Capitolo due⚽️

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STEPHAN
Oggi è stato il mio primo giorno di allenamento a Trigoria e devo dire che come primo giorno non è andato male. I ragazzi sono eccezionali, sia caratterialmente che in campo. Il primo ad accogliermi è stato Totti, e per me è stato un sogno divenuto realtà. Mi ha stretto la mano, dato una pacca sulla spalla e abbiamo avuto anche il tempo di fare quattro chiacchiere finito l'allenamento. Poi ho conosciuto Salah e mi sono sentito veramente a casa parlando un po' del nostro paese.
Dopo aver fatto le presentazioni con tutti gli altri ho finalmente stretto la mano al mio allenatore, Luciano Spalletti. Un uomo davvero simpatico, socievole e severo quando c'è bisogno di esserlo.

Sono il primo ad entrare negli spogliatoi e mi dirigo subito alle docce. Senza aprire la tendina giro la manopola per far riscaldare l'acqua e nel frattempo mi spoglio rimanendo solo in mutande. Quando apro la tendina mi ritrovo una ragazza alta, mora, abbastanza carina che mi guarda con gli occhi spalancati come se l'intruso fossi io. Io rimango per qualche secondo immobile, terrorizzato. Capisco il suo "affetto" verso i giocatori, ma questo comportamento è proprio da maniaca. Entrare negli spogliatoi e soprattutto nelle docce. Sono davvero disgustato. Fortunatamente non è la prima volta che mi capita e quindi chiamo subito quelli della sicurezza. Lei mi salta addosso coprendomi la bocca con la mano. Cerco di divincolarmi, ma la ragazza è molto aggressiva e tenta di immobilizzarmi. Per sua sfortuna sono più forte di lei e la tengo ferma mediante i polsi.

-Che cazzo stai facendo?- domanda, e in contemporanea avvicina il suo viso al mio.

Restiamo così per un paio di secondi fin quando arrivano i miei compagni di squadra insieme ai tizi della sicurezza.

AMANDA
Sono bagnata fradicia a faccia a faccia con un coglione con una orrenda cresta. Vorrei muovermi e urlare, ma non ci riesco. Sono bloccata. Bloccata da lui, da tutte queste persone che ci stanno fissando e dall'imbarazzo. Posso sentire gli schiamazzi degli altri giocatori. Non mi sono mai sentita così in imbarazzo come adesso. Ad un tratto lui mi libera i polsi, ma sento delle altre mani prendermi e portarmi lontano da lui.

-Che sta succedendo?- domanda una voce a me familiare. Alzo la testa e vedo che è mio padre. Merda.
-Papà!- mi divincolo dalla presa dell'uomo della sicurezza e corro da mio padre. Non sono mai stata così felice di vederlo, ma allo stesso tempo ho anche paura della sua reazione.
-Mister Spalletti, è sua figlia?- domanda uno dei due uomini.
-Si, che ha combinato?- domanda guardandomi in modo severo.
Il tizio della sicurezza spiega tutto a mio padre mentre gli altri giocatori se ne vanno, tranne il coglione con la cresta che continua a fissarmi come se fossi un alieno. In realtà, il tipo strano è lui che dopo tutto è ancora in mutande.
Quando la sicurezza finisce di parlare, racconto la MIA versione dei fatti e papà mi risponde con un 'ne riparliamo dopo'.

