~ Just Tonight ~

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~ Emma's POV:

Il suono continuo di qualcuno che bussa alla porta mi fa sobbalzare dal letto. Alzo il viso aprendo gli occhi frastornata. Ho un brutto mal di testa e mi sento sottosopra come se fossi appena uscita dall'ottovolante. Stendo le gambe piacevolmente indolenzite e stringo le coperta al petto. Non ho idea di quante ore io abbia dormito ma dalla finestra noto che è ancora buio.
Parker mi fissa sorridendo steso su di un fianco. Ha un buon profumo. Non voglio muovermi perché non ne ho le forze ma vorrei tanto toccare le sue labbra e sentire sulle dita il piacevole formicolio.
Sentiamo ancora una volta bussare. Parker sbuffa saltando giù dal letto in boxer e va ad aprire. Mi raggomitolo sotto la coperta e provo a riprendere sonno. Non mi sono mai sentita così stanca in vita mia.
«Nessuno ti ha insegnato a non svegliare la gente che ha bisogno di dormire?»
Parla con voce roca. E' così dannatamente sexy anche al risveglio, ma come fa?
«Emma ha lasciato il telefono all'entrata e ha suonato per tutta la notte!»
Aggrotto le sopracciglia. Chi mai chiamerebbe di notte? 
Sono passati due giorni dal matrimonio, ho sentito spesso Lucy e qualche volta Anya che mi ha chiesto aiuto con uno dei suoi due abiti. Per il resto non aspetto nessuna chiamata extra.
Sento la porta richiudersi e il letto muoversi. Scosto la coperta liberando la testa e assonnata e stanca guardo il mio meraviglioso ragazzo che fissa lo schermo del mio telefono. Glielo tolgo dalle mani appoggiandolo sul comodino poi poso la mano sulla sua nuca e lo spingo verso di me per baciarlo.
«Buongiorno», carezza la mia schiena.
«'Giorno», rispondo con voce roca.
Abbiamo passato due giorni piacevoli e lontani dalla frenetica città. Abbiamo coinvolto anche Lexa e David per le nostre uscite turistiche e ci siamo divertiti parecchio.
«Come stai?»
I suoi occhi verdi scrutano i miei attenti. Ogni volta sento come se una piccola parte della mia anima, uscisse fuori e lui se ne impossessasse. Non provo disagio, al contrario questo mi fa sentire sollevata.
«Piacevolemente indolenzita», sfioro la sua guancia con le dita.
Abbassa il viso e stampa piccoli baci sulla mia gola e sulle mie clavicole. «Ti ho fatto così male?», sembra preoccupato.
«No», mi alzo a metà busto trascinando la coperta dietro. «Diciamo che era da un pò che non facevo così tanta palestra», sorrido.
Le sue labbra si posano sulla mia spalla e arrivano lentamente sotto l'orecchio. «Mi piacerebbe portarti a correre uno di questi giorni», scosta i miei capelli dall'altro lato e continua a baciare il collo, la nuca. Mi provoca un grosso ed intenso brivido ed emetto un suono strano. Sono già senza fiato. Riesce sempre a coinvolgermi e a farmi eccitare.
«Andiamo ora?», domando ricordando di non avere altri programmi per la giornata.
Parker mi guarda per un momento poi si alza e tira la coperta che tengo stretta facendomi rimanere seminuda. Strillo lanciandogli un cuscino contro e lui sghignazza trionfante. «Vieni così a correre?», domanda provocandomi e infilando una tuta.
Alzo gli occhi al cielo e provo a rialzarmi. Dico provo perchè lui mi sotterra contro il materasso. Inizio a lottare per divincolarmi ma è troppo forte quindi decido di usare un approcio più sensuale per distrarlo. Mi struscio contro di lui e quando si ferma, riesco a liberarmi e corro verso l'angolo dove tengo i miei vestiti.
«Sei scorretta», alza la voce ma so che sotto sotto è divertito.
«Io sarei quella scorretta? Tu che mi strappi di dosso la coperta pur sapendo che sotto sono quasi nuda non è scorretto?», lego i capelli e indietreggio quando si avvicina con sguardo truce.
Sento un brivido piacevole e vorrei strillare e scappare, vorrei davvero, ma è eccitante e mi ritrovo contro il muro avvinghiata a lui. Sfioro le sue labbra ma non lascio che mi baci.
«Non è scorretto volere vedere la propria ragazza che ha un corpo da urlo nuda?» Ghigna dandomi un morso sotto l'orecchio prima di succhiare la pelle. Mi spingo contro di lui facendolo gemere e ci stacchiamo senza fiato.
Sembriamo due adolescenti in preda ad una crisi ormonale di quelle potenti. Se non usciamo da questo appartamento subito, non so cosa succederà. Gli do una pacca sul sedere e corro verso la porta. «Avanti schiappa vieni a prendermi!», strillo mentre arrivo vicino la porta spalancandola. Vengo afferrata per un braccio e mi ritrovo di nuovo contro il muro. «Schiappa? Sul serio?», preme il suo corpo caldo contro il mio.
