Capitolo trentanove ⚽️

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STEPHAN

Nessuno poteva capire come mi sentivo prima della partita. Davvero stavo per giocare contro il Milan? Il mio Milan? La squadra che tifavo sin da bambino con la quale avrei voluto giocare fino alla fine della mia carriera? La stessa squadra di cui avevo i quadri con le foto delle vittorie in Champions appese in cameretta?
Si, era proprio così. E come dovevo comportarmi con i tifosi? Gli stessi che mi avevano tifato, difeso e idolatrato per tutto il tempo che ho indossato la maglia rossonera.
Cosa rappresentavo adesso per loro?
Ero un traditore, un mercenario o un semplice calciatore che era stato messo sul mercato contro la sua volontà?

Queste cose non puoi rivelarle pubblicamente durante un intervista, no.
Devi sempre parlare a favore della squadra in cui ti trovi e altrettanto bene devi parlare della squadra in cui andrai a giocare.
Io non ero felice di andare a vivere a Monaco. Non ero entusiasta dell'idea di andare a giocare nella Ligue 1, un campionato nettamente inferiore e poco competitivo rispetto alla serie A. Ero deluso dall'ambiente freddo e menefreghista che si respirava, e dal poco tatto che usavano con i giocatori appena arrivati.
Lì mi facevano sentire un perdente, un fallito, un calciatore finito.

Poi un giorno Manuel mi chiamò e mi chiese se fossi interessato a tornare in Italia ma con un'altra squadra. Era convinto che non avrei mai accettato perché non sarei mai riuscito a vedermi in serie A con colori diversi da quelli rossoneri. Eppure accettai. Forse la disperazione, la tristezza oppure la voglia di tornare a casa furono il motivo per la quale accettai il trasferimento.
Seppi che era la Roma solamente quando me lo comunicò la società. Non erano neanche cinque mesi che ero approdato al Monaco e già stavo ritornando da sconfitto nel campionato italiano.

Avevo chiamato Alessandro mentre ero in Francia per chiedergli qual era l'aria che si respirava nella capitale, e lui mi aveva risposto che se volevo indossare veramente questi colori dovevo conoscere parole come 'sofferenza, amore e rispetto'.
"Devi essere pronto a tutto, Ste. Roma non è un ambiente facile, tutti ti venereranno quando farai buone prestazioni ma ti insulteranno nel peggiore dei modi quando fallirai."
"E cosa posso fare per evitare gli insulti?"
"Devi semplicemente uscire dal campo con la maglia bagnata fradicia. Solo così potrai conquistarti il cuore dei tifosi."

Quando sbarcai a Fiumicino fui invaso dai paparazzi e da numerosi tifosi che urlavano il mio nome. Mi sembrava da folli presentarsi in aeroporto per uno come me che negli ultimi anni aveva dimostrato poco e niente.
Cosa c'entravo io in uno dei club più forti d'Italia? Meritavo davvero tutto questo calore?
Beh, ci pensarono i giornali a cessare il mio momento di gloria.
Il giorno dopo, infatti, leggevo titoli del tipo "Roma, a che serve il faraone?" e altri che mi ritenevano inadatto a vestire la maglia giallorossa.
Eppure da quando avevo messo piede nella capitale, in me qualcosa era cambiato.
L'entusiasmo e l'affetto dei tifosi mi facevano sentire a casa.

In seguito sia Alessandro che Daniele e Francesco mi avevano aiutato ad ambientarmi.
Ricordo ancora la prima frase che mi disse il capitano quando mi vide "Ma ti rendi della fortuna che hai nel poter dire di aver giocato con Kakà e dopo co Francesco Totti?"

Da lì capii che quello era esattamente il mio posto, il luogo perfetto da dove poter ripartire con le persone giuste.
Il mister fin da subito aveva creduto in me e io, dal mio canto, per dimostrare che meritavo un posto da titolare, iniziai ad allenarmi giorno e notte per cercare di migliorarmi il più possibile e per mettere a tacere tutti coloro che mi davano per finito.

Fu quella sera del 30 gennaio che finalmente rinacqui. Quel goal di tacco lo considero uno dei goal più belli della mia carriera e uno dei più importanti. Ma il merito di quella vittoria sia di squadra che personale era in parte tutto del mister. Fu il primo a credere in me, il primo a capire quali fossero i miei punti deboli e i miei punti di forza e il primo a spronarmi per mettere tutti a tacere.
"Domani partirai tra i titolari. So quello che puoi fare, Stephan. Se t'impegni e metti la testa a posto puoi fare grandi cose. Voglio darti fiducia, ma non farmene pentire."
Quelle parole fecero scattare in me qualcosa che mi portò a dare il meglio di me quel giorno.
Per far vedere a tutti che ero tornato per prendermi quello che mi aspettava.

NOBODY LIKE YOU || Stephan El ShaarawyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora