L'indomani mattina fu l'odore del cibo a svegliarmi; aprii un occhio e poi l'altro notando Paulo che teneva un vassoio in mano mentre provava a mettersi sul letto senza far rovesciare nulla.
Mi alzai sul busto per dargli una mano ma mi guardò storto ma comunque sempre innamorato.
-rimettiti coricata, devo svegliarti io- mi fece ridere ma lo feci volentieri.
Se per svegliarmi mi avrebbe riempita di baci, beh, allora forse ci avrei potuto persino impiegare un'oretta buona prima di decretare il mio risveglio.
Si abbassò sul mio volto a baciarlo piano piano e lentamente, soffici e delicati baci che atterravano come caramelle gommose in bocca.
-buongiorno neña- sfiorò le sue labbra con le mie e poi le baciò.
-ancora un altro pochino- gli dissi con gli occhi chiusi facendolo ridere
-abbiamo qualcuno bisognoso d'affetto?- annui
-tanto affetto- che provenisse unicamente da lui che era come la mia lanterna cinese.
Quel desiderio espresso in riva al mare con il rumore leggiadro delle onde basse che si infrangono sulla sabbia, i piedi scalzi e i capelli sciolti e mossi mentre le braccia rivolte verso il cielo, trattengono ancora un po un sogno, uno dei tanti ma ancora una volta sempre lo stesso, pronto per toccare il cielo.
Quando le sue labbra toccarono ancora le mie le trattenni per più tempo, gustando il sapore di dentifricio alla fragola che più che altro sapeva di BigBabol.
Poi mi decisi finalmente ad aprire gli occhi, e mi ritrovai i suoi cosi vicini ai miei e sorrisi per quanto diamine erano belli.
-speriamo abbia i tuoi occhi- lo dissi con naturalezza come se da mesi ormai, convivessi con questa notizia quando invece la sapevo solo da pochi giorni ma forse, il mio inconscio l'aveva saputo fin da sempre.
-ma a me piacciono i tuoi- e a me i suoi, non potevamo mica pretendere che venisse con un occhio di un colore e uno di un altro colore.
-io lo tengo per nove mesi, quindi ascolterà a sua mamma è avrà gli occhi verdi- Paulo si imbronciò.
-non vale, io non ho la possibilità di tenerlo nove mesi- mi fece sorridere il cuore
-ma puoi tenere me, che ti assicuro sarò peggio di un bambino- ovviamente stavo scherzando ma, con tutta la sincerità mi sarei goduta la gravidanza senza minimizzare nulla.
Dopo la doccia raggiungemmo insieme la Continassa e non mi raccomandò altro che non fosse prendere quel benedetto appuntamento dal ginecologo.
"Possibilmente femmina, sono geloso".
Praticamente il mio medico da sempre all'improvviso non andava più bene.
Ovviamente io avrei comunque chiamato nello studio del professor Fideli perché conosceva la mia storia clinica e sapeva cosa era meglio per me, per noi.
Così, se il mattino aveva l'ora in bocca io invece avevo la cornetta del telefono, sempre in attesa da almeno mezz'ora, mentre firmavo carte su carte.
Mi sentivo più che altro in qualche ufficio dello stato più che alla Juventus e questo perche stavamo ancora lavorando al mercato e ogni volta acquistare e vendere un giocatore era un impresa tipo l'Odissea.
-Pronto, studio ginecologico del dottor Fideli, sono la segretaria ..chi parla?- risposero dalla cornetta
-Ludo, sono Gwen- la salutai molto amichevolmente perché mi conosceva da praticamente quando avevo dodici anni
-Gwen!! Tesoro come stai?- avrei voluto dirle che mai mi ero sentita cosi bene come adesso.
-tutto bene. Senti, ho chiamato per avere un appuntamento- la sentii mentre sfogliava le pagine della sua agenda dove li annotava.
-ha uno spazio libero, giorno nove settembre- praticamente tra due settimane.
Paulo non sarebbe stato d'accordo nemmeno sotto tortura.
-cosi tardi?- lei annui desolata non sapendomi cosa altro dire.
Mi scocciava dover utilizzare il numero privato del professore, me lo aveva dato per casi eccezionali e una gravidanza..la potevo considerare un caso eccezionale?
-stai male?- mi chiese preoccupata
-no, solo devo fare una visita di routine- tergiversai il discorso e poi staccai la chiamata ringraziandola ugualmente.
Dario lavorava tranquillo nel suo angolo dell'ufficio e ultimamente mi era davvero d'aiuto con parecchie pratiche.