«Siete proprio due ragazzini!», Lexa passa dal corridoio con una tazza tra le mani e trattiene un sorriso sotto i baffi.
Arrossisco perchè so che le devo dei dettagli riguardo alla notte del matrimonio di Lucy ma anche lei mi deve un resoconto dettagliato sulla sua con David. Tra i due non c'è solo amicizia e io lo so, conosco Lexa.

Corriamo in direzione del parco ma faccio una deviazione e lo porto verso il vecchio parco giochi. La gamba non è al massimo della forza ma quando corro lentamente non è un problema e a Parker non sembra dispacere il mio ritmo. Non si lamenta mai di niente quando riguarda me. E' così buono, così premuroso. Lo merito?
Da quando sto con lui ho conosciuto un altro Parker, lontano dal tipo ingessato giacca e cravatta uomo d'affari in ufficio. Questo ragazzo è molto di più di un lavoratore. E' passione, sentimento, gioia, tranquillità. E' vita allo stato puro. Quando sono accanto a lui, sento che tutto andrà bene.
Il prato è come lo ricordo: ingiallito e non curato. Le giostre arrugginite e il laghetto ospita una famiglia di rane rumorose. Parker non sembra turbato del posto quando mi fermo accasciandomi sul terreno. Si sdraia accanto a me con il fiato corto mettendo le braccia dietro la nuca.
«Posso farti una domanda?»
Ad occhi chiusi non riesco a vedere la sua espressione ma annuisco preparandomi a qualsiasi suo dubbio.
«Cosa hai sentito quando hai incontrato lui la prima volta?»
Mi fermo. Per un nano secondo non esisto, non respiro, non riesco a formulare una risposta plausibile. Mi sento spaesata, non capisco il perché della domanda. Inspiro lentamente. «È difficile dimenticare un primo incontro. Ho pensato subito che avesse un non so che di speciale. Ero così impaurita, lontana dall'appartamento e dalla città e ho accettato il suo passaggio senza riflettere, lasciandolo entrare nella mia vita in un lampo. Ero sicura che sarebbe stato un casino, che mi avrebbe fatto soffrire. Mi è bastato vedere i suoi occhi per capire che non ne sarei uscita illesa. Il resto lo sai...», sospiro. Parlarne fa sempre male perchè parlarne significa anche ricordare e si sa, i ricordi portano lacrime e tristezza.
«Pensavi che sarebbe stato lui...», lascia in sospeso la frase dandomi il tempo di riflettere e rispondere. È troppo calmo.
«Io e lui potevamo essere quel "e vissero felici e contenti" invece siamo solo quel "e vissero divisi e impotenti"». Lascio che il sole riscaldi la mia pelle e tengo gli occhi chiusi per non dovermi ritrovare davanti i suoi indagatori e attenti.
«Parli come se ti fossi arresa e abituata all'idea. Parli come se non avessi altra scelta se non quella di forzarti e andare avanti, fingendo un sorriso»
Alzo la testa di scatto. Il suo tono non mi piace affatto. Ha il viso contratto e turbato. Una mano sul mento accarezza il lieve accento di barba e una dietro la nuca. Mi fa male quello che ha appena detto. È come se avesse appena affermato quello che pensa: che io lo amo solo perché sono obbligata a farlo, perché non ho altra scelta.
«Ti sbagli. Sono stata male, è vero, ma il dolore passa quando lo accetti e lo superi rialzandoti e andando avanti. Lui non è più mio, non lo sarà mai ed io non posso corrergli dietro. Forse ho avuto delle pessime reazioni e sono la prima ad ammetterlo e a scusarmi ma, sono mesi che sto bene, credo di avere trovato la mia isola tranquilla e ne fai parte anche tu perché anche se non ci credi, io ti amo davvero!» mi rialzo e inizio a correre con le lacrime agli occhi. Non posso fermarmi e non voglio. Ho bisogno di sentire i polmoni in fiamme e le guance scottanti. Ho bisogno di sentire i muscoli intorpiditi e l'assenza di saliva dentro la bocca. Ho bisogno di scaricarmi del tutto.
Sento che mi chiama ma aumento il passo e corro per le vie che conosco bene, quelle che mesi prima percorrevo spesso quando stavo male e quando avevo bisogno di correre per estraniarmi dal mondo come in questo momento.
Supero il locale e prendo il vicolo, passo il vecchio negozio di fiori e la catena di Fastfood. Mi ritrovo di fronte il mio vecchio palazzo. Lo guardo da lontano, appoggiandomi ad un palo per reggermi in piedi mentre i miei polmoni protestano facendomi tossire. Asciugo la fronte con il braccio e continuo a correre senza meta. Mi ritrovo lontano dal centro, cammino con più calma e poi prendo un taxi facendomi accompagnare nell'unico posto dove posso essere davvero sola e tranquilla. Il tassista protesta un po' quando chiedo di proseguire verso la strada non asfaltata e mi lascia insicuro sul posto.
