Chapter IV

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Camila's P.O.V

Mi svegliai con un mal di testa terribile, la sera precedente, dopo lo shooting, ero andata in un locale abbastanza movimentato con Louis e Normani, mi ero divertita ma avevo decisamente esagerato con l'alcool. Sbuffai leggermente passandomi una mano fra i capelli spettinati mentre con l'altra scrollavo distrattamente le notifiche sul mio cellulare, un messaggio attirò la mia attenzione così mi bloccai.

Da Normani:
Hey Mila, mi ha scritto DJ... ha detto che oggi pomeriggio atterrerà a New York e mi ha chiesto di vederci per un caffè, ti va di venire?

Da Camila:
Con piacere Mani, stile vecchi tempi? hahah

Inviai il messaggio con un sorriso sulle labbra, erano anni che non vedevo Dinah, chissà come stava quella squinternata. Scossi il capo sorridente e decisi di alzarmi finalmente dal letto data l'ora tarda. Andai verso l'enorme balconata della mia suite ed aprì la porta scorrevole in vetro uscendo fuori ancora a piedi scalzi e con addosso solo una canotta e degli slip, c'era una vista pazzesca, da lì si poteva vedere praticamente tutta New York. Mi appoggiai con un gomito alla ringhiera in ferro poggiando la testa sulla mano mentre guardavo all'orizzonte e la mia mente ancora assonnata mi riportava a ieri. I suoi occhi, le sue labbra, il suo corpo. Era cambiata così tanto dall'ultima volta che l'avevo vista, aveva i lineamenti molto più marcati, le forme più delineate, la voce più rauca. Solo una cosa era rimasta identica: lo smeraldo dei suoi occhi, quel colore ipnotico che variava in base al suo umore e al tempo, che intensificava il suo sguardo quando voleva scavarti dentro. Era sempre stata la migliore a farlo, aveva quel suo modo di fare e di essere che ti spingeva letteralmente a fidarti di lei, ti scavava dentro e non ne usciva più, prima si abituava al tuo disordine e poi ti aiutava a rimetterlo apposto, a rimetterti apposto. Era una stronza menefreghista ma se si affezionava ti dava tutto, con Lauren Jauregui non c'erano vie di mezzo: ardi o geli, fumo o cenere, bianco o nero, tutto o niente. Quando si affezionava, lei cambiava radicalmente, lasciava uscire una parte di sé che generalmente teneva al sicuro dietro i suoi muri affinché non si ferisse, affinché non le facessero del male. La custodiva gelosamente, dietro i suoi occhi di ghiaccio, fra le pieghe del suo cuore, per dedicarla solamente a coloro di cui aveva la certezza che non sarebbero andati via. Non era facile per lei fidarsi, dopo tutto quello che aveva passato, ma con me lo fece, mi aprì le porte del suo cuore lasciandomi entrare solo ad una condizione: non lasciarla, restare. Ma io non rispettai i patti e da brava codarda un giorno me ne andai, la lasciai sola, senza dire niente, nemmeno un 'ciao'. Presi un volo per Manhattan e non la vidi o sentii mai più, fino a quel momento. Solo io sapevo quanto male mi stessi facendo, salire su quell'aereo, cambiare numero, spezzare i legami. Solo io potevo sapere quando l'amassi e quanto difficile fosse stato salire su quel maledetto volo, per quanto avrei voluto che andasse diversamente i fatti erano quelli, o lei o la mia famiglia. Erano passati quattro anni, la mia vita era andata avanti, ero diventata una ballerina di successo, avrei sposato un miliardario con cui probabilmente avrei avuto dei figli ed una bella famiglia felice, eppure c'era sempre qualcosa che mi mancava, un costante vuoto allo stomaco che non ero mai riuscita a colmare, nemmeno con la fama ed il successo o con l'amore di quell'uomo, fino a quel momento, fino a che, per scherzo del destino, lo smeraldo dei suoi occhi non si fuse con il cioccolato dei miei.
Una lacrima rigò il mio viso e l'asciugai velocemente scuotendo la testa come a scacciar via quei pensieri, mi guardai le mani soffermandomi sulla fedina che portavo all'anulare sinistro, il "dito del cuore", come avrebbe detto lei. Rientrai in camera e dopo aver letto il messaggio di Normani con le informazioni dell'incontro, andai a fare una lunga doccia.

