Capitolo 86

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Avevo rassettato i vestiti anche solo per fare dello spazio utile a farci sedere; poi avevo incrociato le gambe sotto al sedere e l'avevo guardato tanto quanto lui era rimasto in silenzio a guardare me, seduti in quel divano.
Mi era mancato cosi tanto che mi sarebbe servita un'altra settimana per poter colmare la voragine che si era venuta a creare dentro di me.
-dobbiamo parlare- provai ad introdurre il discorso mentre mi torturai le mani per il forte nervosismo che avvertivo.
Non mi aspettavo un comportamento del genere, perché questa freddezza quasi glaciale stonava con il suo modo dolce o per lo meno quel modo dolce che aveva nel rivolgersi nei miei confronti.
-te ne accorgi adesso? Dopo dodici giorni in cui provo a parlarti?- ha il tono di voce risentito e una postura rigida, quasi come se i muscoli gli si fossero bloccati.
-sempre meglio tardi che mai- rise di una risata che non mi piacque per niente, una che non coinvolgeva i suoi occhi e mi fece balzare il cuore in gola.
Questo non era il Paulo che mi stava accanto, sembrava come se avesse sfogliato le pagine al contrario e fosse ritornato ad essere quel muro di cinismo e strafottenza che usava agli inizi, quando la sua vita in un certo senso stava andando a rotoli.
Come avevamo fatto a ridurci cosi?
Per cosa poi? Per mosche bianche.
-ah quindi, adesso non è troppo tardi?- non sapevo se dicesse sulserio o meno ma, mi ferì talmente tanto che mi si inumidorono gli occhi.
Quando se ne accorse il suo volto tramutò totalmente e provò a formulare qualcosa, forse per ricalibrare il tiro ma poi decise che stare in silenzio fosse la soluzione migliore.
-non possiamo stare insieme se ci facciamo cosi male- ebbi il coraggio di ammetterlo ad alta voce per la prima volta dopo tutti questi giorni.
Non ero mai stata innamorata e adesso che evidentemente lo ero, mi rendevo conto che aveva la possibilità di farmi male per davvero, tipo adesso che lo immaginavo con il mio cuore stretto tra le mani mentre stringeva sempre di più, sempre più forte.
Paulo mi guardò confuso poi scosse la testa provando a cacciare via qualche brutto pensiero che gli era affiorato nella mente.
Questo alone di cattiveria, come la macchia di caffe su una candida camicia bianca, non gli apparteneva e sapevo che fosse una forma di difesa solo, non capivo perché la stesse indossando adesso quando io ero entrata in questa casa, spoglia di qualsiasi armatura.
Io, che lo amavo davvero.
-non so perché tu creda o abbia creduto alla storia con Mbappè, ho provato a trovare una giusticazione in grado di spiegarmi una cosa simile ma non la trovo. Ti ho dimostrato sempre quanto ti amo e non mi importa nessun altro ragazzo che non sia tu ma, ti è bastato vedere delle foto ,innocue tra l'altro, per definirmi come le altre se non peggio- quanti pugni allo stomaco continuava a darmi questa frase.
Quanti pianti e quante notti insonni.
Certe parole ferivano peggio di cento lame affilate, queste poi e soprattutto dette da lui, erano state come se gli fossi passata accanto e mi avesse scambiata per il disco del tiro con le freccette, in un venerdi sera al pub con gli amici.
Tanto, le aveva sputate fuori con la stessa leggerzza con cui si tirano quelle dannate freccette per diverimento o più per noia.
Lui,non si rendeva conto di quanto male mi avesse causato quella frase, perche mi aveva messa a parogone con persone che lo avevano deluso nelle sua vita ed io: tutto volevo tranne che deluderlo.
La delusione è ancora peggio della rabbia.
Quando deludi una persona, non ha solo perso la sua fiducia ma hai perso la sua stima ed il suo rispetto e per me erano valori importantissimi.
Volevo accanto a me una persona che mi stimasse, me mi reputasse degna di potergli stringere la mano lungo il corso della sua vita e che mi rispettasse perché provasse un infinita gioia nello starmi accanto, perché in me vedeva quel porto sicuro dove approdare sia che il mare fosse stato in tempesta si che non lo fosse.