-Non so come scusarmi, Stephan.- dice mio padre mettendosi le mani nei capelli.Ops, volevo dire in testa! Ma veramente si chiama Stephan? Non so chi sia più brutto tra lui e il suo nome.
-Non si preoccupi mister, non credevo fosse sua figlia.-
-Allora ti invito a cena Venerdì, così Amanda ti porgerà le sue scuse.-
Che cosa? Io porgere le scuse a questo tizio?Non se ne parla. Piuttosto preferisco vendere tutte le mie scarpe. E poi stavo solamente cercando mio padre, è lui che ha fatto tutto il resto. Non penso di avergli fatto un torto così grande da chiedergli scusa. Lo guardo e noto che anche lui mi sta fissando con un sorrisetto stampato in faccia. So già la sua risposta.
-Accetto molto volentieri.-
E te pareva.
-Perfetto. Amanda, vai in macchina che poi ti raggiungo.-
-Ma papà, sono tutta bagnata fradicia, prenderò una bronchite.-
Sto letteralmente gelando. Tra un po' mi scambiano per un pinguino.
-Se vuoi posso prestarti qualcosa io.- si offre il signorino.
-Te lo puoi scordare, piuttosto preferisco morire di bronchite.- rispondo e lo fulmino con lo sguardo.
-Amanda!- mi rimprovera mio padre. Io non capisco perché lo stia difendendo.
Dovrebbe incazzarsi con lui solo per il fatto che si è offerto di prestarmi qualcosa di suo, e poi io mi chiedo il perché stia ancora in mutande. Possibile che non abbia freddo?Mettiti dei dannati pantaloni, cavolo!
-Ho una maglietta lunga nel mio armadietto, te la vado e prendere. Adesso smettila e fila in macchina.-
Papà se ne va e dopo un po' di secondi me ne vado pure io fin quando questo dannato ragazzo mi tocca i polsi per l'ennesima volta.
-Allora ci vediamo Venerdì. Amanda, giusto?-
mi sorride.
Li conosco i tipi come lui, crede che con un sorrisetto del cavolo possa risolvere tutto. Ma si sbaglia. Potrà far svenire tutte le ragazzine che gli corrono dietro, ma non me.
-Mettiti dei fottuti pantaloni, piuttosto.-
Me ne vado dicendogli solamente questo. Sono super soddisfatta. E anche se ormai sono uscita dagli spogliatoi posso sentire benissimo i suoi compagni deriderlo. Adesso chi ha il sorrisetto stampato in faccia, Stephan?

Entriamo in macchina e io indosso la maglia lunga di papà insieme alla sua giacca. Ma ho freddo lo stesso.

-Quello che hai fatto è inaccettabile.- commenta mio padre.
Ecco, ci risiamo.
-Non ti è bastata la ramanzina di ieri sera?Mi vuoi far saltare i nervi ogni volta. Vuoi che diventi pazzo?Vuoi distruggermi?Dimmelo che così la facciamo finita. Lo sai quando mi è costata questa tua marachella?-
-Ma papà-
-LASCIAMI PARLARE- mi interrompe.- Starai in punizione per una settimana. Ma che dico una settimana? Un intero mese. Niente amiche, niente cellulare, niente computer, niente di niente.
-Spero che tu stia scherzando.- lo guardo incredula.
-No, non sto scherzando, e chiederò al presidente della Roma se può trovarti qualche lavoretto da fare all'interno della squadra. Così potrò tenerti sotto d'occhio tutti i giorni.-
-NON PUOI FARLO.-
-Si, che posso, sono tuo padre.-
-Ma ho diciannove anni, sono maggiorenne!-
-Finché vivrai con noi, dovrai seguire le nostre regole. Scegli: o fai come ti dico o ti rispedisco dal nonno a-
-Okay, farò come dici tu.- lo interrompo sbuffando.
Andare dal nonno è sempre un inferno. Vive in un quartiere malfamato di Firenze, e per quanto io ami la mia città natale quel quartiere proprio non lo digerisco. Inoltre dovrei cucinargli, lavare i suoi vestiti e pulire la casa. Queste manine di fata sono ottime solo per reggere le buste dello shopping.

Rientrati a casa, papà racconta tutto alla mamma e i suoi rimproveri non mancano di certo. Dopo aver ascoltato l'ennesima ramanzina salgo di sopra a fare una doccia e mi cambio. Detesto i miei genitori. Mi fanno sentire cattiva, orribile, sbagliata. Una menefreghista. Ma non è così. Anche se può sembrare strano, sono timida. Non riesco ad esternare i miei sentimenti, tutto quello che vedono è solo apparenza, ed è brutto quando non riesci ad essere te stessa neanche con i tuoi genitori. Ma sono loro in primis a puntarmi il dito contro, e io reagisco così. Le persone mi hanno vista sempre come una ragazzina "viziata" "cattiva" "stupida" "vuota" ma non posso biasimarli. Sono cresciuta così, con le etichette che gli altri mi davano, portando questa farsa sempre avanti. Col tempo ho creato una "bolla" intorno a me, per tenere lontano queste persone, per far credere di essere un'altra Amanda. So per certo che mai nessuno riuscirà a scoppiare questa bolla, nessuno mi renderà felice, nessuno mi farà provare emozioni, e a ma va bene così.

NOBODY LIKE YOU || Stephan El ShaarawyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora