9. 11-9-2000 e nastro rosso

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Canzone per il capitolo:
Love You Goodbye
One Direction

Al mio risveglio il sole illumina piacevolmente il mio cuscino, gli uccellini cantano, e un profumo di torta appena sfornata aleggia nell’aria.

Scherzo. Stavo solo sognando. Un evento irrealizzabile.

Il mio sonno viene interrotto invece dai raggi del sole che sono riusciti a filtrare tra le tende e mi stanno acciecando, dal camion dei rifiuti che fa una fracasso assurdo solo per svuotare un caspio di cassonetto e dall’odore di bruciato che viene dalla cucina.

Come dire addio felicemente alla propria casa parte 1.

-Buongiorno- sbadiglio rivolta a mia mamma, entrando in cucina con i capelli raccolti in una cipolla spettinata e indossando la mia maglietta extra-large che uso come pigiama. 

-Ciao tesoro? Pronta per la partenza?-

-Certo, emh…cos’è?- indico l’ammasso informe carbonizzato di quello che in origine doveva essere l’impasto di una torta.

-Emh…volevo farti una sorpresa per questa ultima colazione a San Francisco, ma ero impegnata con i preparativi, dovevo ancora fare le valige... Mi sono distratta e la torta è stata in forno trop…-

Zittisco mia madre dandole un abbraccio ricco di affetto.

-Va bene anche così, non ti preoccupare, davvero...- le sussurro all'orecchio, notando che con fatica trattiene le lacrime.

Io odio vedere le persone a cui tengo scoppiare in lacrime senza poter fare niente per aiutarle.

-Oh, bambina mia…-

-Le lacrime teniamole per stasera, ok?- le propongo staccandomi dall’abbraccio e asciugandole le guance umide e leggermente rosse.

-Ok…- mette su un sorriso tremolante e mentre ci fissiamo negli occhi noto forse per la prima volta che mi sta guardando come una mamma guarderebbe sua figlia e non con l’espressione fredda e distaccata che mi ha rivolto per questi anni, tipico della “versione avvocato” di Irma Meier.

Poco dopo la mia ultima colazione esco con papà diretta verso la scuola. Devo svuotare il mio armadietto e salutare un’ultima persona.

-Entro io, tu aspettami qui, arrivo subito- dico rivolta a mio padre, seduto alla guida dell’auto che ha appena parcheggiato nel cortile del liceo, ed esco dall’abitacolo sbattendo la portiera.

Sono le otto e mezza e a quest’ora dovrebbero essere già tutti a lezione.
Bene, mi dico, non dovrei incontrare nessuno nei corridoi.

Procedo spedita verso il mio armadietto e tolgo il lucchetto inserendo la combinazione.

-11-9-2000, ormai la so a memoria pure io- mi suggerisce una voce da dietro le spalle.

-Oh, ciao- Lo saluto senza staccare lo sguardo dai quaderni che continuo a sistemare.

-Non essere così fredda- mi rimprovera Luke.

-Io non sono fredda con nessuno.-

-Sisi, come no…- sta iniziando ad irritarmi -Allora è vero?-

-Cosa?-

-Che ti trasferisci. Te ne vai in Germania.-

-Che cosa vuoi da me?- domando a Luke sbattendo l’anta dell’armadietto e rivolgendomi al ragazzo con un sorriso tirato sul volto.

-Perché non me lo hai detto?-

-Perché ti dovrebbe interessare, Smith?-

E lui non dice niente. Se ne sta zitto, davanti a me, con un’espressione delusa stampata in faccia, come a ricordarmi che dovevo sentirmi in a colpa ad andarmene senza salutarlo.

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