-sono peggio perché non mi accontento? Perche mi pongo al tuo pari e perché voglio che tu mi porta rispetto? Sono peggio perché tengo al mio lavoro, alla mia carriera e voglio potermi sentire libera? Perché sono peggio delle altre?- gli chiesi aspettandomi una risposta che sia in grado di mettere a tacere tutti quei demoni che mi tartassano la mente.
-io non capisco Paulo,non capisco cosa tu voglia da me. Non so se tu stia cercando una copia di Antonella e credimi, non te ne farei mai una colpa ma, io non potrò mai essere lei- mi guardò con gli occhi che avevano le pupille così piccole che mi crearono angoscia.
Non mi reputavo superiore ad Antonella ma, eravamo diverse come il giorno e la notte.
Magari lei era molto più dolce, molto più accondiscendente, magari a lei stava bene dargliela vinta evitando le discussioni ma io, io purtroppo non sarei mai potuta diventare cosi, neanche lontanamente.
Io ci tenevo ai miei valori e ad i miei principi perche senza quelli nom sarei più stata me stessa.
Non riuscivo a dormire serena con la testa comoda sul cuscino se, c'erano cose che non mi andavano bene e più di tutti tenevo al rispetto, di qualsiasi genere e forma potesse essere.
Ci stava che si fosse infastidito per le foto, di certo non potevo aspettarmi che facesse i salti di gioia altrimenti quella sensazione di disagio che avevo provato fin dal primo istante, non avrebbe avuto senso ma, arrivare ad essere cattivo per una cosa così mi sembrava eccessivamente esagerato.
Che poi, io la cattiveria non la contemplavo nemmeno; non è un attitudine che reputo sia giusta appartenere alle persone.
-io non voglio nessuno a parte a te- sussurrò come se avesse il magone in gola.
Piangere sarebbe servito ad entrambi, ammesso che tutti e due avessimo ancora sufficienti lacrime a disposizione per poter parlare di pianti.
-ho sbagliato, sono stato stupido e mi dispiace ma ho avuto paura Gwen. Io ti voglio tutta per me e mi fa perdere la ragione sapere che ci sono altri pronti a volerti. Sei bella sei intelligente e..- gli accarezzai il volto sedendomi sulle sue gambe.
Troppo stanca di stargli lontana.
- ma io sono tua, perché fai fatica a rendertene conto?- glielo sussurrai sulle labbra senza baciarlo veramente.
Gli guardai quegli occhi nella vivida soeranza di ritrovarci il mio Paulo, quello vero senza scudi e maschere.
-non sono mai stato cosi innamorato e ci sono cose che mi fai provare che mi lasciano confuso e spiazzato e mi sento strano e allora mi difendo. Non sapevo che cosa fare quando ho visto le foto, ho odiato lui perche non lo sopporto e perché sapevo bene a che tipo di gioco volesse giocare e io mi aspettavo che tu l'avresti ignorato- ma di fatti di questo si trattava.
L'avevo ignorato, con gentilezza e caparbietà ma lo avevo ignorato.
-era solo una stupida passeggiata a parco Valentino, mi ha portato un mazzo di rose ed io odio le rose soprattutto quelle rosse, mi ha portato all'Arcadia ed odio anche pranzare in quei posti e sai cosa ho realmente apprezzato di quella giornata? Il vino bianco perché era il tuo preferito- mi tenne stretta al suo petto.
-che mi importa di lui se ho te? Se ti amo cosi tanto che voglio sposarti e creare la mia famiglia con te- baciai finalmente le sue labbra salate e ne accarezzai i contorni con la lingua.
Non era una persona a cui veniva facile esprimere i suoi sentimenti, lo si capiva dal modo in cui preferiva i lunghi silenzi in cui si rifugiava; credevo dipendesse dalle cose che avevano segnato la sua vita.
Non poteva dire di aver avuto un infanzia difficile ne tanto meno triste ma, aveva comunque perso suo padre quando era ancora un giovane ragazzino e da allora poi si era allontanato da casa sua nella costante impresa di realizzare il suo sogno che poi, non sapevo nemmeno se alla fine l'avesse fatto più per se stesso o per suo padre.
