Alle nove ero già agli uffici principali a Mosca, fresca ed energica con il mio caffè ristretto senza zucchero tra le mani e il badge di riconoscimento al collo.
Con questo, in questa parte del mondo e in questo periodo dell'anno, sembrava che potevi conquistarlo .
-secondo me, quella lì è proprio stronza- risi spalla a spalla con Roberto mentre facevamo squadra nell'attesa di sapere con chi saremmo finiti a lavorare.
-non partire con il piede sbagliato,magari poi ti innamori di questa stronza- boccheggiò non sapendo darmi una risposta poi semplicemente mi baciò una guancia, sviando l'argomento.
Sembrava uno di quei barattoli per conserve che tua nonna chiudeva talmente bene che poi, ti serviva una mazza da baseball per riuscire nuovamente ad aprirlo.
-andiamo a fare conoscenze dai- lo trascinai con me, essendo io tra i due quella con la smania di circondarsi di persone, certo non ero la persona più simpatica dell'universo ma nemmeno ero un tipo a cui piaceva relegarsi in cima ad una montagna a fare l'eremita pessimista che aspetta la fine del mondo.
Cheppalle!
-ci prenderanno per cretini- si lamentò mentre trovavo un modo tra i tanti per parlare con i colleghi inglesi, quelli con la quale speravo di trovarmi meglio essendo di mia natura, leggermente ossessionata per i paesi anglosassoni.
-hello, are you Ginevra?- arrestai i miei passi ed insieme a me anche Roberto ,che si girò a guardare un giovane ragazzo, più grande di me e di lui che aveva una pelle super abbronzata e dei tratti del volto che lo collocavano in un preciso punto del mondo.
-yes- gli strinsi la mano che mi porse e lo stesso fece Roberto.
-me chiamo Alejandro e questi sono Aurelio e Francisca- sorrisi cordialmente a tutti
-siamo i colleghi del Messico- chiari immediatamente anche se non era poi cosi difficile capire che venissero da quella parte.
-Messico? Io amo il Messico!- quasi mi sembrò che Roberto si fosse drogato sull'istante.
Fui contenta che si rilassò ed iniziò ad essere il simpatico ragazzo che conoscevo entro quelle enormi mura di casa Juventus.
I due ragazzi si avvicinarono a me mentre cercavo di scegliere cosa mandare giù, da quell'enorme banchetto.
-lo so che i colleghi non si intervistano- ecco appunto.
-però..- perché c'è sempre un però
-se ti va, potresti dirci qualcosa su Dybala- la pronuncia perfetta del suo cognome mi fece accapponare la pelle, pregustando già il tanto atteso momento in cui sarei atterrata in terra Argentina e avrei fatto di tutto, ma proprio di tutto, per vivermi quel posto ma soprattutto Paulo in quel posto.
-preferirei di no. Non è per voi ma per me e per lui. Sono qui per lavorare tanto quanto lo è lui- era una cosa che fortunatamente avevo previsto già prima di atterrare in Russia.
Sarebbe stato troppo semplice e scontato, costruire storielle su me che lavoravo per Sky sport e lui che giocava per la selecction, già lo facevano normalmente con le wags italiane, essersele perse quest'anno gli era dovuto sembrare una tragedia per cui io, forse sarei potuta essere quella con cui parare il colpo.
No, grazie.
-amici lo stesso?- mi chiese
-certamente- gli sorrisi mentre mangiai un chicco d'uva preso da quell'enorme tavolata, capace di sfamare una nazione intera.
Quando entrò Javier Zanetti e subito dopo Hernan Crespo, sorrisi emozionata lisciando la giacca del mio completo e guardando le punte dei miei tacchi che mi reggevano in piedi.
I loro nomi precedevano il mio e mai, prima di adesso, mi sentii cosi incredibilmente onorata.
Ero stata fortunata nei sorteggi,molto più che fortunata se consideravamo che oltre ad essere stati dei grandi giocatori, sono anche delle grandi persone; non era per niente una cosa da sottovalutare perché di certo non è un mistero che le persone che nella vita hanno maneggiato parecchi soldi,finisco poi per diventare degli emeriti stronzi con la testa montata.
Bevvi l'ultimo sorso d'acqua dal mio bicchiere per poi poggiarlo sul tavolo e farmi avanti verso di loro.
Stavo conoscendo nomi che nel mondo del calcio avevano scritto la storia, ed immaginai quanto i miei nonni e mio padre fossero orgogliosi di questo.
