~ Impossible ~

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~ Ethan's POV:

È una di quelle giornate calde primaverili qui a New York. L'aria, come sempre è carica di odori e rumori. È troppo caotica e non è di certo il posto ideale per me in questo momento. Sono in ospedale con Tara. La bambina sta bene ma lei continua ad avvertire qualche strana sensazione. Ancora è presto per il parto. I medici continuano a rassicurarci ma lei sembra davvero preoccupata per qualcosa. È caduta e siamo subito corsi in ospedale per assicurarci che stessero entrambe bene.
In questo momento non mi sento poi così indifferente. È pur sempre una bambina che deve nascere. Il pensiero che si sia fatta male in qualche modo, fa smuovere qualcosa dentro.
C'è stata una sera in cui mentre guardavo Emma dormire, immaginavo come sarebbe stata la nostra vita. La immaginavo in una casa lontana dai palazzi e dallo smog. Una piccola abitazione in mezzo al verde ma dotata di ogni confort. La immaginavo intenta a preparare la cena o seduta davanti al camino con quei calzini colorati. Immaginavo la mia vita serena e spensierata con Emma al mio fianco. Mentre la osservavo, immaginavo anche il nostro bambino. Un piccoletto vispo dagli occhi azzurri e con le fossette mentre correva in casa o mentre la faceva disperare.
Questo non l'ho mai rivelato ma era uno dei miei sogni. Volevo davvero costruirmi una famiglia ma insieme a lei e ora che è lontana, sento di avere commesso un grosso errore a non tenerla stretta quando avrei potuto.
«La bambina sta più che bene. Ancora qualche mese e potrete tenerla in braccio», sta dicendo l'ostetrica.
Gli occhi di Tara, sono fissi sul piccolo schermo che mostra le immagini della bambina. Il suo battito rimbomba tra le pareti colpendomi dolorosamente. Non è questa la vita che mi aspettavo. Non è questa la ragazza che amo. Dov'è finita la mia vita?
«Presto sarà padre. Avete scelto il nome?»
Fisso la donna che ho davanti stordito. Cosa? Un nome? Non spetta di certo a me scegliere un fottuto nome per una bambina non mia. Come sempre Tara arrossisce visibilmente. «Si chiamerà Maya», schiarisce la voce lanciandomi uno sguardo glaciale. «Non è vero amore?»
Annuisco una sola volta per non contraddirla. Ho perso il conto dei giorni passati a litigare. Sempre le stesse parole, sempre le stesse risposte, sempre quel sorriso finto per rassicurare tutti.
Ripulisce la pancia con un foglio spesso di carta. Distolgo lo sguardo inorridito. Vorrei che ci fosse Emma al suo posto. A quest'ora le starei solo con il fiato sul collo. Non la farei neanche alzare dalla sedia. Il problema è che non so se Emma avrebbe mai voluto qualcosa da me. Avremmo costruito una famiglia insieme? Le ho mentito più volte, ne dubito.
In auto la tensione come sempre è alle stelle. Di recente ho finalmente risentito Seth. È in vacanza con quella pazza di Camille. Anche loro continuano a farmi domande sul mio stato d'animo e su Emma. A Camille manca davvero tanto. Spera come tutti, di vederla al matrimonio di Lucy e poterla riabbracciare. In parte non sto più nella pelle. È l'unica occasione che ho di ritrovarmi faccia a faccia con lei.

"Tell them all I know now
Shout it from the roof tops
Write it on the sky line
All we had is gone now

Tell them I was happy
And my heart is broken
All my scars are open
Tell them what I hoped would be impossible,
Impossible
Impossible
Impossible..."