Si era aggrappato alle uniche cose che effettivamente gli rimanevano sue e quelle erano le sue incredibili doti da calciatore e il silenzio fatto di pensieri trattenuti per se stesso.
Inconsapevolmente aveva poi sviluppato una sorta di protezione maniacale nei confronti di sua madre,nonostante anche adesso anche con lei non riusce mai ad esprimersi totalmente.
Se fossi stata in grado di farlo per davvero, gli avrei dato un foglio bianco e dei colori provando a vedere cosa avrebbe disegnato per prima, quali colori avrebbe utilizzato, se avesse scritto oppure se avesse semplicemente fatto quei tipici ghirigori strambi.
Ero certa che ci fosse ancora quel bambino da qualche parte nel suo cuore, solo che prima di arrivare a quello sapevo bene di dovermi guardare in torno perché ci aveva messo cosi tante trappole, tali da farmi sentire come un topo.
-volevo solo farti capire che è lavoro e che noi non possiamo porci allo stesso piano del lavoro, chissa quante fan ti incontreranno per strada e ti palperanno o ti dichiareranno il loro sconfinato amore per te ma, non posso lasciarmi schiacciare da questa cosa come tu non puoi lasciarti abbattere da una ragazzino intraprendente . Fuori dal campo e dal mio ufficio , qui a casa o comunque fuori dal mondo del lavoro, siamo sempre e solo io e te ed io vorrò sempre te- avevo accolto il consiglio di Lara e per questo volevo parlare con lui a cuore aperto.
-ti amo cosi tanto- mi disse appoggiando il suo volto sul mio petto.
-ti amo cosi tanto anche io- gli accarezzai la testa per confortarlo, provando a calmare i cuori di entrambi.
-ormai dobbiamo rassegnarci al fatto che siamo finiti ad essere una coppia di quelle vip che verranno perseguitate, cosa vogliamo fare? Dare loro l'opportunità di distruggerci o giocare d'anticipo?-mi guardò stupito che avessi preso io questa iniziativa
-non ti piace - ma mi piaceva lui e avrei fatto di tutto per lui
-ma amo te e non mi importa se la mia faccia indecente sarà su tutti i tabloid, l'importante è che io possa stare con te e continuarti ad amare come vorrei fare per tutta la mia vita- mi sorrise baciandomi subito dopo e intrappolandomi tra il suo corpo ed il divano.
Mi sfilò la felpa, lasciandomi con il torso nudo che baciò centimetro dopo centimetro.
Il suo tocco mi rilassò e mi sembrò di raggiungere il nirvana; le mie mani spogliarono anche lui, mentre le mie gambe lo tenevano stretto a me in una tacita richiesta di prendermi con se per andare in qualsiasi posto fosse capace di trasportarmi.
Baciai la sua bocca non saziandomi mai, schiocchi di baci sonori che rimbombavano nel silenzio della casa interrotto dai nostri respiri affannati.
Le sue mani rincorrevano le mie mentre, le dita si intrecciavamo nello stesso tempo in cui i miei piedi si arricciarono per il contatto del suo centro con il mio.
Era come una soluzione chimica che veniva in contatto, qualcosa di pericoloso ma dannatamente attraente.
L'antimateria.
Il mio corpo andò incontro al suo, meravigliato del contatto a cui l'avevo privato.
Mi sembrò di tornare a vivere, di tornare a sentirmi donna e a sentirmi Gwen.
I suoi gemiti rimasero scalfiti nelle mie orecchie, facendomi bruciare da dentro, con un'anima divorata dalle lingue di fuoco.
Bruciare per lui.
Ero fatta per lui, per il suo corpo, per il suo amore e lo stesso lui era fatto per me, per il mio corpo e per il mio amore.
Due casini in una perfetta eccezione alla regola.
Non c'era logica, scienza, matematica che tenesse a confronto.
-ti prego- mi sussurrò sul collo ed io annui lasciandoglielo fare.
Adorava lasciarmi marchi del suo passaggio, riempiendomi di piccoli lividi chiamati succhiotti che ogni volta che li guardavo allo specchio mi facevamo sorridere.
Eravamo amore passionale e non avrei mai voluto che questo cambiasse perche ci rendeva Gwen e Paulo due comuni ragazzi di Torino.
