Capitolo Diciotto.

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Mi affaccio alla finestra, la luna sta splendendo nel bel mezzo del cielo. Guardo l'orologio appeso al muro, segna le due.

La camera di Shawn è illuminata da una luce fioca, la finestra è spalancata, ma non riesco a vederlo.

Una ebbrezza d'aria fresca mi arriva in viso. Ancora mi chiedo del perché lui abbia voluto lasciarmi. Abbiamo litigato spesso in questa vacanza, ma se mi ama così tanto, come dice lui, perché lo ha fatto. Si sta solo facendo del male da solo.

Ho creduto alle parole di Geoff che ora mi han rassicurata di più.
Però non toglie il fatto che quando penso a lui, il cuore mi fa male.

Non ho nessuna amica con cui confidarmi, ho solo un amico.

In questi precisi momenti servirebbe una donna, una donna che potrebbe capire la mia situazione mentale e fisica.

Prendo velocemente il telefono dalla scrivania, mi rimetto alla finestra e cerco il contatto di Cole.
Son le due di notte, so che disturberò e che probabilmente non risponderà, ma io ora mi sento molto male per quello che mi ha fatto Shawn e mi serve qualcuno con cui parlare.

Una volta, per queste cose chiamavo sia Hannah, che Shawn.
Peccato che gli ho persi tutte e due. Shawn sia come ragazzo, sia come migliore amico.

«Tutta gente falsa mi circonda» urlo in preda alla rabbia e al dolore. Mi accascio lungo la parete e decido di chiamarlo.
Sei squilli passano finché lui non risponde.

«Venere? Sono le... due e mezza di notte, c'è qualche problema?» tra una parola e l'altra lui sbadiglia, mi sento in colpa, stava probabilmente dormendo beatamente.

«Sto male, anzi malissimo. Mi brucia tanto il cuore, Shawn me l'ha spezzato» dico scoppiando in un pianto. Metto in viva voce, appoggio il telefono a terra e mi metto le mani nei capelli.
«Cosa? Shawn? Impossibile?» dice allibito dall'altra parte della cornetta,
«Credevo mi amasse, come io amo lui. Mi ha lasciato per una hostess, capisci!!!».
Penso a stamattina quando lui addocchiava la ragazza dell'aereo e mi viene una fitta al cuore.

«Non so più cosa fare, te sei l'unico amico che mi rimane, sperando che te non sia un falso come le persone che mi sono state intorno fino ad adesso. Se sei così, chiudi pure la chiamata, tanto ormai più di così, cosa potrebbe succedermi?».

La chiamata chiude. Mi sono fatta fregare ancora. Che povera illusa che sono.

Mi copro con le mani il viso bagnato di lacrime. Socchiudo gli occhi per un attimo e penso al fatto che qualcuno qui al mio fianco ora mi servirebbe.

Sto per altri dieci minuti così, a contemplare su quello che è successo. Solo che il rumore di una bici buttata sul prato, mi sveglia dal mio stato di trance. Mi affaccio alla finestra per vedere chi potrebbe esser stato e noto che qualcuno mi acceca con una torcia puntata al viso.

«Ptss... Venere, sono io Cole! Ho delle ciambelle!» dice alzando un sacchettino. Cole Sprouse, alle tre di notte sotto casa mia con delle ciambelle, sorrido al gesto carino che ha fatto per me.

«Vieni, entra dalla porta posteriore, passa per il giardino!» urlo piano.

Per fortuna mio padre è un grande dormiglione ed uno che dorme profondamente, e non si fa mica abbindolare da questi rumori, che per lui, in confronto a noi svegli, solo semplicemente silenzio.
Però è meglio non cantare vittoria troppo in fretta, non sa mai, magari si sveglia per lo scricchiolio del parquet.

Scendo le scale piano piano e vado in cucina, e sullo stipite della grande porta finestra vedo la sagoma di Cole immersa nel buio pesto, con un sacchettino in mano.

«Fai piano... seguimi». Apro la porta finestra e mi incammino nella mia stanza seguita da lui quasi in punta di piedi e quando arrivo, sbatto la porta alle nostre spalle. Accendo la lampada e finalmente riesco a vederlo, ha il pigiama su, che tenero.

«Fai piano mi diceva» dice indicando la porta e ridendo.
Si sdraia sul mio letto, io mi metto accanto a lui a gambe incrociate, prendo il sacchetto e tiro fuori da esso, una ciambella.