"Mila, dove sei?" chiese la ragazza di colore con un tono divertito.
"Nel traffico newyorkese, mi sembra ovvio... dannata metropoli" dissi seccata sbuffando mentre le due ragazze dall'altro lato se la ridevano.
"Cerca di sbrigarti!" disse prendendomi in giro Dinah.
"Divertente! Come se fosse colpa mia.." dissi ridendo per poi staccare.
Dopo un'intenso quarto d'ora finalmente arrivai al Ghord Café, una specie di bar molto carino situato lungo la Wall Street. Un ragazzo del personale mi aprì gentilmente la porta dedicandomi un sorriso garbato che ricambiai con un cenno del capo, intravidi le mie amiche ed andai verso di loro, erano sedute vicino al bancone in legno poco lontano dall'ingresso.
"Camila!?" sentì una voce irritata dietro di me, la sua voce. Mi girai lentamente mentre lei mi superava andando a passo svelto verso le ragazze.
"Mi spiegate cosa ci fa lei qui?!" chiese fra i denti ancora irritata indicandomi.
"Lau, tranquillizzati, sì?" disse Dinah come ad ammonirla.
"Dio, quale parte di "non voglio né vederla, né sentirla mai più" non avete capito all'epoca e, a quanto pare, vi ostinate a non capire ancora?!" chiese alzando leggermente la voce parlando con nonchalance, come se io non fossi presente.
"Lauren, sta arrivando anche Ally, era solo un modo per rincontrarci tutte insieme dopo tanti anni..." disse Normani dispiaciuta, la ragazza dagli occhi verdi parve sentirsi in colpa dopo quelle parole, così si limitò ad alzare gli occhi al cielo e sbuffare mentre andava a sedersi accanto a Dinah.
"Ciao ragazze" dissi io leggermente rattristita, Normani lo notò immediatamente e mi guardò con uno sguardo come a chiedermi se fosse tutto apposto, io annuì con la testa.
"Hey Cabello" disse DJ porgendomi il pugno, come ai vecchi tempi.
"Hansen" risi battendoglielo.
"Buon pomeriggio donzelle!" l' inconfondibile vocina di Allyson arrivò alle nostre orecchie e tutte ci alzammo per salutarla. Dopo essersi seduta si fermò un attimo guardandoci, passò lo sguardo fra me e Lauren e poi corrugò le sopracciglia ricevendo una guardataccia da Dinah a mo' di "non fare domande, per favore", Ally alzò le sopracciglia e le mani e poi prese a parlare.
"Quindi... chi racconta per primo?" chiese con un sorriso sgargiante guardandoci tutte.
Normani iniziò a raccontare del college e del suo esordio nel mondo della moda, poi Dinah parlò della sua scelta di lasciare il college per dedicarsi all'azienda di famiglia, Lauren si limitò ad alzare le spalle e buttare giù quello che aveva nel bicchiere, Ally ci disse della sua carriera in ambito politico a Brooklyn.
"E tu Mila, cosa ci racconti?" chiese Dinah bevendo un sorso di Martini.
"Beh... la mia vita è pubblica ormai, non credo ci sia qualcosa da aggiungere" dissi ridendo facendo ridere anche le altre mentre prendevo un sorso della mia cioccolata calda.
"Già, dimenticate di avere una ballerina di successo come amica" disse Lauren a voce bassa amaramente mentre buttava giù forse il quarto scotch del pomeriggio guardando nel vuoto. Dinah la guardò sarcasticamente come a dire "ma quanti anni hai?".
"Cosa, D? Le ballerine di successo sono molto brave, sai? Vanno via in punta di piedi" disse ironicamente iniziando a ridere alla sua patetica battuta.
"Okay Jauregui, sei sbronza... andiamo a casa" rispose Dinah dandole una pacca sulla spalla.
"Oh no, voglio restare... Jonatan un altro, per favore!" biascicò battendo leggermente il bicchiere sul bancone in legno provocando un rumore sottile, il ragazzo subito fece come gli aveva chiesto.
"Lauren, basta... Lauren...ho detto posa... Lau.... accidenti Lauren.." Dinah provava a toglierle il bicchiere di mano ma lei si lamentava dimenandosi interamente.
"E dammelo" disse Mani riuscendole a strappare il bicchiere di mano.
"Mh, okay... è stato divertente" disse poi con tono sbronzo e rassegnato riferendosi a non so cosa continuando a guardare nel vuoto.
"Andiamo a casa, chiamo Klaus" disse DJ prendendole il telefono dalla tasca del giubbotto in pelle, lei fece spallucce.
"Comunque, cosa stavi dicendo, Camila?" chiese occhi smeraldo con tono roco sporgendosi lievemente in modo tale da potermi vedere meglio. Persi un battito, una scarica percorse il mio corpo e sentì un calore familiare dove non avrei dovuto.
"Io... n-niente..." dissi deglutendo. Ma perché diavolo stavo facendo così?! Non ero più una ragazzina. Lei fece un ghigno probabilmente consapevole di ciò che stava accadendo dentro di me, scuotendo il capo divertita mentre ritornava alla posizione di prima.
"Andiamo, Klaus verrà fuori il tuo studio" disse DJ aiutandola ad alzarsi.
"Jauregui ma che combini, ahh!" disse Ally  scherzando.
"Non lo so, Allyson, immagino qualche guaio... al solito, no?" disse Lauren facendo una smorfia con le labbra all'altra che sorrise.
"Già, al solito" disse ridacchiando ricordando probabilmente i vecchi tempi.
"Ragazze noi andiamo, magari in questi giorni ci rivediamo, che dite?" chiese DJ mantenendo Lauren che quasi non si reggeva.
"Senz'altro, io sarò io città per un po'... quindi nessun problema " disse Ally con il suo solito sorriso gentile.
"Perché no, quando riparti, Mila?" mi chiese Mani distogliendomi dal guardare Lauren che ora fischiettava qualcosa guardando in alto.
"Mh? Quando... uhm... riparto quando finisce il progetto..." dissi tornando alla realtà.
"Quale progetto?" chiese Ally.
"Il mio progetto" rispose con voce roca Lauren guardandomi intensamente negli occhi. Altra scossa.
"Di che si tratta?" chiese di nuovo.
"Pubblicità ai ballerini e alla compagnia, quelle cose lì" disse facendo spallucce. Era davvero tanto ubriaca, Dio. Ally annuì. Dinah e Lauren si congedarono ed uscirono dal bar mentre noi altre uscimmo dal café dopo un'oretta per andare al sushi lì vicino. Mi sentì tremendamente in colpa per le condizioni di Lauren, sapevo quanto tempo le fosse servito per andare avanti e rivedermi così da un giorno all'altro probabilmente era stato un brutto colpo per lei.
"Camila, devi dirglielo..." disse Ally mettendo in bocca un hosomaki.
"Ormai siete adulte, credo i sentimenti siano passati... da parte sua c'è solo tanta rabbia, suppongo" disse Normani appoggiando Ally, io continuavo a tamburellare le bacchette sul bordo le piatto incantata su un punto fisso completamente a caso. Erano passati i sentimenti, giusto?
"Perché sono passati i sentimenti... vero Camila?" chiese Normani con voce quasi ovvia schioccandomi due dita davanti agli occhi.
"Io... uhm... certo Mani, è logico" risposi sforzando un sorriso prendendo un nigiri dall'enorme vassoio davanti a me, Ally non parve convinta della mia risposta.
"Sentimenti o no, Lauren merita di sapere perché sei partita... andiamo, lo sa quasi tutta Miami, Camila... tutta Miami tranne la tua ex ragazza che doveva essere la prima a saperlo..." disse Ally come a rimproverarmi.
"Credi non abbia provato a parlarle quando l'ho rivista? Mi respinge!" dissi giustificandomi facendo dei gesti con le mani.
"Cosa ti aspettavi? Tornare e trovarla lì magari anche con un mazzo di rose in mano?" chiese retoricamente la bionda.
"Chiariamo che io non sono 'tornata'..." mimai le virgolette accigliandomi
"...è stata una coincidenza, non ho di certo scelto io la fotografa di questo progetto inutile" dissi infastidita.
"Non hai mai creduto alle coincidenze, la fama ed i miliardi ti hanno cambiato le idee?" rispose a tono lei, io roteai gli occhi decidendo di lasciar perdere. Ally era sempre stata dalla parte di Lauren, sin dal liceo. La difendeva sempre, ogni volta che era coinvolta in qualche rissa, qualche discussione... qualsiasi cosa, la bionda correva sempre come se occhi verdi fosse tipo sua sorella minore. Quando partì lo sapevano tutti tranne Lauren e non si può immaginare quanto sforzo mi ci volle per convincere Ally e DJ a non dire nulla.
"Comunque la prossima volta che la vedrò, glielo dirò... sono passati quattro anni, sono passati i sentimenti, magari se chiariamo questa cosa potremmo addirittura essere amiche..." dissi non sapendo se volessi convincere le due donne davanti a me o me stessa. Presi un sorso d'acqua e decisi di non voler più pensare a Lauren almeno per il resto della serata.

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