Capitolo 40

8.9K 169 16
                                    

L'inverno aveva preso prepotentemente il posto dell'autunno e fuori il tempo nuvoloso e il vento, avevano costretto tutti ad indossare caldi maglioni di lana sotto cappotti lunghi fino alle ginocchia che, talvolta, dal freddo iniziavano una danza coordinata con i denti.

Dal cielo una pioggia costante e fine si abbatteva sugli ombrelli ,super colorati, della gente in strada per andare a lavoro; il mio ombrello trasparente mi consentiva di poter alzare lo sguardo in alto e osservare come la pioggia si abbattesse violenta sulla plastica per poi seguirne i contorni ,quasi accarezzandola.

Le stagioni fredde non mi sono mai piaciute più di tanto , forse perché a Torino piove sempre e i miei amici del sud mi raccontano di come loro, invece, abbiamo il sole per molto più tempo.
Questo, sorge alto e rovente ad Aprile e tramonta,per pochissimo tempo, solo alla fine di Novembre.
Una cosa però mi piace, l'inverno porta con se la pioggia e il buonissimo odore di terra ed erba bagnata che, seppur abitassi in città,per alcuni istanti mi consentiva di poter ritornare nelle campagne toscane, le stesse dove io con la mia famiglia eravamo soliti, quando ero bambina, trascorrere le vacanze pasquali.
Gli album di casa mia, sono pieni di foto ricordo di una bambina, per niente calma e tranquilla,ma sempre iperattiva e persino un po maschiaccio che nonostante il vestito giallo e le codine, stava seduta tra i fiori a giocare con le formiche. Nella stragrande maggioranza delle volte, mi riempivo il corpo di punture di insetti, un volta riuscii beccare persino in morso di un vespone nero e nonostante bruciasse avevo tenuto la bocca chiusa e continuavo a giocare seduta tra i fiori che raccoglievo per poi pentirmene subito dopo, avendo il senso di colpa di averlo ucciso

Da bambina, mi piaceva come tutt'ora mi piace continuare a fare, correre a piedi scalzi ovunque perché la sensazione che le dita dei miei piedi possano essere libere di scontrarsi con il terreno, talvolta ruvido fino a graffiarmi le piante del piede, era magnifico anche solo per il semplice fatto che dava fastidio a mia mamma che, invece, mi voleva più calma e femminile.

Quando tornavo da quelle vacanze avevo sempre una cicatrice in più e qualche punto da dover togliere.
Fortuna che mio padre è un chirurgo e non dovevamo fare un continuo via vai dal pronto soccorso.
Una volta, ricordo bene di come ebbi la geniale idea di mettere le braccia tra le sbarre del cancello, di quella vecchia campagna che affiancava la casa che, i miei nonni paterni affittavano ogni anno per la settimana santa.
Più volte mi era stato detto di non avvicinarmi a quel cancello, fosse per il semplice fatto che era pieno zeppo di erbaccia che poteva nascondere chissà quale parassita maligno ma, io testarda come un mulo avevo scelto di fare di testa mia e il vestito mi era rimasto impigliato tra i ferri di un filo spinato che non avevo visto.
L'impulsività, altra grande amica fedele della mia tenera giovane età, mi aveva consigliato di tirare indietro il braccio; poco importava se il costoso vestito della domenica di Pasqua sarebbe diventato la nuova faglia di Sant'Andreas, l'importante era poter tornare indietro entro la terza volta che mia madre, affacciata dalla terrazza, mi chiamava a gran voce.
Tutto era andato bene, fino a quando non mi resi conto che un generoso lembo di pelle, giaceva incastrato insieme alla stoffa.
Bruciava e sanguinava parecchio ma, sarà stata l'adrenalina o forse l'abitudine , non svenni; al contrario di mia madre che cadde,come corpo morto cadde.
Piombò a terra come una statua di cera e fece un botto cosi grande che piansi per paura che si fosse fatta male.
Quel giorno portò con se una cicatrice di sette punti e un braccio rotto, quello si mia madre.

Non so se voi ci credete alla lettura delle stelle; io molto.
Il mio segno zodiacale, l'ariete, è un segno del fuoco e questo mi rispecchia molto perché adoro le sfide e trovare sempre la soluzione alle difficoltà.
Mi piace sbagliare e sbattere la testa al muro, e poi riprovarci finche alla fine le cose non vanno come dico io.
La mia testardaggine è stata un lama a doppio taglio nella vita, sopratutto perché talvolta a causa di questa ho impiegato il doppio del tempo per raggiungere un obiettivo.

Fino Alla FineWhere stories live. Discover now