XV 'E' un gioco'

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Ehi, calmi tutti. Mi ha appena chiamata ragazzina? Io lo strozzo questo tipo dal colore dei capelli opinabile.

-Michael, calmati. Stai avendo troppe paranoie, non siamo più in quei tempi, e poi che ti frega se sta avendo una sbandata?-

Grazie a Dio Calum sembra voler essere il portatore della pace. Bravo, ora mi sta più simpatico.

-Lascia perdere.- borbotta Michael.

Cala un silenzio tombale e sento dei passi, credo che qualcuno stia per svoltare l'angolo. Okay ora cosa diavolo faccio? Non posso farmi beccare, di nuovo, ad origliare conversazioni altrui. Cammino velocemente verso il corridoio e mi infilo nella prima aula che trovo. Dalla serratura osservo Michael camminare velocemente. Okay pericolo scampato.

La classe in cui mi trovo è silenziosa, realizzo che è il laboratorio di musica ed ogni mio pensiero macabro sembra prendere vita. Visto che ho passato la maggior parte delle lezioni seduta all'ultimo banco a dormire, mi prendo qualche minuto per osservare da vicino gli strumenti dei ragazzi. Sul lato sinistro dell'aula vi è una piccola porta, suppongo sia uno sgabuzzino. Curiosando tra i vari strumenti vecchi e arrugginiti noto un basso o una chitarra. Si lo so, sono molto ignorante in fatto di strumenti musicali.

Sulla parte bassa sono incise due iniziali, le mie iniziali. Ci passo il dito sopra, lentamente, come se potessero calmarmi. Mi risulta ancora impensabile che questo L.H. sia diventato il mio pensiero fisso. Nella mia testa me lo immagino come un ragazzo senza volto che però compie atti eroici. Non so, è come se fosse il protagonista del tuo libro preferito che prende vita, che ti accompagna come se fosse un angelo custode. E' come un amico di penna, con il quale anche se non scrivi più, rileggi tutte le sue lettere per sentirti meglio. O forse completo. Non saprei definire il mio L.H. a parole.

Sorrido quando realizzo che tutto ciò che ha scritto nella lista è vero. Cazzarola, la lista. La estraggo dalla tasca posteriore dei miei jeans e cerco il punto di cui ho bisogno per attuare il mio piano.

5) Ufficio della direttrice, Ofelia non tollera che qualcuno possa curiosare tra le sue cose. Lo so, ti starai domandando come diavolo faccio a sapere tutte queste cose ma ehi! Sono il proprietario della lista, il proprietario di ogni tuo pensiero irrazionale. Sono un genio! P.s. non spostare mai il piccolo vaso colorato che è sopra la cassettiera.

Sempre detto che la direttrice è una donna strana. Molto strana, come i suoi completi. Ma suppongo di averne parlato male abbastanza. Un rumore mi fa sussultare e accidentalmente, così per dire, do una gomitata contro uno strumento. Un dolore lancinante mi fa quasi imprecare. Cioè, mi fa gridare.

-Che stai facendo qui dentro?!- Ashton si sistema la bandana sulla testa e mi guarda curioso. Alterna lo sguardo dal mio corpo agli strumenti.

-Niente. Assolutamente niente, tu?- sorrido tenendomi il gomito.

-Stai perdendo sangue dal braccio, stai bene?-

-Secondo te, se sto perdendo sangue sto bene?!- chiedo in maniera nevrotica.

-No cioè pensavo che non te ne fossi accorta.- sorride nervoso.

-Era una domanda retorica Ashton, non c'era bisogno che mi rispondessi.- sospiro.

-Ti accompagno in infermeria?-

-No, grazie. Io devo andare, so la strada.- rispondo velocemente.

-Sei sicura non ho niente da fare.- alza le spalle.

-Okay.- acconsento sospirando.

Mi sposto in modo tale che possa chiudere la porta del piccolo sgabuzzino. Camminiamo in silenzio, sento un mare di domande spuntare da ogni angolo della mia testa ma resto in silenzio.

ALICE l.hOnde histórias criam vida. Descubra agora