CHAPTER XIX

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LAUREN'S POV

''Che succede, Lauren?'' chiese la donna ancora sull'uscio della porta mentre con sgomento e quasi disgusto si osservava intorno. Mi alzai di scatto, come rinsavita e ritornata sulla terra improvvisamente, ed iniziai a raccogliere dei fogli sparsi per tutto il salone ignorando la bionda alle mie spalle.

''Lauren?'' alzò leggermente la voce ed il suo tono divenne quasi autoritario. Così mi voltai, sospirando.

''Cosa c'è? Perché sei qui?'' chiesi monocorde sopprimendo uno sbuffo, avrei solo peggiorato le cose e ne ero consapevole.

''Davvero, Jauregui?'' chiese ora camminando verso di me con le braccia conserte, feci spallucce e tornai a raccogliere le cose. L'ultima cosa che volevo era parlare con qualcuno, quindi era solo meglio per me se non rispondeva alle mie domande.

''Lauren, adesso basta'' mi afferrò per un braccio tirandomi su, prese le carte dalle mie mani poggiandole sul divano alle mie spalle.

''Dimmi cos'è successo qui, ora.'' disse poi, guardandomi dritto negli occhi con aria di ordine. Socchiusi le palpebre, espirai poi facendole cenno di seguirmi nell'altra stanza. Presi una tazza dal mobile ed in silenzio la riempì di caffè, poi mi voltai verso la donna ora seduta sullo sgabello dietro la penisola al centro della cucina. Alzai la tazza verso di lei per chiederle se ne volesse ed annuì, così ne riempì un'altra. Gliela porsi prima di sedermi di fronte a lei.

''Allora?'' chiese ancor prima di prendere un sorso.

''Ho fatto un casino'' dissi facendo spallucce per poi ingerire un bel po' del liquido bollente che riscaldava la tazza fra le mie mani.

''Contestualizziamo?'' rispose con fare ovvio e un po' sarcastico, accennai un sorrisino.

''La amo, è così, non posso farci niente se non arrendermi'' dissi semplicemente, atona e senza esprimere emozioni.

''Chi?'' chiese poggiando di scatto le mani sul tavolo, conosceva benissimo la risposta e stava per urlarmi contro. La guardai dritto negli occhi confermando i suoi pensieri, schioccò la lingua sotto al palato prima di prendere un lungo respiro.

''Cristo, Lauren!'' sbottò battendo una mano sul marmo, abbassai il capo mordendomi il labbro. Non risposi.

''Katherine dov'è?'' chiese spezzando il silenzio, la guardai asciugandomi una lacrima con la punta dell'indice.

''A casa sua, oggi dovrebbe volare a Londra per una sfilata'' risposi semplicemente, la bionda scosse il capo ghignando sarcasticamente.

''Cazzo, Lauren ma come cazzo fai ad essere così passiva a ciò che stai dicendo? Te ne rendi conto, vero? Sai che significa o no?'' chiese ora urlando, aveva le braccia incrociate ed il suo petto si alzava ed abbassava rapidamente.

''Dinah, cosa vuoi che ti dica?'' chiesi portandomi una mano alle tempie.

''Jauregui, ma ti senti? Oh, Dio! Almeno gliel'hai detto?'' chiese riferendosi a Kate, io scossi il capo e lei sospirò iniziando a girare attorno al tavolo. Una. Due. Tre. Dieci volte.

''Cristo, puoi... puoi fermarti? Mi fai girare la testa'' dissi e lei si fermò puntandomi un dito.

''Lauren, tu non hai capito che di qui non esci finché non fai piazza pulita in quella cazzo di testa che hai, finché non ci metti ordine io e te, da qua, non usciamo'' affermò come se il suo girare in circolo le avesse dato la soluzione all'enigma più strano del libro dei rebus, per poi bere tutto il caffè d'un sorso.

''Cos'è quel casino in salone, hai dato una festa o cosa?'' disse poi sbracandosi le maniche della blusa color oro.

''Sì, io ed i miei fantasmi interiori ci siamo divertiti molto'' risposi sarcasticamente scendendo dallo sgabello, lei scosse il capo avviandosi in soggiorno mentre io posavo le tazze nel lavello.

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