Stava crescendo molto dal punto di vista lavorativo e il suo più grande pregio stava nel saper ascoltare.
Se avevi un consiglio da dargli lui lo ascoltava volentieri e si lasciava guidare dalle persone che reputava degne o della quale si fidasse.
-pronto Ginevra- mi stupì il fatto che avesse il mio numero memorizzato sul telefono.
-pronto Professor Felici- lo salutai contenta di sentirlo sempre con un tono della voce di uno che sta perfettamente in forma.
-sai che stavo parlando di te con tuo padre? Ci siamo salutati dieci minuti fa- sorrisi all'idea che quei due fossero inseparabili.
-è successo qualcosa?- mi chiese dopo, forse nel momento esatto in cui si assicurò che nessuno potesse ascoltare la nostra chiamata.
-devo prendere un appuntamento, ho chiamato Ludovica ma l'unico posto libero è giorno nove di Settembre- annui ed io continuai a parlare
-ho fatto un test di gravidanza, beh in realtà tre- rise dall'altro lato del telefono
-tre? Cosi tanti?- si, mica lo sapeva che ne avevamo altri tre a disposizione e che Paulo nell'attesa sarebbe stato capace di farmeli fare
-si, sono risultati positivi ma volevo fare una visita per esserne certa- concordò con me che quella fosse l'idea migliore.
-guarda tesoro, io sono libero per l'ora di pranzo...posso inventare una scusa con tuo padre e mi trovi nello studio- lo ringraziai enormemente e lui mi disse che mi avrebbe aspettato.
Bene, ora non rimaneva altro che dirlo a Paulo.
Quando mi alzai dalla scrivania, Dario alzò gli occhi dai documenti guardandomi curioso ed io gli sorrisi facendogli capire che era tutto okay.
Scesi le scale per raggiungere la palestra e poi aprii le porte antipanico fino ad affacciarmi sul campetto dove si allenavano.
Non potevo mettermi ad urlare perciò sbracciai per alcuni secondi prima che il mister mi notasse e si avvicinasse.
-qual buon vento, Meneghini - mi salutò schiacciandomi un occhiolino
-mister Allegri- ricambiai il suo saluto
-ti serve qualcuno?- annui
-mi serve proprio la sua Joya- mi sorrise
-la mia? No, cara è la tua - Paulo ed il mister si volevano bene , capitava che qualche volte avessero delle piccole incomprensioni ma, tutto tornava apposto nell'arco di dieci secondi.
-Dybalaaa!!- urlò cosi forte che pensai che da un momento all'altro mi si sarebbero potute staccare le orecchie.
Paulo, smise di fare gli addominali e guardò dalla parte nostra, appena si accorse del mio corpo, scattò in piedi e corse verso di noi.
-que pasa?- parlò in argentino
-no pasa nada ma, devo parlarti per quell'appuntamento...- sperai mi intendesse al volo e fortunatamente fu cosi
-mister, posso?- gli chiese il permesso di potersi allontanare dagli allenamenti
-hai dieci minuti a partire da ora- il mister si allontanò ed io fui velocissima.
-abbiamo un appuntamento per l'ora di pranzo. Ti aspetto alla macchina e non metterci troppo. Il professore ci sta facendo un favore- mi sorrise contento e poi mi baciò prima di tornare nuovamente ai suoi allenamenti.
Passai il resto della mattinata a lavorare e a guardare quel dannato orologio alla parete, non vedendo l'ora che fosse mezzogiorno.
-aspettiamo qualcuno?- mi chiese Dario
-no, perché?- gli chiesi spontanea
-guardi quell'orologio da quando sei tornata -ah, quindi l'aveva notato
-aspetto un'email di lavoro entro mezzogiorno e tengo l'ora in mente- non sapevo che altro dirgli a riguardo
-se vuoi ci penso io- fu gentile ad offrirsi volontario
-no, è per un lavoro che mi chiesto di sbrigargli il Presidente e vuole che me ne occupi di persona- annui sorridendomi e così tornò al suo lavoro.
Evitai di guardare l'orologio ma in compenso guardavo il cellulare mentre sbrigavo le carte per i rinnovo del contratto di Miralem Pjanic.
Ero strafelice che stesse rinnovando fino al duemilaventidue e poi, avevo anche le pratiche di Mario Mandzukic che aveva deciso di ritirarsi dalla nazionale Croata e dovevo ancora contattare il suo procuratore.
