Capitolo 23

8.3K 196 11
                                    

-è andata cosi, io sono orgogliosa di loro,come lo siamo tutti, soprattutto i tifosi che continuano a sostenerci nonostante non portiamo con noi la coppa, ma doveva esserci un vincitore e un vinto. Personalmente, ci abbiamo messo tutto quello che avevamo senza conservare riserve, è andata come andata ma si può sempre fare meglio e noi non ci piangiamo addosso- concludo cosi, l'ultima delle mie interviste allontanandomi dai microfoni e dai riflettori.
Voglio poter tornare in albergo, afferrare il trolley ed infilarci a casaccio la poca roba che mi sono portata dentro e poi, beh poi prendere il volo per Torino e tornarmene a casa, non voglio sentir parlare di Cristiano Ronaldo ne del suo quinto pallone d'oro, ne di altro.
Che se lo godesse pure e lo mettesse in vetrina in una di quelle villone che non varranno mai, nemmeno un grammo dell'amore che la mia squadra, ci mette in tutte le cose che facciamo e per cui lottiamo fino alla fine.
Avrà tutti i palloni d'oro del mondo e probabilmente la mattina gli passerà una mano sopra, accarezzandoli e compiacendosi di averli portati a casa, ma quello che ci riempie il cuore è sapere che stasera, stasera tutte le parti del mondo erano li e tifavano per la Juve, davanti allo schermo e dentro lo stadio, perché non avremo la coppa di Champions del duemiladiciassette, Gigi non ritirerà il pallone d'oro ma noi siamo e facciamo la storia, anche perdendo.
Mi verrebbe da dire che tanto, vince il Real ma si parla sempre di Juve e non perché il Real non meriti o perché siano cattive persone, assolutamente no, anzi, ma perché quello che si crea tra la squadra bianco nera e i tifosi, non è solo qualcosa che si limita ai novanta minuti, alle coreografie e allo stadio, è qualcosa che ci si porta dietro ovunque, come se fosse quel particolare segno di riconoscimento che ti chiedono quando ti fai la carta di identità.
Segno particolare? Il cuore a strisce bianche e nere.
-pensieri cattivi?- mi dice Roberto il mio collega, mentre mi affianca all'hall aspettando che l'ascensore si apra.
-stanca e scazzata- gli rispondo
-ti hanno torturata?- mi chiede, probabilmente sapendo già la risposta
-torturata? Torturata è un eufemismo...praticamente sembrava quasi che si aspettavano che avrei dato di matto e avrei sbraitato- gli dico, cercando il cellulare dalle tasche della giacca, trovando un paio di chiamate da Gonzalo e qualcuna da Mattia e da Alicia.
Il mio pensiero va immediatamente a Paulo, ovvio cazzo, ora sarà distrutto e io sono qui a discutere di cosa poi?
Delle teste di cazzo che pungono come vesponi accaniti, quando loro nemmeno ci arrivano in finale.
-chi stai uccidendo mentalemente- mi chiede mentre entriamo in ascensore
-a tutti i deficienti anti juve che intaseranno le time line di qualsiasi cosa, buttando merda sul duro lavoro che hanno fatto- gli dico sincera, mentre pigio sul numero di Alicia, dando la priorità che attualmente si merita.
-querida- mi risponde immediatamente
-tutto bene? State bene?- gli chiedo, scusandomi con Roberto
-si, Mariano e andato con lui e io Gustavo sua moglie e i bambini stiamo andando in hotel a dormire, pensavo lui fosse venuto da te- mi dice e onestamente mi chiedo il perché.
Antonella era li, è qui a Cardiff e ovviamente vorrà stargli accanto almeno questa notte.
Non che la cosa mi faccia stare bene o mi piaccia in particolar modo, ma quando accettai con me stessa il fatto che potevo avere solo un'amicizia da parte di Paulo, sicuramente uno dei principali motivo è stata lei.
-no, penso sia andato con Antonella, magari potete provare a chiamarlo in camera - gli suggerisco, non sapendo più che altro dire per rassicurarla.