«Sei stato molto carino a venire qui in piena notte... con anche delle ciambelle» dico sorridendogli.

«Sei molto importante per me, se non lo fossi, non sarei mai venuto qua, soprattutto con del cibo». Cole ride, la sua risata è leggera e non come la mia, che è rumorosa e fastidiosa.

«Ora però basta mangiare, credo che a te servano degli abbracci in questo preciso momento». Mi toglie dalla mano l'ultimo pezzo della ciambella, e se la mangia lui, si appoggia sulla testata del letto, mi prende per i fianchi e mi infila in mezzo alle sue gambe, mi abbraccia stretta alla vita, riesco a sentire il suo respiro affannato sulla mia spalla.

«Vi amate troppo, non riuscirete mai a star lontano per troppo tempo». Il suo alito caldo e che odora di zucchero mi riscalda l'orecchio.

Penso alle stesse parole che mi ha detto Geoff, e penso che se fosse stato così, lui non mi avrebbe mai lasciata.

«Se mi amasse tanto, come dite voi, lui non mi avrebbe mai lasciata»
Aspetto cinque minuti prima della sua risposta.
«Magari non era in lui... quando capirà del gesto fatto tornerà subito da te. Te lo prometto, non voglio vederti in questo stato, so che lo ami molto, ti stai facendo solo male. Shawn tornerà. Ora pensa ad altro come, per esempio, che domani c'è scuola, pensa a i comp... cazzo, ma domani c'è scuola! Devo andare a casa». Si alza di scatto, ma vien bloccato da me.

«No ti prego resta, ho dei vestiti di Shawn nell'armadio, posso prestarti quelli, ma per favore non lasciarmi sola...» appoggio la testa sul suo petto e pian piano inizio ad addormentarmi, cullata dal suo battito.

La sveglia suona alle sei e quaranta in punto. Delle braccia, che non son di Shawn, avvolgono il mio bacino. Cole affianco a me dorme dolcemente come un piccolo bambino. Slego il contatto e vado in bagno iniziando a prepararmi. Mi lavo i denti e mi vesto.

Tiro fuori dal mio armadio una maglia e un pantalone, che Shawn molto tempo fa, ha dimenticato.

«Svegliati, tieni i vestiti» dico svegliando Cole e tirandogli un braccio.
Si alza, mi guarda sorridendo e va in bagno. Dopo dieci minuti ritorna in stanza e iniziamo a far colazione con le ciambelle di sta notte.

«Ho dormito bene abbracciato a te»
«Anche io, se non fossi venuto, io ora starei ancora male...»
«Son contento, di essere utile, a volte»
«Te sei sempre utile». Sorride alla mia frase ed io ricambio con un piccolo sorrisino.

«Meglio se andiamo, alle sette e quarantacinque passa il bus» si alza dal letto e s'infila le scarpe,
«Il tuo zaino?» chiedo,
«Ho i libri nell'armadietto, tranquilla»

Usciamo insieme da casa mia, e ci dirigiamo verso la fermata del bus e come detto da Cole, alle sette e quarantacinque spaccate, il bus si presenta davanti ad i nostri occhi.

Dopo venti minuti, sfortunatamente, arriviamo a scuola. Sono le otto e cinque, tra dieci minuti suona, ed io se non erro, alla prima ho biologia.

Nel cortile della Dunbarton tutti gli studenti mi guardando meravigliate, sento alcuni bisbigliare «è lei».

Ero lei, Shawn mi ha lasciata ieri, illusi.

Vedo Hannah entrare a scuola con in viso un espressione schifata.

«Hai biologia alla prima giusto?» mi chiede Cole distrandomi, io faccio un cenno di si, con il capo.
«Bene perché mi devi prestare il libro, ci sediamo accanto, per te va bene?»
«Certo, andiamo ora, il sig. Ross arriva solitamente presto».

Tutta quella gente che mi fissa mi mette in soggezione, meglio andarsene al più presto possibile.
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«Ma chi è quello??? Sta scrivendo scusami con delle rose!!! Che tenero» urla una ragazza del primo banco.
La lezione di francese viene interrotta così. Tutta la classe si affaccia alla finestra, un ragazzo incappucciato ha con se un sacchetto di rose e sta finendo di completare la lettera i, della parola scusami.

Sorrido. Quel ragazzo riuscirei a riconoscerlo anche con un sacchetto dell'immondizia in testa.

Mendes ma cosa stai facendo?

Tasty Lips. (Shawn Mendes)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora