità, il mio corpo sembrava non sapersene saziarne.
Afferrò le mie cosce ed io le attorcigliai al suo busto nudo, stringendolo verso di me come a volerlo fondere con il mio corpo.
-sei bellissima Gwen, così sexy e cosi donna- mi guardava come a voler imprimere ogni curva del mio corpo che reputavo imperfetto ma che mi piaceva cosi.
Mi piacevo per quello che ero, nonostante non fossi nessuna modella o chissà cos'altro.
Una donna doveva amarsi prima di poter amare qualcun'altro e doveva piacersi prima di poter piacere a qualcun'altro.
Una donna doveva sentirsi donna e doveva desiderare un uomo, cosi uomo da rispettarla e da farla sentire unica.
Un uomo come Paulo.
-cosi mia- continuò sfilandomi la maglia e lasciandomi coperta solo dall'intimo.
Lo baciai con trasporto, lo volevo dannatamente tanto e lo volevo adesso prima che sarei impazzita.
Il rumore della sveglia ci fece sobbalzare .
-che cazzo?- chiese confuso
-oddio, menomale che ho messo la sveglia- l'avevo impostata da due settimane per tutti i giorni sempre al solito orario.
Il ginecologo era stato chiarissimo: "signorina mi raccomando non dimentichi mai di prenderla e la prenda tutti i giorni allo stesso orario se vuole essere sicura che abbia l'effetto che lei e il suo compagno desiderate".
Mi alzai a pescare la stecca di pillole dalla borsa, ne presi quella sulla quale era scritto sabato e la mandai giù.
Mi voltai verso il salotto e Paulo era sul divano a guardarmi ed io arrosii.
-che c'è, ho qualcosa in faccia?- gli chiesi avvicinandomi
-tu non immagini cosa mi fai alla testa- mi trascinò a cavalcioni sul suo corpo ed io lasciai a me stessa la possibilità di dimostrargli che volevo essere il suo pensiero costante.
Volevo che non desiderasse nessun'altra aldilà di me, volevo che mi pensasse a qualsiasi ora del giorno e della notte.
Volevo che volesse me e me e ancora me.
Sempre me.

Fino Alla FineWhere stories live. Discover now