XXX 'Un tranquillo giovedì'

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Capitolo corretto il 02/04/2017

Non uscirò più da questa stanza. Non aprirò mai più la porta, non vedrò più nessuno e morirò qui dentro. Questo è il verdetto. Sono le cinque e trenta tre del mattino, non ho chiuso occhio e mi domando come diavolo faccia il mio corpo a non voler dormire. Insomma il mio cervello non deve spegnersi?! No, ovviamente ha deciso di farmi rivivere in loop tutti gli avvenimenti di questa sera. Non si può intraprendere una battaglia legale contro il proprio cervello?! No vero?! Del tipo chiedo il divorzio da me stessa?!?! Io mi dissocio dalla mia testa.

Frustrata mi alzo dal letto e cerco un maledetto foglio con una penna. Accendo la piccola luce sul comodino e armata di follia, scrivo tutto quello che è successo. Ricapitolando, mi ha portata nel suo luogo, mi ha parlato come se fossimo amici da sempre e poi mi ha baciata. No, cioè io l'ho baciato. Che poi la cosa più frustrante è che noi non siamo amici, non siamo niente. E il niente non può baciarsi sotto le stelle. Non può. Il niente sta col niente.

Okay, respira. Calmati.

Poi la parte più divertente, sono scappata.

Perchè sono scappata?! Capito?! Sono fottutamente scappata come una codarda che non sa affrontare questa situazione.

Vado in bagno e mi sciacquo con l'acqua fredda. Mi guardo allo specchio. C'è qualcosa che non va. Sposto i miei capelli.

Cosa diavolo è. Cosa. Diavolo. E'?!?!?!?!?!

Ci passo le dita sopra e fa male. Molto male.

Caccio un grido estremamente acuto. Scappo verso la camera di Cass. Prendo la chiave ed entro. Sta dormendo. Mi siedo sulla scrivania e fisso insistentemente il letto. Il mio orologio mi segnala il cambio dell'ora. Sono le sei. Svegliati Cassandra. Forza. Devi ascoltare i miei problemi. E' questo che fanno le migliori amiche no?! Ascoltare e risolvere i problemi. Soprattutto risolvere.

Sento la sua sveglia e la vedo rigirarsi nel letto. Apre gli occhi lentamente. Mi fissa e aggrotta le sopracciglia. Quando mette a fuoco chi sono, grida tirandosi le coperte fin sopra al naso.

-Cassandra fissa il mio collo.- sussurro cercando di mantenere il controllo. Sono seduta sopra la sua scrivania a braccia conserte ed ho lo sguardo assente.

-Oh mio Dio!- si porta una mano sul petto. -Sei pazza?! Oh mio Dio! Ho perso dieci anni di vita!- grida ancora sconvolta.

-Fissa il mio collo. Non lo ripeterò un'altra volta.- sussurro ancora.

Si alza spostando le coperte, come se fossi un fantasma si avvicina lentamente. Sposto i capelli e le faccio vedere cosa intendo. Che poi è talmente tanto grande che potrei vederlo persino io che da lontano non ci vedo.

-E' un succhiotto?- sussurra sconvolta.

-Si. Perchè è sul mio collo?- sussurro con un tono decisamente calmo e pacato.

-Non lo so, questo dovresti dirmelo tu.- aggrotta le sopracciglia.

-E' un idiota! Un deficiente!- grido istericamente. Okay, non sono proprio calma e pacata come credevo.

-Stai calma, si copre con un po' di fondotinta..- sussurra presa dal panico.

-Stai calma?! Calma?! Io adesso lo uccido! Gli strappo gli arti dal corpo e li getto giù da quel fottuto burrone! Anzi ce lo butto vivo! Così magari lo ritrovano e sarà traumatizzato a vita! Fondotinta.. Il fondotinta non copre nemmeno le mie occhiaie come diavolo può coprire questa cosa disgustosa?!?!- grido.

-Burrone? Di cosa stai parlando?-

Ecco. Ora sono di nuovo nella merda.

-Niente di un burrone immaginario, una metafora.- borbotto velocemente.

ALICE l.hDove le storie prendono vita. Scoprilo ora