-buongiorno- li salutai raggiungendoli a pochi centimetri di distanza, porgendogli la mano e sorridendo professionalmente.
Il sorriso era la chiave dei rapporti umani, oltre ovviamente all'educazione.
-buongiorno, stavamo parlando proprio di te. È un piacere conoscerti- il primo a stringermi la mano fu l'ex interista.
-onorata- risposi per entrambi.
Che fossi finita con due connazionali argentini sapevo che non doveva per forza essere un caso ma, mi avevano fatto decisamente un favore almeno avrei potuto indossare tranquillamente la mia maglia degli albicelestes senza che dall'altra parte scatenassi del malumore.
-noi ci siamo tutti, forse possiamo anche andare via senza aspettare i comodi degli altri- Hernan si guardò intorno cercando forse qualcuno che sicuramente conosceva meglio e che gli avrebbe potuto dare la risposta alla domanda che si era appena posto.
Si allontanò alcuni secondi dopo, lasciando me e Javier a guardarlo mentre si dirigeva verso un uomo vestito in giacca e pantalone grigio, parlarono alcuni secondi,indicandoci persino e poi si salutarono sorridendo.
-possiamo andare- ci disse mentre prese una mela verde dal tavolo e lasciò che passassi per prima, da vero gentiluomo.
La macchina all'esterno ci condusse allo stadio , pronti per raggiungere il primo palco verde di questo mondiale duemiladiciotto.
La programmazione parlava di un'apertura spettacolare, con Robbie Williams ed una cantante lirica Russa che non conoscevo affatto.
-scusa, posso chiederti una domanda?- sorrisi annuendo mentre allacciai la cintura dopo essermi seduta comodamente al mio posto ,osservando distrattamente il traffico.
- perché la Juventus?- non mi era mai capitato che la gente volesse sapere una cosa del genere e in parte oltre a stranirmi,la trovai estremamente interessante come domanda.
-è una storia di famiglia che si tramanda da padre in figlio e io sono finita lì. Ci sono cresciuta con questi colori e questa squadra e sono molto onorata di poter lavorare per un team davvero professionale; non lo dico solamente perche ci lavoro ma davvero, meglio di me potete sapere cosa significhi dirigere un club calcistico- entrambi annuirono
Erano entrambi interisti e non era di certo un mistero che Inter e Juventus non fossero proprio migliori amiche ma, queste erano più cose da tifosi che da colleghi, quello che saremmo stati in questi giorni.
-beh, se non è il club a metterci d'accordo almeno spero che lo sia la nazionale- risi annuendo con Hernan.
-solo perché l'Italia si è fatta fuori da se- altrimenti,con tutto l'amore possibile per Paulo ma, io avrei tifato per la mia nazione.
-dove l'hai lasciata la maglia di Dybala?- mi chiese Javier schiacciandomi un occhiolino.
-dentro la borsa, se per voi non è un problema io la vorrei indossare- Hernán mi sorrise
-un problema? Noi abbiamo chiesto il tuo nome proprio perché ci piaceva il tuo spirito da tifosa. Ovvio che puoi indossarla- li ringraziai contenta che potessi indossare la mia numero ventuno bianco celeste.
Parlammo del più e del meno, io troppo contenta di poter conoscere delle persone del genere.
Javier mi punzecchiò bonariamente beccandosi alcune risposte pungenti che fecero ridere entrambi.
-quindi non verresti mai a lavorare con me in dirigenza all'Inter?- mi chiese sapendo già la risposta.
-con tutto il rispetto ma, no!- risero entrambi
-non sai che ti perdi- sapevo che scherzassero per cui stetti al gioco, contenta che in questo modo si allontanasse ogni singola briciola di iniziale imbarazzo.
Arrivammo a Luzniki circa una ventina di minuti dopo, con mezz'ora di anticipo prima dell'apertura.
Non sarei rimasta a vedere la partita perché avrei preso il primo jet della giornata per spostarmi al Central Stadium dove domani si sarebbero battuti l'Egitto e l'Uruguay che seguivo perché li giocava Rodrigo Bentacur .
Così per quel giorno mi godetti semplicemente questo inizio di mondiale, standomene tranquilla ad osservare un po l'ambiente in cui avrei lavorato nel mese che stava avendo corso.
Amai infinitamente tanto le corrografie per l'apertura di questo mondiale, l'aria che si respirava che non era per niente tesa anzi, era cosi tanto rilassata ed amichevole che ne potevi apprezzare la contentezza che aleggiava tra le tribune, biene zeppe di tifosi.

Fino Alla FineWhere stories live. Discover now