XXVII 'Non credo di saperlo gestire'

1.6K 126 46
                                    

Tiro le coperte fin sopra la testa. Cerco di raggomitolarmi il più possibile su me stessa, ma c'è qualcosa che non va. Apro gli occhi e vorrei gridare. Insomma, io non posso alzarmi ogni mattina così, non è possibile. Poi mi domandano perchè sono sempre nevrotica e stressata. Sono le otto del mattino e mia madre ha aperto tutte le finestre di casa. Da cosa lo capisco?! Dal vento gelido che mi schiaffeggia la faccia. Accartoccio le coperte ai piedi del letto e scalcio. Ho bisogno di una vacanza, su un'isola deserta, da sola e senza mia madre. Cristo, fa freddo. Perchè diavolo non lo capisce? Okay che è in menopausa e che ha caldo, ma dannazione!

-Mamma?!- grido cercando le pantofole. -Mamma?!- grido ancor più forte.

-Si?- il suo volto fa capolino dalla porta aperta. 

-Ma io dico, sei pazza?! Cosa apri le finestre così?! Fa freddo!- grido con voce acuta.

-Innanzi tutto, casa deve arieggiare.- mi lancia un'occhiataccia. -Secondo.. Tu non dovresti essere all'università?- alza il sopracciglio perfettamente curato. 

-Università?- chiedo confusa. 

-Esattamente cara, università.- risponde come se nulla fosse.

-Cazzo.- grido correndo da tutte le parti. No, non posso essere ancora una volta in ritardo, il professor Bennett, 'sta volta mi sospende. Afferro le prime cose che trovo e corro come una pazza per la stanza, sono strettamente sicura che mia madre si stia gustando la scena sorridendo. 

-Perchè non mi svegli?! Ti piace vedermi essere in ritardo!?- grido con lo spazzolino in bocca.

-No, per niente. Devi imparare ad essere più responsabile.- sorride mentre esce dalla mia stanza, sento i suoi tacchi rimbombare sul corridoio e le faccio il dito medio. 

Odio la mia vita. Su una scala universale, direi che odio la mia vita da Londra fino alla Luna. Si, il mio odio per il genere umano copre la distanza Terra-Luna. Mi vesto senza sapere bene cosa sto indossando e mi lego i capelli. Non ho il tempo materiale nemmeno per truccarmi o per bere un goccio di caffè. Con il fiatone, corro per la strada maledicendo il fatto che Nathan non sia qui. 

Appena metto piede in università, mi lascio andare ad un sospiro, credo che questo sarà il mio ultimo respiro. Dannazione. Cerco l'aula ed entro, senza bussare. Come al solito la classe è piena, cala il silenzio quando sospiro rumorosamente.

-Signorina.- mi guarda male. -Direi che l'essere in orario non fa parte del suo stile di vita.- 

-Ho avuto un imprevisto familiare.- borbotto cercando Nathan. E' al solito posto e quasi corro per sedermi di fianco a lui. Il professore continua a guardarmi e la cosa mi infastidisce. 

-Ti sei appena guadagnata il suo odio.- sorride Nathan.

-Sai che novità?- borbotto appoggiando la testa sul banco. 

Il professore parla tranquillo, spiega qualcosa che non capisco e che non ho voglia di capire. Mi sento come se fossi tornata al liceo, dove tutti sanno tutto di tutti. Dove il professore ti critica per quello che sei, non per quello che potresti essere. 

Fisso l'insegnate che si muove lentamente vicino al proiettore, è giovane e dannatamente affascinante. Tutti lo idolatrano come se fosse l'eroe nazionale dell'università, io penso che sia semplicemente sopravvalutato. 

-La signorina che è arrivata in ritardo.. Potrebbe spiegarmi questo quadro?- sorride malignamente e alzo gli occhi al cielo. Fisso l'immagine proiettata sullo schermo, persino Nathan mi guarda curioso, come se tutti dessero per scontato che io non sappia di chi sia il quadro.

-Vincent van Gogh, Campo di grano con volo di corvi.- sorrido soddisfatta.

-Bene, può dirmi la differenza tra questo quadro e gli altri dell'artista?- sorride portando le braccia al petto. 

If you don't know l.h.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora