Chapter II

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Camila's POV

"Non lì! Sulla destra, sulla destra!" urlai esasperata agli operai che non riuscivano nemmeno a posizionare un divano.
"Signorina Cabello, sono venti minuti che facciamo destra-sinistra, sinistra-destra... si vuole decidere?!" rispose infastidito quello che pensai essere il capo, mi accigliai e mentre stavo per rispondergli il mio cellulare iniziò a squillare.
"Pronto?" dissi sbuffando scocciata iniziando a girovagare.
"Amore, che succede?" sentì la voce del mio ragazzo e tirai un sospiro di sollievo.
"John devi venire immediatamente qui, non ne posso più... questa ditta è fatta da un branco di incompetenti!" dissi leggermente alterata camminando per le stanze ancora vuote, la mia voce riecheggiava fra le pareti.
"Che hanno fatto stavolta, Camila?" disse lui ridendo.
"Mi hanno fatto perdere mezza giornata! Per cosa? Sistemare due e sottolineo solo DUE stanze! Ti rendi conto? Sono le 3 del pomeriggio ed invece che essere a preparare i bagagli sono ancora bloccata qui con questi incapaci!" dissi agitandomi mentre il ragazzo se la rideva.
"John non ridere, davvero sto perdendo la pazienza... se non te ne occupi tu io li licenzio tutti" dissi infine massaggiandomi le tempie con la mano libera.
"Okay piccola, avevo intenzione di passare... me ne faccio carico io, tu finisci le tue cose" disse dolcemente.
"Grazie tesoro, ti amo" dissi sorridendo leggermente.
"Ti amo anch'io" rispose ed io riagganciai.
Portai una mano sulla parete color verde smeraldo, in quella stanza ci sarebbe stata la camera da letto che avrei condiviso con il mio fidanzato forse per l'intera vita: già, sospirai, probabilmente l'avrei sposato. Mi aveva fatto la proposta qualche mese addietro in un ristorante di lusso situato all'interno della Tour Eiffel, lui aveva 26 anni e giustamente voleva costruirsi una famiglia, ma la verità era che io non mi sentivo per niente pronta a fare il grande passo, ero ancora troppo giovane per mettere su famiglia e rinunciare alla mia carriera. Così per non rifiutare decisi di proporgli di iniziare poco alla volta, prima la convivenza e forse poi il matrimonio, lui colse in balzo la mia richiesta ed il giorno seguente comprò una villa praticamente immensa poco fuori Los Angeles ed iniziammo i progetti per trasferirci lì assieme. Ora ero qui, due mesi dopo, con una fedina al dito mentre ancora mi chiedevo se volessi davvero sposare quell'uomo. Scacciai via i pensieri e tornai dagli operai avvisandoli che sarei andata via non appena sarebbe arrivato John, fingendo di non sentire i commentini fatti a bassa voce dall'operaio con cui stavo battibeccando prima. Sentì un'auto frenare e corsi alla porta spalancandola per buttarmi fra le braccia del mio ragazzo.
"Hey piccola!" disse lui stringendomi forte.
"Mi sei mancato" dissi sottovoce baciandogli le labbra, lui sorrise ricambiando il bacio.
"Allora, come vanno le cose?" disse indicando con un cenno gli operai in azione che s'intravedevano, io serrai gli occhi guardandolo male.
"Ti odio" dissi per poi andare verso la sua limousine.
"Dove vai ora?" disse ridendosela.
"Ora" enfatizzai " userò la tua auto per andare a casa mia a preparare i bagagli e volare dritta dritta a New York con il tuo jet mentre tu sarai costretto a restare qui con questi imbecilli, così impari" gli dissi abbassandomi gli occhiali da sole sbattendo la portiera della lunga automobile, lo vidi ridere scuotendo la testa, abbassai il finestrino mentre il suo autista partiva.
"Sei incredibile, Cabello!" mi urlò dietro continuando a ridere, io mi affacciai con la testa.
"Ci vediamo fra una settimana, Ross!"
"Ti amo!" lo sentì e sorrisi ritornano con la testa dentro, chiusi il finestrino prendendo un panino confezionato dal frigobar. Controllai il cellulare e notai 7 chiamate perse dalla Maestra, provai a richiamarla ma non rispose.

"Ma come ti salta in mente, Camila?!" disse rimproverandomi la donna, sapevo quanto odiasse il ritardo ma ero davvero convinta che l'appuntamento fosse per il martedì.
"Maestra mi scusi... le ripeto, ero convinta fosse domani" risposi con tono di scuse. Erano le 7 di sera ed ero atterrata a New York da una buona mezz'ora quando De La Bac mi chiamò infuriata chiedendomi dove fossi, alla fine dopo varie ramanzine mi disse che il giorno seguente avrei incontrato la fotografa in mattinata e che avrebbe mandato un suo autista che mi avrebbe accompagnato direttamente allo studio. Trovavo veramente ridicola questa cosa della pubblicità ai ballerini, andiamo, eravamo già conosciutissimi in tutto il mondo, non aveva senso "pubblicizzarci" per Broadway e Madison Square, a quale scopo poi?

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