Semplicemente noi.
Contro tutto il resto.
La mia gola emise un verso roco e quasi animalesco nel momento esatto in cui nelle profondità raggiunse un particolare punto capace di sovvertire tutta me stessa.
-Pa-u- mi arpionò i fianchi stringendoli tra le sue mani e poi avvertii del calore esplodere dentro di me prima che una serie di suoi baci caldi mi percorsero entrambe le clavicole.
Dio, se l'amavo.
Accarezzai i suoi capelli sul mio petto, mentre il suo corpo rimase ancora accanto al mio non volendosene separe.
Eravamo stati divisi per troppo tempo e nemmeno io volevo che si allontanasse da me.
-Ti sei addormentato?- gli chiesi quasi sussurando provando a non ridere della cosa.
-mh, quasi- mi rispose trovando una posizione più comoda tra i miei seni.
-hai cambiato la serratura?- gli chiesi e lui annui.
Di certo se mi addormentavo così non volevo ritrovermi con nessun amico di Paulo all'improvviso in giro per casa sua.
Continuai ad accarezzargli i capelli avvertendo che il suo respiro diventasse regolare mentre io per tutte le ore di sonno che avevo accumulato, mi portavo dietro un paio di occhi svegli e pimpanti.
In più, il mio essere donna si sarebbe fatto qualche altro giro ma Paulo era collassato letteralmente sul mio corpo.
Per l'assurdità dei miei pensieri, risi e mi vibrò il corpo, Paulo infastidito si mosse leggermente non curante che fossimo ancora decisamente troppo uniti.
Provai a distrarmi con mille e mille cose, teorie filosofiche naturaliste pescate da reminiscenze liceali ma l'unica cosa che realmente stavo facendo era ammirare me e Paulo dal riflesso del televisore.
Alle ventitre il suo cellulare vibrò per l'arrivo di una chiamata di Mariano a cui decisi di rispondere.
-hola- lo salutai sussurrando
-Gwen?- chiese titubante e preoccupato
-proprio io- gli risposi
-allora Dio esiste davvero- mi fece ridere il suo modo di dimostrarmi quanto fosse felice che mi trovassi con suo fratello.
-ti serve qualcosa?- gli chiesi
-parlare con Paulo ma posso chiamare domani, fate tutto quello che avete da fare- arrossi violentemente
-Paulo sta dormendo, comunque- sottileneai mentre Mariano dall'altra parte del telefono rideva.
-fingerò di crederci- e cosi staccò la chiamata lasciandomi stordita.
Cosa era appena successo?
D'improvviso la bocca di Paulo riprese a baciarmi la pelle dei seni e sospirai perché ero sulserio troppo sensibile.
-la prossima volta dimmelo- mi sussurrò guardandomi negli occhi con un pizzico di malizia che amavo vedergli in volto.
Giovane e dannatamente passionale.
C'erano cosi tante versioni di Paulo in un solo uomo a cui avevo dato la possibilità di prendere tutto di me senza riserva alcuna.
-avevi sonno e vieni da una partita di calcio importante - provai a spiegargli ma mi baciò per zittirmi
-ma non sarò mai troppo stanco per rinunciare a te- prese d'assalto le mie labbra e in generale la mia bocca, riprendendo a muoversi con decisione e fermezza.
Avrei giurato di poter svenire se la cosa fosse continuata così per lungo tempo, non capendo se volevo che smettesse o che non smettesse proprio.
Un limbo senza fine.
Non so quanto effettivamente giovasse alla nostra salute ma fu una notte abbastanza giovane, piena di me e di lui e dell'amore che dovevo risarcirgli per averglielo privato in dodici fottutissimi giorni del corno.
Alle prime luci dell'alba, con la tenda della finestra un po spostata a destra, intravidi il sole spuntare mentre la mia testa era appoggiata sul suo petto e le sue mani giocavano distrattamente con le ciocche disordinate dei miei capelli neri .
Era un momento del tutto rilassante, fatto di un silenzio in cui si poteva avvertire il nostro respiro sincronizzato e tutta una serie di ti amo che aleggiavano da una mente all'altra.
