XXII 'Occhi a me'

Începe de la început
                                    

-Sì a dopo, ciao.- alzo gli occhi al cielo ed attacco il telefono. 

Quando mi siedo sul sedile sporco mi rassegno al fatto che sono destinata a vivere in un limbo. Ho raccontato a Cass ed a Calum quello che ho trovato, pensano che sia da pazzi incontrollati lasciare una locandina così. Gli ho promesso che, a costo di andare all'inferno e tornare, avrei scoperto di più riguardo a questo evento. Ed è proprio quello che voglio fare. 

C'è qualcosa di strano in questa situazione, ma una stranezza che assomiglia ad una strana verità. Come se, ovunque fosse, stesse andando avanti con la sua vita. Forse è proprio questo il fulcro del problema, io non posso accettare che vada avanti con la sua vita senza aver prima chiarito i nostri conti in sospeso. 

Ho promesso così tante volte a me stessa che l'avrei trovato e io mantengo sempre le promesse. Quindi il problema non sono io, il problema è lui. Non puoi trovare qualcuno che non vuole farsi trovare, non puoi smascherare segreti di cui non sai nemmeno la provenienza. 

* * * 

-Alice, dobbiamo parlare.- mi richiama mia madre dall'uscio della porta. 

Resto di spalle, cercando qualcosa da mettermi per 'sta sera. 

-Stile da tossica o da ragazzina che non mette mai piede fuori casa?- farfuglio fissando i vestiti.

-Mi vuoi ascoltare?!- brontola mia madre.

-Non ho nulla da dirti, madre. Se non quando ritirerai i panni dalla lavanderia? Non ho niente da mettermi.- sibilo tastando alla rinfusa i troppi vestiti che ho. Non ho mai niente da mettermi ma ho l'armadio pieno di vestiti. 

La sento entrare e alzo gli occhi al cielo, credo si stia sedendo sul letto ma continuo a rimanere di spalle.

-E' più di una settimana che non mi parli.. Sai da dopo quello che mi hai detto sul tuo amico..- quasi sussurra e mi domando per quanto tempo andrà avanti questa sceneggiata da madre che concerne sentimenti.

-Lui non è mio amico.- sussurro scandendo ogni singola vocale e consonante. 

-Lo sai che puoi sempre parlare con me, vero?- ritenta apprensiva. 

-Certo, ogni giorno.- parlotto sarcastica. Conto mentalmente i secondi, le do cinque secondi, poi tornerà ad essere la donna dispotica di sempre.

-Perchè fai così? Che cosa abbiamo sbagliato con te!- piagnucola e qui mi volto, stringendo con troppa forza il vestito che ho in mano.

Ve l'avevo detto.

-Che cosa avete sbagliato? Forse vorrai dire cosa non avete sbagliato! Non sai chi sono, non sai cosa mi piace, cosa faccio nel tempo libero. L'unico amico che ho viene considerato come un tossico!- grido perdendo la pazienza.

Resta di sasso, ormai sono abituata a questa sua espressione sbigottita.

-E' stata colpa di quel collegio, da quando sei tornata sei diversa.- sputa alzandosi.

-Diversa? Forse sono semplicemente me stessa.- utilizzo lo stesso tono duro. -E ti ricordo, che mi ci hai spedito come se fossi uno scatolone di vecchi vestiti destinati alla chiesa.- sputo.

Mi guarda dall'alto verso il basso, la sua strafottenza è uguale alla mia, il suo modo di criticare e giudicare dallo sguardo è così tagliente da mettermi quasi in soggezione. 

-No, sei semplicemente confusa. Quando avrai passato questa fase..- mi indica con la mano. -Potremmo anche discutere civilmente.- sibila amaramente uscendo dalla mia stanza.

Resto in silenzio a fissare la scia immaginaria di parole non dette. Scuoto la testa e chiudo la porta con un calcio, la voglia di gridare e ribellarmi a questa sottospecie di volontà imposta, mi manda il sangue al cervello. 

If you don't know l.h.Unde poveștirile trăiesc. Descoperă acum