Quando Dario si alzò dalla sedia, quello fu il chiaro indizio che fosse l'ora di pranzo, cosi attesi nel mio ufficio circa un quindicina di minuti,calcolando il tempo che Paulo ci avrebbe potuto impiegare per farsi una doccia e cambiarsi e poi scesi fino al parcheggio.
Agnelli stava appena mettendo piede alla Continassa e appena mi vide mi venne incontro.
-Gwen, buongiorno- mi salutò abbracciandomi
-buongiorno Andrea- lo salutai sorridente come sempre
-pranzate fuori?- chiese direttamente a Paulo nell'esatto momento in cui lo vide arrivare.
Paulo lo salutò mentre metteva il suo borsone nei sedili posteriori della macchina e poi chiudeva lo sportello.
-si, ci sono ancora due miei amici per questi ultimi giorni e chiudiamo con questo pranzo- sorrisi per la balla che si era inventato però era stata geniale.
-divertitevi allora. Buon pranzo e..Gwen, ti lascio un fascicolo sulla scrivania quando torni vieni da me in ufficio che ne parliamo - mi aspettavo già cosa avrei dovuto trovare.
Il signor Marchionne non era proprio in ottima salute e Agnelli ed John Elkan non avevano fatto altro che andare e venire dalla Svizzera in questi ultimi quattro giorni, perciò sicuramente doveva essere qualcosa sulla FCA.
In macchina Paulo guidò tranquillamente seguendo le indicazioni sul gps per raggiungere la clinica.
Fortuna che eravamo venuti a lavoro con la jeep e non con una delle sue auto sportive altrimenti passare inosservati sarebbe stato impossibile.
Nel parcheggio riservato riconobbi la mercedes di mio padre e sorrisi all'idea che da un momento all'altro l'avrei potuto rendere davvero felice .
-tu lo sai perché mettono delle panchine fuori dagli ospedali?- mi chiese all'improvviso Paulo, mentre ci dirigevamo verso le porte scorrevoli dell'ingresso.
-non lo, forse per dare un pasto a sedere magari a quelli che vogliono fumare- annui
-ma non è strano che all'ospedale ci sia un'area fumatori se è il primo a dire che non si dovrebbe fumare?- ora che mi ci faceva pensare effettivamente era proprio assurdo.
-l'ansia ti fa fare molte domande?- gli sorrisi mentre lui prese un respiro.
-e che mi sento ancora peggio di quando devo andare a giocare una partita ad eliminazione diretta- gli afferrai la mano stringendogliela e lui mi baciò sorridendo.
Conoscevo il percorso che dovevo fare e dovevo sbrigarmi se non volevo incontrare mio padre nell'ascensore pronto per andare a pranzo in mensa.
-pensi che sarà solo uno?- mi chiese leggendo quell'infinità di nomi scritti con il pennarello nelle pareti di acciaio dell'ascensore.
-non lo so, ma andrà bene comunque- annui contento e poi le porte dell'ascensore si aprirono.
Ludovica non era dietro la sua elegante scrivania perciò andai direttamente alla porta sbattendoci leggermente le nocche sopra.
-Avanti!- al suono spinsi la porta e Paulo mi seguì immediatamente
-Ginevra!- si alzò venendomi ad abbracciare
-dottore- nonostante la confidenza avevo sempre preferito chiamarlo con il ruolo che esercitava.
-lui è- non mi fece finire di parlare
-Paulo Dybala, tuo padre parla sempre di lui- Paulo arrossì e lo trovai adorabile.
-allora, miei giovani ragazzi accomodatevi- ci fece sedere e capii che lo stesse facendo per mettere Paulo a suo agio.
Ecco perché mai avrei voluto cambiarlo, lui era bravo a capire le persone.
-so che sarebbe la vostra prima gravidanza e con il passato di Gwen, sono contento che abbiate immediatamente pensato a chiamare qui; Le dico sempre che non deve esitare a chiamarmi quando sono cose così importanti- Paulo guardava lo studio e chiaramente i numerevoli poster clinici lo attiravano molto.
-Gwen, scopriti la pancia- a quello Paulo immediatamente guardò me sul lettino mentre il medico afferrava un cilindro di plastica bianca, agitandolo verso il basso.
-è un po' freddo- si, lo ricordavo perfettamente.
Paulo in piedi dall'altro lato del lettino, teneva stretta la mia mano e osservava tutto curioso senza perdersi alcun dettaglio.
Quando apparve il mio addome in bianco e nero su quello schermo, anche io lo guardai alla ricerca di qualcosa,ben consapevole che ci avrei capito praticamente nulla.
Mosse quell'affare da una parte all'altra della mia pancia e poi pigiò su un piccolo tasto bloccando un immagine.
