CHAPTER XI

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NEW YORK, 3 MESI DOPO.

LAUREN'S POV

La Grande Mela è sempre così affollata, le persone sono sempre di fretta, come se fossero alla costante ricerca di qualcosa; lungo i marciapiedi della Wall Street sono tutti agghindati, con una valigetta sempre alla mano e quell'aria impassibile che rende i loro movimenti meccanici svuotandoli, quasi, della loro soggettività, omologandoli invece al quel vasto gruppo che va sotto la categoria imprenditoriale. Tutti così seri, tutti così statici. È questo quello che vedo mentre lascio le chiavi dell'auto auto al facchino, fuori le porte del mio mastodontico edificio: persone in costante movimento che danno però solo ed unicamente un senso asfissiante di staticità. Varco le porte automatiche che istantaneamente si aprono e mi appresto a prenotare l'ascensore che, per la lentezza con la quale scende, suppongo stare ai piani alti.

''Buongiorno capo'' disse educatamente Max, un ragazzo che avevo da poco assunto, molto bravo in quel che fa e siccome ero a corto di addetti al photoshopping ho deciso di assumerlo, anche sotto consiglio di Harry che probabilmente ha avuto modo di conoscerlo in maniera... più approfondita, suppongo.

''Max'' risposi cordialmente con un cenno di testa che voltai quasi immediatamente a seguito del trillo dell'ascensore nel quale entro premendo d'abitudine il numero 6. All'uscita mi aspettava la mia segretaria, come al solito, con il suo portablocchi in plastica nero dove evidentemente appuntava quel che aveva da riferirmi.

''Buongiorno signorina Jauregui'' disse iniziando a seguire il mio passo molto svelto, chiaro segno che volevo evitarla, non essendoci riuscita, una volta arrivata davanti la porta del mio ufficio mi fermai roteando gli occhi.

''Salve Katherine, cosa posso fare per te oggi?'' dissi con un sorriso palesemente scocciato, lei abbassò gli occhi arrossendo, forse mortificata.

''Io... Lei ha...'' iniziò a biascicare evidentemente in imbarazzo, così le sfiorai il braccio.

''Hey, è tutt'okay... scusami, so ch'è il tuo lavoro, del resto ti pago per infastidirmi ricordandomi i miei mille impegni'' dissi abbozzando una risatina per smorzare l'atmosfera d'imbarazzo che avevo, involontariamente, creato. So che Katherine è la miglior segretaria che avrei potuto assumere, difatti il suo salario mensile lo urla chiaro, svolge il suo lavoro in maniera impeccabile, è sempre precisa, puntuale e non esiste una volta in cui dimentichi di appuntare qualcosa. È forse la persona più meticolosa che io conosca, sempre in tiro e mai scomposta. Quasi come gli imprenditori con le valigette, quasi statica. E fu per questo che rimasi sorpresa vedendola in imbarazzo, mi vergognai di averlo pensato ma non credevo possibile provocare alcun tipo di reazione in lei. Comunque lei annuì ed alzò piano il capo, ricomponendosi.

''Che mi stavi dicendo?'' dissi con un tono più gentile ed un sorriso lieve mentre aprivo la porta del mio ufficio entrandovi con lei a ruota.

''Sì... hm, allora, tra mezz'ora ha un meeting con Joseph Dursil di Vogue, invece John Ross ha confermato l'appuntamento delle 15 dicendo però che manderà un delegato della Ross Records, inoltre ha telefonato un potenziale cliente chiedendo di organizzare un meeting appena ci fosse disponibilità da parte sua'' disse velocemente leggendo dal blocco, per poi alzare lo sguardo su di me che ero dietro la scrivania sistemando il laptop.

''Ottimo, e si può sapere di chi parliamo in merito a questo potenziale cliente?'' chiesi accomodandomi sulla mia enorme poltrona di pelle.

''L'uomo ha semplicemente detto di essere Jonathan Bloomswod ma non ha specificato nessuna azienda o quant'altro..'' concluse la segretaria aggiustandosi gli occhiali, io annuì dicendole di poter infilare questa persona tra gli altri impegni del giorno seguente, siccome non mi sembrava educato fissare un meeting per il giorno stesso senza preavviso, lei si congedò ma non prima di chiedermi se avessi bisogno di qualcosa cui domanda, chiaramente, seguì un ''caffè nero extra lungo''.

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