Con i polpastretti delle dita gli accarezzai la pelle liscia baciandogliela subito dopo; mi era dannatamente mancato e non riuscivo a capire come fosse stato possibile poter sopravvivere con quella pessima sensazione che solo dopo aver fatto l'amore con lui ero stata in grado di allontanare da me stessa.
Mi addormentai così , accarezzata dal suo amore e cullata dalle sue dolci parole spagnole sussurrate vicino al cuore.
A fare bene .
Quando i miei occhi si riaprirono, mi ritrovai da sola al centro del suo enorme letto mentre dalla porta aperta del bagno si sentiva l'acqua scorrere, così mi alzai uscendo fuori dalle lenzuola e distrattamente osservai il mio corpo nudo allo specchio.
Ero cambiata, un sacco.
Avevo perso alcune formosità, sui fianchi ad esempio ma in compenso non avevo mai avuto un sedere cosi tondo e tonificato.
-potrei volere un risveglio del genere tutte le mattine per il resto della mia vita- mi girai di scatto ad osservarlo mentre si asciugava i capelli con un panno di spugna nero frizionandolo velocemente sulla sua testa.
-buongiorno- gli dissi baciandolo mettendomi in punta per raggiungerlo.
-buongiorno- mi trattenne un po di più e mi fece ridacchiare il suo verso di apprezzamento.
-stupido, lasciami andare in doccia- mi guardò per tutto il tempo, sedendosi sulla tavolozza chiusa del water mentre mi insaponavo velocemente per non perdere ulteriore tempo .
-giuri che se ti chiederanno di posare per qualche rivista non lo farai mai?- smisi si sfregare la spugna sulla mia pelle provando a capire il flusso dei suoi pensieri .
-non lo farei mai, non mi piace stare mezza nuda- almeno non con gli altri.
-a me piace che tu stia mezza nuda ma, solo quando siamo io e te- ridacchiai soffiandogli del salone sul volto che lo colpì in pieno.
-piccolo pervertito- rise e si sporse a baciarmi finendo per entrare in doccia.
Non c'erano momenti che mi ricordassi in cui stando insieme a lui non mi fossi sentita felice, al posto giusto nel momento giusto.
Aveva questo grande potere, quello di farmi toccare il cielo con un dito.
Era impossibile definire i contorni di ogni singolo marchio rosso fragola che aveva amorevolmente lasciato sulle mie spalle e nel mio seno e nonostante il mio corpo potesse farli sembrare dei lividi, più li guardavo più mi piaceva averli.
Mi asciugai finendo con l' andare a fare colazione solamente ricoperta dal telo di spugna bianca; i termosifoni erano ancora fortunatamente accesi anche se a temperature più basse ma comunque rendevano l'ambiente sufficientemente riscaldato da poterci stare così .
Fu una colazione con il cuore leggero, nulla poteva rovinare questo momento perché era solo nostro e perché ero ritornata a sorridere dopo un tempo che mi sembrava infinito.
Avevo la pelle esposta al sole che filtrava dalla finestra della cucina e il mio sorriso in volto rispecchiava il suo; lontani dai commenti e dalla negativa che avevamo chiuso fuori dal portone di palazzo SanCarlo in via Roma.
Quante cose mi passavano per la mente ogni volta che i miei occhi incontravano i suoi, quanti battiti il mio cuore perdeva e soprattutto quanto amore continuasse a traboccare dal mio cuore, per nulla stanco di battere per lui.
-sei proprio la donna più bella del mio universo- mi accarezzò la mano e se la portò alla bocca per baciarla teneramente facendomi sospirare di pura felicità.
Non c'era felicità nella mia vita che non assumesse le sue sembianze.
Mi alzai dalla sedia per potermi sedere sulle sue ginocchia, infischiandomene se il telo si fosse slacciato e mi avesse lasciata nuda sul suo corpo, era cosi intimo il filo che ci connetteva e le parole taciute che ci stavamo dicendo con gli occhi che non importò nient'altro che non fosse il nostro amore.
Mi baciò dando leggeri morsi sulle mie labbra e facendomi ridacchiare come se la primavera mi stesse sbocciando da dentro e mi sentii come Alice.
Nel paese delle meraviglie.
-ti amo- mi disse guardamoni negli occhi.
Verdi, limpidi e luminosi.