Avanzo superando la recinzione e i cartelli di pericolo. Mi sistemo al centro della pista e mi stendo sull'asfalto caldo con le mani in grembo e gli occhi chiusi.
Il tempo muta, nuvoloni grigi coprono il sole e in breve arriva un gran bel temporale. Ho sempre odiato la pioggia ma non ho il coraggio di alzarmi quando arrivano le prime gocce d'acqua. I miei vestiti si inzuppano e dopo un paio di minuti mi trascino verso un posto riparato. Scoppio in lacrime abbracciandomi per trovare un certo conforto. Dietro non ho altro a parte qualche spicciolo dentro le tasche dei pantaloncini. Ho dimenticato il telefono e non posso avvisare Lexa, sarà preoccupata però mi conosce e sa che spesso sparisco senza motivo. E Parker? Mi stringo dondolando. Parker non capirà mai quello che provo. Avrà sempre l'idea che io stia con lui solo per ripiego quando invece, lo amo davvero. Si possono amare più persone? Io credo di sì. Non le amiamo allo stesso modo ma le amiamo ed è questo quello che conta.
Rimango fino a tardo pomeriggio rannicchiata in quell'angolo polveroso, quando la pioggia lascia il posto ad un tramonto spettacolare. Mi sento persa e distante.
Sento in lontananza dei rumori poi una macchina si ferma nel parcheggio. Non ho la forza di scappare. Poggio la testa contro il muro e aspetto che quel qualcuno si faccia avanti.
Il cuore inizia a battermi velocemente in petto. Sovrasta quasi ogni rumore tranne quello dei tacchi sul terreno sdrucciolevole.
«Ehi»
Alzo lo sguardo e Anya mi guarda con la mano tesa. Mi lascio aiutare per alzarmi e la seguo in auto dove mi offre una giacca, la riconosco immediatamente ma non faccio obiezioni indossandola.
«Ha chiamato Lexa preoccupata dicendo che il tuo ragazzo è rientrato da solo e nervoso in casa. Ha chiesto se sapevo dove trovarti ed io ho chiesto a...», si blocca.
«Non è come là criptonite, puoi dire il suo nome», brontolo.
«Ho chiesto all'unica persona che penso possa conoscerti ancora un po' e mi ha indicato subito questo posto. Stava per venire ma l'ho dissuaso e mi ha chiesto di portarti una giacca, sapeva che avresti avuto freddo. Allora? Che succede?»
Scoppio a piangere e non un pianto normale. Singhiozzo come una bambina disperata e isterica mentre il petto inizia a dolere tremendamente. «È tutta colpa sua...», strillo.
Anya mi abbraccia incapace di trattenersi e mi stringe tra le sue braccia carezzando i miei capelli. «Si, e lui lo sa...», mormora.
«No, non lo sa cosa mi ha fatto! Non lo sa... e ora ti manda pure con una fottuta giacca che ha il suo maledetto odore...», scuoto la testa e continuo a frignare come una ragazzetta alle prese con la sua prima delusione d'amore. Io ne ho avute due, entrambe finite male e forse ora anche una terza.
«È stato male per mesi Emma... Tuttora non, non sappiamo come prenderlo... Quando ti ha rivisto, credo sia riuscito a respirare di nuovo... per davvero.»
«Basta!», tappo le orecchie. Non voglio sentire. Non voglio parlare di lui. Ha già distrutto tutto una volta. «Amo Parker ma lui pensa che sia solo per ripiego. Non so come dimostrargli che sento davvero tanto per lui. Da quando ha visto tuo fratello, è diverso. Si sente messo in competizione, ed è sbagliato. E' tutto sbagliato! Io, io non ce la faccio! Voglio tornare a casa e stare bene. In questi mesi ho vissuto davvero, senza pensieri e senza lacrime. Ora torno qui, e tutto va a puttane!»
«Ti rende felice?»
Annuisco tirando su con il naso. «E un ottimo ragazzo e capo. Non voglio perderlo».
Anya mette in moto. Avevo dimenticato quanto guidasse male ma non posso lamentarmi. Sento freddo e mi appiattisco sul sedile abbracciandomi alla giacca dell'unica persona a cui non dovrei mai più pensare ma che ancora una volta mi ha letteralmente stesa al tappeto.
«Ami ancora mio fratello?»
«È come una pugnalata ripetuta rivederlo...», eludo così la domanda. Non sono sicura di volere rispondere. Non capisco nemmeno le ragioni di queste domande.
Anya si ferma ad un rifornimento e sistema in macchina delle bottiglie. Me ne passa una stappando poi la sua. Non so come farà a guidare se si ubriaca ma se ben ricordo, regge bene l'alcol e guida meglio sotto effetto. Beviamo rievocando vecchi ricordi evitando l'argomento "Ethan". Sembrano così lontani ma sono solo passati pochi mesi da quando me ne sono andata.
«Sono spaventata, per il matrimonio...», fissa la strada.
«Mark ti ama, andrà tutto bene», provo a tranquillizzarla.

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