-eccolo qui- lo indicò con il suo dito e ci sorrise mentre noi guardavamo quella macchia bianca lunga forse pochi centimetri.
-è di tredici settimane- feci un rapidissimo calcolo e corrispondevano a quando eravamo in Russia.
Paulo si chinò a baciarmi la fronte mentre il dottor Felici stracciava un pezzo di carta dall'enorme scottex che aveva e me lo porgeva.
Asciugai via il gel e poi mi riabbassai la camicia infilandomela nuovamente dentro il pantalone.
-auguri ragazzi, siete diventati mamma e papà- ci sorrise abbracciandoci contento e poi ci diede la copia dell'ecografia.
Parlammo ancora altro tempo per pianificare la gravidanza, prendendo di già tutti gli appuntamenti e facendo in modo che Paulo potesse esserci a tutti tranne che a due a causa degli impegni con la Nazionale.
Fece una copia personale a Paulo, sapendo bene che l'avrebbe spedita a sua mamma e lo trovai un gesto meraviglioso.
-allora ci vediamo tra tre settimane- ci salutò e per me riservò un abbraccio.
-andate a dirlo a Marco?- ci chiese e Paulo annui immediatamente.
Nel corridoio per raggiungere l'ascensore, Paulo mi tenne stretta e lui baciandomi con ritmicità la testa.
-mi hai reso l'uomo più felice del mondo- mi piaceva il sorriso del suo volto
-e tu mi hai reso la futura mamma più fortunata di questo mondo- mi baciò la punta del naso e poi la bocca, mentre il  ting delle porte dell'ascensore ci annunciò che era arrivato.
Chiamai mio padre per telefono dicendogli che mi avrebbe trovata davanti la porta del suo studio e lui incuriosito mi chiese che ci cosa facessi da quelle parti.
Gli dissi che ero venuta a trovare il mio adorabile papà e lui mi disse che sarebbe arrivato, il tempo di prendermi una fetta di torta dal bancone.
Sorrisi all'idea.
Quando arrivò e vide anche Paulo, un po' il suo volto si preoccupò ma, ci fece ugualmente entrare dentro.
Conoscevo lo studio di mio padre a memoria, per tutte quelle volte che c'ero venuta da ragazzina a rubargli tutta quella cancelleria super figa.
-allora, è successo qualcosa?- gli sorrisi annuendo prima di prendere la foto dell'ecografia fatta pochi minuti fa per poi porgergliela tra le mani.
La guardò per brevi istanti prima che la sua bocca si spalancasse e le lacrime iniziassero a venirgli giù senza sosta.
-Papà?- mi venne ad abbracciare baciandomi la fronte come aveva sempre fatto.
-questo è mio nipote?- sembrava shoccato dalla notizia.
-proprio cosi- rispose Paulo, beccandosi poi un Marco Meneghini decisamente esaltato.
Abbracciò Paulo come se dovesse sparire da un momento all'altro.
Accarezzò la foto con amore e sembrò che la sua faccia si fosse paralizzata in un sorriso.


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♥️
Penultimo capitolo babes, sono super emozionata nel postarvelo perche so che dopo questo ci sarà il famoso e definitivo punto che metterò a questa storia di cui, vi giuro, non mi aspettavo minimamente che ci fossero cosi tante persone che nel tempo si sono affezionate a Gwen e Paulo.
Ho conosciuto ragazze che per la maggior parte delle volte si sono identificate in Gwen ma, ho avuto anche l'immensa fortuna di conoscerne qualcuna che si è identificata in Paulo.
Sono emozioni grandi quelle che provo per ogni singola stellina che vedo comparire sotto al capitolo, per i commenti cosi ricchi di pathos e per i messaggi privati di chi, molto più timido mi scrive li e mi manifesta tutto l'affetto.
Avete reso me una persona migliore, una ragazza nuova per certi versi e questo lo devo soprattutto alla scrittura che ho da sempre considerato il primo modo per provare a fare qualcosa di bello nella vita.
Credo nel potere delle parole e spero che anche voi un giorno, quando sarà il giusto momento, vi accorgiate di quanto una anche sola singola e breve parola abbia la capacità di ribaltare il mondo.
Non voglio dilungarmi troppo perche lascerò i sentimentalismi, quelli veri e sentiti, nei ringraziamenti che ho scritto per voi tutte/i.
Se vi va, potete trovarmi su Instagram al: 6comeungirasole.
Con tutto il mio affetto, sinceramente girasole 🌻.

Fino Alla FineWhere stories live. Discover now