Avevo appena finito di scattare, in totale ci avevo messo un'ora e mezza. Alle 13:45 avrei dovuto prendere l'elicottero per volare dritta negli Stati Uniti alla riunione mensile della Jauregui's Studio.
"Lauren, hey..." Jess mi picchiettò la spalla con un sorriso mentre sistemavo l'attrezzatura, io le feci un cenno seguito da uno 'ciao' distratto.
"Ti andrebbe... ecco... io..." balbettò lei arrossendo, alzai lo sguardo da quello che stavo facendo e le sorrisi trattenendo una risata mentre lei abbassò immediatamente il suo sulle proprio scarpe, era così adorabile... mi ricordava tanto Camila al liceo. M'irrigidì maledicendo i miei pensieri che andavano costantemente alla cubana.
"Mi chiedevo... sai... ti andrebbe un caffè?" chiese alzando lo sguardo dalle sue scarpe.
"Io... Jess ascolta..." non trovavo le parole per dirle che era un po'... piccola, era una bella ragazza ma non mi sembrava il caso.
"Non che io non voglia, assolutamente... è solo che... credo di essere abbastanza più grande di te e..." dissi con un sorriso di scuse che lasciava intendere mentre lei annuiva a testa bassa freneticamente.
"No okay, sì ho capito... scusami" disse velocemente per poi scappar via.
"Jess!" provai a richiamarla ma finse di non sentirmi così mi girai nuovamente continuando a sistemare le cose.
"Jauregui, quando potrò vedere gli scatti?" chiese il signor Ross alle mie spalle, chiusi la borsa e la misi su una spalla.
"Glieli manderò via mail" dissi girandomi verso di lui che annuì.
"Bene, io ho finito... alla prossima" dissi porgendogli la mano che mi venne stretta, il proprietario mi congedò così andai a salutare i ragazzi e mi diressi verso l'ascensore. Camminai lungo il corridoio fino alla porta principale, ero così soprappensiero che andai contro qualcuno il cui caffè mi si rovesciò sulla camicetta nera.
"Oh maledizione..." imprecai guardandomi l'indumento.
"Lauren, scusami... davvero io... sono mortificato" disse John Ross con un tono dispiaciuto, io gli sorrisi.
"Tranquillo è colpa mia... ero con la testa altrove" dissi sinceramente.
"Ti va di farmi compagnia per un caffè?" chiese con una mezza risata indicando il bicchiere ormai mezzo vuoto, controllai l'orario sul cellulare ed avendo ancora una buona oretta così decisi di accettare.

"Dovrei avere una maglietta della mia fidanzata da qualche parte... aspetta che dò un'occhiata..." disse iniziando a frugare nella limousine. Avevamo chiacchierato mentre aspettavamo che lo choffer arrivasse, era proprio un bravo ragazzo ed anche simpatico... niente a che fare con suo padre, pensai.
"Ecco, questa dovrebbe starti.." disse lui passandomi una maglietta bianca girata alla rovescia, chissà che ci facevano in quei sedili su cui ero seduta, pensai trattenendo una risata.
"Grazie John, non era necessario" dissi sorridendo appena.
"Ma non dirlo proprio dai... puoi cambiarti, giuro che non guardo" disse ridendo per poi mettersi le mani sugli occhi. Mi cambiai velocemente dandogli le spalle poi mi girai.
"Puoi levarle ora" dissi ridendo, la limousine si fermò.
"Siamo arrivati, signore" disse l'uomo alla guida, John ringraziò ed uscimmo dall'auto.
Eravamo su Rue de Grenelle, praticamente la strada che portava alla Tour Eiffel, e di fronte a noi un bar/pub molto carino in stile americano.
"Mi stavi dicendo..." iniziò a parlare spingendo la porta per entrare.

"Quindi ti sposi" dissi contenta per lui sorseggiando una birra.
"Beh dovrei... solo che non so Lauren, non la vedo convintissima... non vorrei arrivare all'altare senza la sposa, ecco" disse con un sorriso triste. Mi aveva raccontato della sua relazione, di questa ragazza di cui era innamorato perdutamente e di come un giorno all'improvviso le aveva chiesto di sposarlo mosso dalla voglia di creare una famiglia con lei.
"Perché dici così... se ti ha detto di sì vuol dire che lo vuole, no?"
"Tecnicamente non mi ha proprio detto di sì..." lo guardai interrogativa.
"Beh lei ha detto un qualcosa del tipo "iniziamo a convivere, più avanti faremo il grande passo"..." disse con tono pensieroso "...è che... non so Lauren, io sento che qualcosa non va, qualcosa la preoccupa... so che comunque è giovane e vuole portare avanti la sua carriera ma..." continuò per poi sospirare alla fine "...non lo so, in quattro anni che stiamo insieme non mi è mai parsa veramente felice..." scosse il capo così poggiai una mano sul suo braccio a mo' di rincuoro.
"Carriera?" chiesi per cambiare argomento, lui parve cambiare tono.
"Sì, è una ballerina bravissima... dovresti vederla, è spettacolare" io roteai gli occhi al sentire il mestiere della ragazza.
"Come mai quella faccia?" chiese John sorridendo incuriosito mentre sorseggiava il suo Café au chocolat.
"No è che... ho avuto a che fare con una ballerina ed ora mi è molto più chiaro il discorso sulla carriera e le preoccupazioni, eccetera..." dissi sbrigativamente sorridendo appena, lui annuì sorridendo. Squillò un cellulare.
"Ti spiace? È lei..." disse con tono dolce, io scossi il capo sorridendo come a dargli il consenso.
"Hey amore... Sì, torno stasera, perché?... Va bene, non ci sono problemi amore ma.. è tutt'okay?... Sicura?... Va bene piccola, ti amo" non capì la conversazione ma riuscì a sentire nelle sue parole tutto l'amore che diceva di provare per lei, ed era una cosa meravigliosa.
"In ogni caso... sei molto innamorato di lei, ti brillano gli occhi quando ne parli" dissi con un sorriso sincero.
"La amo da morire, non vedo l'ora di poterla sposare... credimi" disse con quel luccichio brillante negli occhi che mi fece sentire una morsa allo stomaco, mi ricordava me ai tempi del liceo quando parlavo di Camila ed i miei amici mi sfottevano.
"Già... io uhm... dovrei andare, John" dissi con un tono lievemente duro.
"Che succede, Lauren? È tutt'okay?" chiese dolcemente l'uomo davanti a me chiamando il cameriere per il conto.
"Si... si, solo... ricordi, sai com'è" dissi sorridendo a stento, lui annuì evitando di fare domande, lo ringraziai mentalmente.
"Se vuoi parlarne, fallo pure" mi disse sulla soglia della porta prima di avviarsi all alimousine ch'era lì fuori.
"Sei gentile ma... devo solo tornare a casa" dissi lievemente sbattendo la portiera dell'auto dietro di me, lui annuì e disse all'autista di portarci all'aeroporto, il viaggio proseguì in silenzio.

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