Aumento il volume e premo leggermente sull'acceleratore. Questa canzone la faceva letteralmente uscire dai gangheri. Continuava a cantarla mentre viaggiavano diretti a Las Vegas. Lei non se ne accorgeva nemmeno ma i suoi occhi brillavano facendomi perdere sempre più. Era assurdo vedere le sue reazioni. Non era mai prevedibile. Era come un terremoto. Al pensiero dei suoi occhi puntati addosso ho la pelle d'oca. Lei riusciva a smontarmi e a rimettermi in sesto in meno di due minuti.
Sembro un pazzo ormai. Non faccio altro che pensare a lei ad ogni occasione. Al lavoro, in casa, in ospedale, mentre guido. Lei è quel per sempre mancato che potrei rimpiangere a vita.
«Devo comprare delle cose. Fermati al centro commerciale».
La seguo tra la gente mentre entra nei vari negozi per neonati. Ha uno strano sguardo e non sembra affatto attenta come al solito. Si guarda di contino attorno ma non riesco a capire se quello che penso sia vero o sia solo una mia impressione. Ultimamente sono guardingo. Mi accerto che non ci sia nessuno e continuo a puntarla fino al negozio di lingerie. Mi fermo sulla soglia e attendo che abbia finito con lo shopping convulsivo.
Le differenze sono evidenti. Emma comprava quello che le piaceva ma aveva occhio critico mentre Tara in questo momento, sembra solo nervosa e continua a guardarsi attorno, ad estrarre il telefono dalla borsa, è come se stesse aspettando qualcuno. I suoi occhi saettano sui miei e sorride spavalda facendo finta di niente. So già cosa fare. Riuscirò a controllare quel telefono. Faccio finta di allontanarmi e mi sistemo in un posto strategico. Ciò che vedo dopo un paio di minuti, conferma ogni mio sospetto.
Durante il viaggio di ritorno, non do vita ai miei pensieri. Piuttosto premo sull'acceleratore facendola appiattire allarmata sul sedile. Se crede di essere furba, si sbaglia e di grosso.
Entrato in casa, trovo mio padre in cucina. Attorno c'è odore di vino. Non mi dispiace. Alza leggermente lo sguardo e gli faccio cenno di darmi un minuto prima di raggiungerlo per la cena.
«Questa sera devo andare a trovare un'amica», dice Tara recuperando degli indumenti dal mio armadio. Odio il fatto che sia così invadente.
«Ok, divertiti tesoro», uso un sorriso sfrontato facendola rimanere letteralmente di sasso mentre scendo due grandini per andare al piano di sotto. Non ho bisogno di chiedere dove stia andando. La sua è una bugia grande quanto un palazzo. Non andrà ad incontrare un'amica, non ne ha mai avuta una vista la sua gelosia morbosa. Non mi stupisce affatto il suo comportamento. È proprio quello che stavo aspettando. Sta cedendo. Quando si richiude in bagno, torno in camera senza fare il minimo rumore. Sento il soffione della doccia mentre trovo per la prima volta, il suo telefono sul comodino. Solitamente lo porta ovunque. Lo sblocco e copio ogni file inviandolo alla mia casella di posta. Controllerò tutto per bene a mente lucida. È assurdo quello che trovo lì dentro, ed è tutto ciò che mi serve. Questa volta sei fottuta Tara.
Mio padre ha già apparecchiato per due. Siamo soliti mangiare insieme almeno una volta a settimana. Questa sera, voglio proprio festeggiare. Sarò libero. Non manca molto. Il mio sorriso con ogni probabilità sta dicendo tutto.
«Di ottimo umore vedo», serve la cena sui piatti bianchi con le strisce nere e sulle sue labbra spunta un sorrisetto complice.
«Ho appena fatto delle scoperte interessanti. Ci sarà da divertirsi nei prossimi mesi», siedo a tavola e assaggio l'invitante cena. Il pollo infatti è ottimo.
«Hai avuto delle conferme?»
Annuisco mandando giù un altro boccone di pollo cucinato con vino, spezie e cipolla. Per essere un uomo dedito al lavoro, mio padre sa il fatto suo in campo di cucina.
«Significa che tornerai ad essere il solito Ethan?», gesticola con la forchetta per aria poi prende un sorso di vino.
«Significa che da adesso, potrò giocare a modo mio al gatto con il topo. Significa che da adesso, ci sarà da divertirsi. È quello che vuole no? Ha già fatto un passo falso oggi. Ne farà altri. Sono sicuro di questo perché stanno cedendo», ghigno e finisco la cena eccitato al pensiero. Non mi sentivo così da mesi. L'idea di avere un piano, uno per togliere di mezzo la fastidiosa Tara una volta e per tutte mi elettrizza. Adesso muoverò io i fili. Per quanto riuscirà a reggere ancora?
«Lascia, faccio io», pulisco i piatti e li accatasto nel lavello. Mio padre, in questo periodo è l'unico in grado di comprendermi. Sta vivendo con me questa situazione, in più nota come si comporta Tara e so per certo che continuerà ad appoggiarmi fino a quando tutto questo, non sarà finito.
Sto lavando i piatti quando Tara scende. Indossa un vestitino che le mostra le forme e la pancia. Sorride raggiante e so perché. Le sorrido di rimando. «Sei meravigliosa tesoro. Divertiti con la tua amica questa sera! Uscire con lei ti farà bene dopo oggi», asciugo le mani e le stampo un bacio sulla guancia.
Tara mi fissa impalata, la vedo impallidire. Saetta con lo sguardo frastornata. Dopo un momento, sorride e controlla il telefono. «Divertiti anche tu amore!», esce di casa turbata.
Scuoto la testa con un ghigno perfido sulle labbra e torno a pulire il bancone della cucina.
Mio padre si sposta con la sedia accanto a me. Sta facendo enormi progressi. Spero di rivederlo in piedi presto anche solo per un paio di minuti. Questo mi fa ripensare alla mia piccola Emma. Quando ha dovuto ritrovarsi su quel dannato arnese a causa mia. Contraggo la mascella e mi distraggo passando il panno sulla superficie per togliere una macchia invisibile.
«Fa attenzione figliolo! Di punto in bianco, può destare sospetti»
«Mi inventerò qualcosa. Vedrai, abboccherà e commetterà un errore prima o poi. Ripeto, sta già cedendo», sorrido ancora soddisfatto poi mi avvio verso le scale a chiocciola.
«Questa sera ci ritroviamo al locale. Lucy chiamerà Emma. Non vedo l'ora di sentire la sua voce», sorrido ancora e salgo al piano di sopra. Faccio una doccia spostando tutta la roba di Tara in un angolo e mi rivesto tranquillo. Indosso una maglietta comoda, un paio di jeans stretti e il mio giubbotto di pelle. Prendo le chiavi dell'auto ed esco con il cuore che inizia a battere sempre più a mille. Spero davvero di riuscire a sentire la sua voce. Questo mi darà una speranza. Se lei accetta, tra un paio di ore potrò rivederla anche se da lontano. Sarà come ritornare a respirare.

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