In quegl'occhi in cui mi sarei tuffata perche sembravano una di quelle riserve naturali degne di essere considerate bellezze assolute della natura.
-ti amo più io- gli spostai il ciuffo dalla fronte e gli baciai la punta del naso, respirando a pieni polmoni il suo inconfondibile profumo.
Per le undici riuscimmo a metterci i  vestiti , il suo allenamento sarebbe iniziato alle quattordici ed io avevo la mattinata libera fino alle quindici e per questo volevo godermi Torino insieme a lui, dato che mai avevamo avuto il tempo per poter passare una mattina, solo io e lui nella nostra città.
-vuoi camminare a piedi?- mi chiese mentre io già mettevo piede fuori dal portone di casa sua pronta a farmi la mia romanticissima passeggiata prima di andare a pranzo.
Quando uscii fuori la prima cosa che avvertii fu l'inconfondibile odore di vernice fresca e mi chiesi da dove provenisse; anche Paulo ,mentre indossava i suoi occhiali da sole, arricciò il naso infastidito.
-ma che diamine è questo odore?- mi chiese
-vernice, almeno penso- poi ne abbi la conferma quando guardai la lastra di marmo grigia che contornava il nuovo portone del palazzo.
Qualche demente di turno si era divertito a imbrattarla con una una parola scurrile di quattro lettere, incitando chissà chi nell'atto del succhiare.
-vandali- commentai , infastidita che ancora nel duemiladiciotto ci fosse gente così troglodita.
Paulo la guardò forse più sconcertato di me mentre l'avvocato del secondo piano, tornava indietro a telefono , e anche lui infastidito dall'atto di vandalismo, si fermò accanto a noi.
-buongiorno Paulo, Gwen- ci strinse la mano e noi ricambiammo.
-ve ne siete resi conto anche voi?- annuimmo purtroppo.
-stiamo chiamando il portiere per la registrazione della telecamera , vediamo chi è questo menomato di turno- sarei stata infinitamente contenta se l'avessero preso e gliel'avrebbero fatta pagare cara.
Basta con questa idiozia di riempire Torino di graffiti idioti e volgari.
Il portone non era sulla via principiale, fortunatamente aggiungerei, perché altrimenti chissà fin dove la gente si sarebbe spinta a citofonare a qualsiasi ora della notte e del giorno non lasciandogli tregua.
Ci guardammo ancora un po' intorno, non sapendo bene cosa fare e persino il proprietario del delizioso ristorante-caffetteria accanto al numero civico del portone, attirato da tanto trambusto uscì fuori a notare cosa fosse successo.
-ti stai agitando- gli sussurrai.
Era chiaro che volendo poteva essere una volgarità indirizzata a lui, soprattutto dopo la perdita di ieri che magari aveva potuto far alterare gli animi di alcuni tifosi juventini, che io li definivo di più " deficienti opportunisti" ma, lasciando perdere.
-non è detto che sia per te- gli dissi senza mezze misure sapendo bene quanto le sue rotelle fossero veloci a correre.
-io invece penso proprio di si- mi disse e io ad avvalorare la mia tesi, continuai a scuotere negativamente la testa.
-i soliti cafoni- commentò Biagio portandosi le mani sui fianchi
-ma di cosa ci stupiamo? Questa Italia sta andando a rotoli- quella sua costante vena pessimista in compenso strappò un sorriso a Paulo.
-venite, vi offro un caffe- e così aveva invitato noi e l'avvocato Martinetti.
Passammo ben venti minuti, tutti pieni pieni di commenti calcistici e di incoraggiamenti per Paulo, che lì accettò apprezzandolo davvero.
Dopo, finalmente nuovamente sereni, ci incamminammo per tutta Via Roma.
Se volevano qualcosa da fotografare, beh che fotografessero questo!
Tenne il suo braccio destro sulla mia spalla, stringendomi al suo corpo e per una mattinata mi sentiti solamente Gwen con il mio uomo, senza troppi convenevoli di torno.
Le vetrine dei negozi erano piene zeppe di vestiti di alta classe, alcuni anche di cattivo gusto ma comunque con un prezzo esorbitante.