-Dorme con lei?- rimango interdetta dalla domanda.
-no?- domando a mia volta
-non lo so, speravo di no- mi dice francamente
-beh, è la sua -mi blocco immediatamente ricordando che in ascensore non sono sola.
-appena arrivo in camera chiamo io- le dico e lei mi dice che aspetterà con il telefono in mano.
-problemi con le sistemazioni?- si intromette Roberto
-nono, giusto qualche cambiamento ma nulla di che- sbatto freneticamente il piedi, desiderando con tutta me stessa che l'ascensore arrivi al piano, ma si ferma all'undicesimo e vorrei maledire chiunque per averlo fermato, solo dopo capisco che è il piano dove c'è la stanza di Roberto.
-ci vediamo a Torino allora, buona notte- mi saluta uscendo e io mi limito a sorridergli e poi le porte si richiudono.
In camera, ci sono ancora l'accappatoio e le pantofole sparsi in giro, la valigia giace aperta malamente vicino ai piedi del letto e il carica batteria e ancora attaccato alla presa.
Metto, velocemente, il cellulare in camera e afferro la valigia poggiandola sul materasso; recupero i miei affetti personali dal bagno e dal comodino, do un rapida occhiata alla stanza per individuare se c'è ancora qualcosa che mi appartiene ma ,almeno all'apparenza, sembra che io abbia recuperato tutto.
Mi spoglio velocemente del mio tailleur e recupero il primo leggins e la prima felpa comoda che tiro fuori dalla valigia, corro in bagno a farmi una doccia veloce e con ancora il turbante in testa che trattiene i miei capelli bagnati, corro a chiamare la signora Dybala.
-Gwen?- mi risponde una voce maschile
-Mariano?- dico sperando di averci azzeccato
-si- bene, quindi ne devo dedurre che Paulo è andato dalla sua famiglia.
-tutto risolto quindi?- gli chiedo
-si, tutto risolto e grazie per aver tranquillizzato mia mamma, lei pensa sempre che gli possa capitare il peggio- ride dall'altro lato del telefono.
-non preoccuparti, l'importante che sia con voi e che non debbano andarlo a recuperare altrove- gli dico, mentre cerco il phono per asciugarmi i capelli.
-non è con noi e lì nel vostro albergo, voleva andare a dormire perché domani per voi il volo è veramente presto- confermo e gli auguro buona notte prima di mettere giù.
Mi asciugo velocemente i capelli,evitando che mi becchi l'ennesimo raffreddore che sembra non volermi mollare mai, poi indosso un paio di sneakers e la tuta e scendo al bar a bere un bicchiere di birra, giusto per attenuare un po' tutta questa sensazione di malessere diffuso per tutto il corpo e per tutta la mente.
-tutta sola?- sento una voce alle mie spalle e poi subito dopo, il volto di Juan si materializza al mio fianco.
-in compagnia di me stessa- gli dico, appoggiando il boccale bagnato sul discetto di cartone
-bevi per dimenticare?- mi chiede ancora, ordinando un'acqua tonica con limone,il massimo che gli è consentito.
-bevo e basta- gli sorrido e attendo che gli venga portata la sua ordinazione.
-hai visto Gonzalo?- gli domando.
Non ho visto i ragazzi da prima che iniziasse la partita, e quando io ero in conferenza post partita, loro hanno lasciato immediatamente il campo dopo le docce; come giusto che sia.
-è andato con i suoi in pub, ti cercava ma il mister gli ha detto che eri impegnata e che ci saremmo visti domani mattina in aeroporto- annuisco e giocherello con una nocciolina.
-vorrei poter dormire per almeno tre giorni di fila- mi dice, manifestando la stanchezza e anche un po' di tristezza che proviamo.
-a chi lo dici, almeno voi domani tornate a casa e fino a Luglio siete tranquilli, avete due settimane di pause, io devo prepararvi il ritiro in Messico - gli faccio sapere e lui mi sorride anche un po' dispiaciuto.

Fino Alla FineWaar verhalen tot leven komen. Ontdek het nu