A Paulo piaceva un sacco comprare vestiti, non so perche lo facesse ma ci teneva parecchio a stare sempre sul pezzo e a vestirsi alla moda, per niente scontato e soprattutto con una cura al dettaglio che non l'avresti mai detto che poi durante tutta la settimana indossava completi sportivi e si ammazzava di palestra.
-questa camicia è oscena, non puoi dire sulserio- aveva appena visto una camicia leopardata Versace il cui prezzo era indicibile.
-quest'estate sarebbe perfetta, con la pelle abbronzata- lo guardai inarcando un sopracciglio
-sbaglio o hai detto che in estate in Argentina fa freddo?- come pretendeva di abbronzarsi
-infatti non andremo solo in Argentina, voglio una settimana tutta nostra in un posto super caldo cosi mi farai vedere tutti quei costumi che voglio proprio toglierti di dosso- mi baciò velocemente mentre la gente ci passava accanto, magari anche facendosi i fatti nostri.
Fortuna che certe cose ce le dicevamo in spagnolo, provando ad essere noi stessi senza finire in copertina con qualche scandalo.
-vuoi davvero provarla?- annui portando una mano sulla porta d'ingresso della boutique.
Ci accolsero molto garbatamente e sembravano già conoscere Paulo.
-signor Dybala- di fatti lo salutarono
-buongiorno- ricambiò lui guardandosi intorno.
C'era un costume che scommettevo gli sarebbe stato da dio, senza che fosse necessario che lo provasse .
Aveva un fisico statuario e il colore nero e quello oro avrebbero solamente potuto accompagnare la bella abbronzatura che già da cosi possedeva.
-potrei avere la taglia m della camica in vetrina?- la giovane commessa quasi scattò come un grillo mentre osservai Paulo sorridermi.
-ecco, il camerino è di la- ci indicò la zona e fu cosi intelligente da rimanere al suo posto.
Mi accomodai in uno di quei comodi pouff di pelle nera mentre Paulo entrò dentro tirandosi dietro la porta e uscendono fuori solo cinque minuti piu tardi.
La mia salivazione poteva considerarsi del tutto sparita, anche una camicia poco sobria come quella che stava indossando, addosso a lui era spettacolare.
-allora?- si sistemò le maniche mentre mi alzai andandogli incontro e baciandolo
-sei bellissimo, come sempre- mi sorrise.
-aspettami un attimo qui- gli dissi tornando all'ingresso.
-scusi, potrei avere la quinta taglia di quel paio di boxer da mare? E il cappello di paglia del manichino- mi sarei giocata anche la carta di duecento euro ma, solo al pensiero immaginavo quanto belli gli sarebbero stati.
-prego- mi sorrise cordialmente mentre me ne tornai da Paulo.
-tieni provali- li accettò e li guardò per alcuni istanti prima di richiudersi dentro.
Quando ne usci fuori, pensai di aver avuto un collasso ormonale o una roba simile.
-amor?- mi chiese sorridendo
-Dybala, va a cambiarti subito- era divino.
Di-vi-no.
-allora?- mi domando la commessa.
-il cappello e il costume sono un regalo- spiegai velocemente passandogli la mia carta di credito che fece strisciare alla velocità della luce.
-la camicia?- mi chiese
-la prende pure- Paulo tornò accanto a me porgendogli la carta e sorridendomi ancora stupito che avessi avuto una reazione simile.
Quando uscimmo fuori gli porsi il sacchetto che accettò sapendo bene cosa vi avrebbe trovato all'interno.
-mi devi portare in un posto caldo solo perche IO devo toglierti di dosso queste cose- rise e mi strinse a se.
Non mi nascondevo dietro un dito e ammettere che avessi l'ormone impazzito per lui era molto facile dal momento che potevamo, se fosse dipeso da noi, rotolarci tra le lenzuola per giornate intere.
Più avanti qualcuno ci fermò chiedendogli un autografo e una foto, scambiando due veloci parole e stupendosi che fossimo insieme, felici e sereni come invece loro non si aspettavano.
Gli fregai gli occhiali da sole che stava indossando, per proteggere i miei occhi che iniziavano ad infastidirsi.
-hei- protestò anche se poi sorrise e me li lasciò indossare, non prima di baciarmi.

Fino Alla FineDär berättelser lever. Upptäck nu